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martedì 10 dicembre 2013

Sulla protesta del 9 dicembre



di Stefania Nicoletti


Si sono svolte oggi in tutta Italia delle manifestazioni di protesta contro il governo e il sistema politico, indette dal movimento dei Forconi, dagli autotrasportatori e da diversi gruppi e associazioni, a cui hanno aderito migliaia di cittadini. Sono state bloccate strade e autostrade e organizzati presidi e cortei un po’ in tutte le città italiane.
Questa iniziativa sembra diversa da altre proteste che hanno avuto luogo in questi anni. Innanzitutto gli organizzatori hanno tenuto a sottolineare che la protesta è apartitica. Infatti, sebbene dei movimenti politici come Forza Nuova abbiano deciso di aderire, nelle foto e nei video che stanno circolando in rete non si vedono bandiere o simboli di partiti.
Il comitato che ha coordinato la protesta si è anche dato un codice etico, in cui auspica una rivoluzione non violenta e invita i partecipanti a non usare la violenza, in particolar modo nei confronti delle Forze dell’Ordine. Vedremo poi perché questo punto è importante nella nostra analisi.

Apparentemente, tutto questo è molto bello. Verrebbe da dire: finalmente il popolo italiano prende coscienza del sistema, si ribella e fa qualcosa anziché continuare a subire passivamente. Ma è davvero così?
Nei giorni scorsi ho seguito il tam tam su internet e in particolare su Facebook. Quello che ho letto, visto e sentito sono solo tanti slogan. “Mandiamoli tutti a casa”, “la gente non ne può più di questa classe politica”, “se ne devono andare”, “cacciamo via tutta la casta”. Sempre gli stessi slogan. Che possono anche essere condivisibili: è un dato di fatto che questa classe politica è indegna e corrotta. E allora mandiamoli tutti a casa. Va bene, e poi? Una volta ottenute le dimissioni del governo, una volta mandati a casa tutti i parlamentari, una volta spazzati via tutti, che si fa? Chi mettiamo al loro posto? Come governiamo questo Paese? Non ho sentito da parte degli organizzatori proposte concrete e costruttive. Solo tanti slogan e tanta rabbia nei confronti della classe politica. Il progetto è solo quello di mandarli via; ma – ripeto – una volta mandati via tutti, cosa facciamo?
Le posizioni contro la casta politica non sono nuove: lo stesso Grillo e il Movimento 5 Stelle fanno ampiamente uso di questi concetti. Ma come abbiamo spiegato più volte sul blog, i politici sono un falso obiettivo: non solo loro che decidono veramente, essendo solo gli esecutori di poteri che stanno sopra alla politica. Scagliarsi contro la “casta” è fuorviante: il vero problema è il sistema nel suo insieme, non certo i politici che sono seduti ora in parlamento.

Ciò che però mi ha colpito è una singolare coincidenza: proprio a ridosso di questa protesta, qualche giorno fa la Corte costituzionale si è espressa sulla legge elettorale Calderoli, detta Porcellum, dichiarandola incostituzionale.
La legge n. 270/2005 ha modificato il sistema elettorale italiano (prima era in vigore il Mattarellum): caratteristiche principali del Porcellum sono le liste bloccate senza la possibilità per l’elettore di esprimere una preferenza, e l’attribuzione del premio di maggioranza alla coalizione vincente. E sono proprio questi due punti ad essere illegittimi, secondo la Corte.
La sentenza è di importanza storica, soprattutto se si considerano le ripercussioni sulla vita politica e istituzionale italiana. Di fatto, questa sentenza rende illegittimo il parlamento, che è stato eletto con la legge in questione. In questi giorni si sta infatti sviluppando un intenso dibattito tra coloro che sostengono che il parlamento è comunque legittimo e deve andare avanti, e coloro – Beppe Grillo in primis – che affermano che il parlamento è incostituzionale, che lo stesso presidente della repubblica Napolitano è incostituzionale (essendo stato eletto da questo parlamento) e che dovrebbe sciogliere le Camere.
Tutto questo cosa c’entra con la protesta nazionale del 9 dicembre? C’entra e ora vediamo perché. La pronuncia della Corte costituzionale sul Porcellum è del 4 dicembre. Il giorno prima si era diffusa la notizia che la Corte, riunitasi in udienza pubblica, avesse rinviato la decisione al 2014. In serata però arriva l’annuncio del presidente della Corte: dal giorno dopo si sarebbe affrontata la questione in camera di consiglio. E infatti la sera del giorno successivo viene fatto l’annuncio di incostituzionalità.
Ricapitolando: il 4 dicembre la Corte costituzionale dichiara illegittima la legge Porcellum, di fatto delegittimando anche il parlamento che è stato eletto con quella legge. Il tutto pochissimi giorni prima del grande sciopero nazionale a oltranza iniziato oggi, che ha come obiettivo proprio l’eliminazione degli attuali parlamentari (“tutti a casa”) e della classe politica.
Una singolare coincidenza. Un tempismo perfetto, che sembra quasi... voluto e programmato.

A questo si aggiunga anche lo strano comportamento delle Forze dell’Ordine durante le proteste di oggi.
In diverse città italiane, infatti, i poliziotti si sono tolti il casco, e sembra che qualcuno abbia anche sfilato insieme ai manifestanti. Questi gesti sono stati salutati con grande entusiasmo dal popolo del web, che ha diffuso i video su Facebook e su molti siti. In serata è arrivato un comunicato della questura, che afferma che i poliziotti si sono tolti il casco perché “erano venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l’utilizzo”. Non era quindi un gesto di solidarietà e condivisione nei confronti dei manifestanti, come invece era stato interpretato. Ma anche se lo fosse, anche se davvero i poliziotti appoggiassero la protesta, non è a mio parere un buon segno, almeno non con queste modalità.
Ho notato che sui social network (quasi) tutti hanno pubblicato foto e video con grande gioia, perché “i poliziotti stanno dalla nostra parte”. Io invece guardavo quei video e quelle foto con una certa preoccupazione, proprio perché i poliziotti sembravano stare dalla parte dei manifestanti. E il tutto mi sembrava voluto, programmato e preparatorio ad un colpo di stato.

Ricordiamo anche che l’operazione che culminò nel Golpe cileno del 1973 ebbe inizio con uno sciopero dei camionisti: proprio come lo sciopero nazionale di oggi, che è per l’appunto partito con il blocco delle autostrade da parte dei camionisti.
Anche questa è un’altra, singolare coincidenza che dovrebbe farci riflettere su questa protesta e in generale su tutte le rivolte che mirano solo a stravolgere il potere, senza però dare delle alternative concrete e valide. Cambiare tutto per non cambiare nulla.

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