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martedì 30 settembre 2014

Ecco perché l'esercizio fisico combatte la depressione

I muscoli ben allenati producono un enzima che aiuta ad espellere dall'organismo le sostanze nocive che si accumulano a causa dello stress: lo rivela un nuovo studio sui topi, chiarendo il ruolo chiave della proteina PGC-1alfa1, la stessa che media l'incremento della muscolatura scheletrica in risposta all'esercizio fisico. La PGC-1alfa1, infatti, partecipa al filtraggio del sangue dalle sostanze chimiche che possono danneggiare il cervello (red)
L'esercizio fisico ha molti benefici effetti sulla salute, non ultimo quello di proteggere dalla depressione legata allo stress. Ma in base a quali meccanismi si verifica questo tipo di protezione? Lo hanno scoperto i ricercatori del Karolinska Institut di Stoccolma, in Svezia, grazie a uno studio ora pubblicato sulla rivista “Cell”. Secondo le conclusioni degli autori, l'esercizio induce dei cambiamenti nei muscoli scheletrici che hanno l'effetto di filtrare le sostanze nocive per il funzionamento del cervello che si accumulano nel sangue durante lo stress.

“In termini neurobiologici, in realtà non sappiamo ancora che cosa sia la depressione”, ha puntualizzato Mia Lindskog, ricercatore del Karolinska che ha partecipato alla ricerca. “Il nostro studio è un altro pezzo del grande puzzle di conoscenze su questo disturbo psichiatrico, poiché fornisce una spiegazione dei cambiamenti biochimici protettivi indotti dall'esercizio fisico che sono in grado di prevenire il danno del cervello in situazioni di stress”.

Ecco perché l'esercizio fisico combatte la depressione
E' noto da tempo che l'esercizio fisico consente di combattere la depressione. Lo studio ha trovato la spiegazione biochimica di questa connessione (© Corey Jenkins/Corbis)
I ricercatori hanno utilizzato topi geneticamente modificati in modo da avere alti livelli della proteina PGC-1alfa1, che media i processi biochimici che inducono un incremento della muscolatura scheletrica in risposta all'esercizio. Questi roditori, insieme con altri non modificati, che costituivano il gruppo di controllo, sono stati esposti a input ambientali stressanti, come forti rumori, lampi di luce e inversione del ritmo circadiano a intervalli regolari.

Dopo cinque settimane di stress di grado lieve, solo i topi normali hanno mostrato un comportamento depressivo, mentre i topi geneticamente modificati non mostravano affatto questi sintomi. Dalle analisi è emerso che gli alti livelli della proteina PGC-1alfa1 si accompagnavano a più elevati livelli di un enzima, denominato KAT, che svolge un compito biochimico fondamentale: converte la chinurenina, che si produce durante le situazioni di stress, in acido chinurenico, una sostanza che non può passare dal sangue al cervello. Se manca l'enzima KAT, la chinurenina non viene trasformata e si accumula.

Questa connessione ha condotto ai ricercatori a ipotizzare che fosse proprio la chinurenina a danneggiare il cervello. L'ipotesi ha trovato conferma in un test ulteriore condotto somministrando questa sostanza ai topi studiati. Risultato: i topi normali mostravano segni di depressione, quelli geneticamente modificati - in grado quindi di trasformare la chinurenina - no.

“La nostra ipotesi iniziale era che i muscoli allenati producessero una sostanza con effetti benefici sul cervello”, ha spiegato Jorge Ruas, che ha coordinato la ricerca. “In realtà, abbiamo scoperto il meccanismo opposto: i muscoli ben allenati producono un enzima che aiuta ad espellere dall'organismo le sostanze nocive: in questo contesto dunque la funzione dei muscoli ricorda quella del rene o del fegato; è possibile che questo lavoro apra la strada allo studio di un nuovo principio farmacologico per il trattamento della depressione, in cui l'approccio terapeutico sia mediato proprio dalla funzione dei muscoli scheletrici”.

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