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martedì 23 dicembre 2014

Caos al Senato: con la fiducia confermato l’aumento dell’IVA al 25,5%


Scende il gelo sui consumatori: l’ultima speranza di veder cancellato il testo della norma inserito nella legge di Stabilità che vede la possibilità, per il Governo, di aumentare l’IVA al 25,5% in tre anni, è sfumato ieri notte, con l’approvazione del testo all’insegna di una giornata convulsa. Vediamo meglio cosa è successo e, soprattutto, cosa aspetta gli italiani.
Ennesima, interminabile maratona notturna al Senato per il voto di fiducia alla Legge di stabilità, che già era stata approvata, lo scorso mese – sempre con la fiducia – dalla Camera dei Deputati. Ora, con il via libera di ieri notte del maxiemendamento scritto a Palazzo Madama, il testo dovrà passare ancora una volta da Montecitorio per l’ultima, definitiva, e formale, conferma.
La votazione è arrivata al termine di una lunga giornata all’insegna del caos. Con ben quattro rinvii, da parte del Governo, per la presentazione del testo, depositato con un giorno di ritardo rispetto all’annuncio fatto giovedì. Il tutto sotto la costante opposizione – anche contro le micronorme – da parte del M5S.
Il maxiemendamento conferma, però, tutte le brutte notizie che avevamo dato nelle scorse settimane. Viene garantito fino al 2017 (per altri due anni) il posto di lavoro al personale in esubero delle Province in via di chiusura con il ricollocamento in altre amministrazioni. Insomma, per questi ultimi la mobilità interna partirà solo dal 2017 e non ci saranno prepensionamenti. Le buste paghe dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ormai inutili continueranno ad essere a carico dello Stato e, quindi, dei cittadini. Il maxiemendamento, comunque ricalca le modifiche approvate dalla commissione Bilancio. A partire da quelle fiscali. Come il congelamento a tutto il 2015 della Tasi che con cui dovremo fare i conti anche nel prossimo anno, per poi sperare di vedere l’imposta unica sul mattone (la Local Tax) a partire dal 2016 (leggi “Addio Local tax e detrazioni per il 2015: prorogate Tasi e Imu”). Infatti, tra i punti inseriti nel testo della legge di stabilità spicca la misura per evitare il maxi aumento delle tasse sulla casa nel 2015, che sarebbe arrivato con l’innalzamento previsto del tetto al 6 per mille per Imu e Tasi (il tetto del 2,5 per mille per la Tasi sulla prima casa valeva solo per il 2014). Il capitolo più dolente sono le misure anti-deficit nascoste nella legge di stabilità sotto il nome di “clausole di salvaguardia”: bombe ad orologeria, non immediatamente operative, ma che scatteranno solo se i risultati di risparmio sulla spese pubblica non verranno raggiunti (circostanza paventata già dalla stessa Comunità Europea). A partire dall’aumento delle accise sulla benzina. In pratica, con una delle tante clausole di salvaguardia inserite ancora una volta nella manovra di fine anno, il direttore delle Dogane dal 30 giugno potrà aumentare le accise sulla benzina e garantire così all’Erario oltre 1,7 miliardi di euro attesi dagli strumenti finalizzati a contrastare l’evasione Iva.
È però l’aumento dell’IVA al 25,5% a tenere ancora banco. La clausola di salvaguardia prevede l’aumento dell’Iva ordinaria (attualmente al 22%) al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 e al 25,5% nel 2018. Ritocchi saranno previsti anche per la cosiddetta IVA ridotta attualmente al 10%. Ecco allora tutti gli scaglioni e le scadenze temporali previste dal Governo e che peseranno come una spada di Damocle sui nostri conti.(…)

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La bagarre dopo l’approvazione con fiducia: la clausola di salvaguardia dell’IVA resta in piedi; gelo sui consumatori.

Scende il gelo sui consumatori: l’ultima speranza di veder cancellato il testo della norma inserito nella legge di Stabilità che vede la possibilità, per il Governo, di aumentare l’IVA al 25,5% in tre anni, è sfumato ieri notte, con l’approvazione del testo all’insegna di una giornata convulsa. Vediamo meglio cosa è successo e, soprattutto, cosa aspetta gli italiani.

Ennesima, interminabile maratona notturna al Senato per il voto di fiducia alla Legge di stabilità, che già era stata approvata, lo scorso mese – sempre con la fiducia – dalla Camera dei Deputati. Ora, con il via libera di ieri notte del maxiemendamento scritto a Palazzo Madama, il testo dovrà passare ancora una volta da Montecitorio per l’ultima, definitiva, e formale, conferma.

La votazione è arrivata al termine di una lunga giornata all’insegna del caos. Con ben quattro rinvii, da parte del Governo, per la presentazione del testo, depositato con un giorno di ritardo rispetto all’annuncio fatto giovedì. Il tutto sotto la costante opposizione – anche contro le micronorme – da parte del M5S.
Il maxiemendamento conferma, però, tutte le brutte notizie che avevamo dato nelle scorse settimane. Viene garantito fino al 2017 (per altri due anni) il posto di lavoro al personale in esubero delle Province in via di chiusura con il ricollocamento in altre amministrazioni. Insomma, per questi ultimi la mobilità interna partirà solo dal 2017 e non ci saranno prepensionamenti. Le buste paghe dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ormai inutili continueranno ad essere a carico dello Stato e, quindi, dei cittadini.

Il maxiemendamento, comunque ricalca le modifiche approvate dalla commissione Bilancio. A partire da quelle fiscali. Come il congelamento a tutto il 2015 della Tasi che con cui dovremo fare i conti anche nel prossimo anno, per poi sperare di vedere l’imposta unica sul mattone (la Local Tax) a partire dal 2016 (leggi “Addio Local tax e detrazioni per il 2015: prorogate Tasi e Imu”). Infatti, tra i punti inseriti nel testo della legge di stabilità spicca la misura per evitare il maxi aumento delle tasse sulla casa nel 2015, che sarebbe arrivato con l’innalzamento previsto del tetto al 6 per mille per Imu e Tasi (il tetto del 2,5 per mille per la Tasi sulla prima casa valeva solo per il 2014).

Il capitolo più dolente sono le misure anti-deficit nascoste nella legge di stabilità sotto il nome di “clausole di salvaguardia”: bombe ad orologeria, non immediatamente operative, ma che scatteranno solo se i risultati di risparmio sulla spese pubblica non verranno raggiunti (circostanza paventata già dalla stessa Comunità Europea). A partire dall’aumento delle accise sulla benzina. In pratica, con una delle tante clausole di salvaguardia inserite ancora una volta nella manovra di fine anno, il direttore delle Dogane dal 30 giugno potrà aumentare le accise sulla benzina e garantire così all’Erario oltre 1,7 miliardi di euro attesi dagli strumenti finalizzati a contrastare l’evasione Iva.

È però l’aumento dell’IVA al 25,5% a tenere ancora banco. La clausola di salvaguardia prevede l’aumento dell’Iva ordinaria (attualmente al 22%) al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 e al 25,5% nel 2018. Ritocchi saranno previsti anche per la cosiddetta IVA ridotta attualmente al 10%. Ecco allora tutti gli scaglioni e le scadenze temporali previste dal Governo e che peseranno come una spada di Damocle sui nostri conti.


NEL 2016
– l’Iva ordinaria (che oggi è del 22%, ossia per gran parte dei beni di consumo) passerà al 24%;
– l’Iva agevolata (che oggi è al 10%) salirà al 12%.


NEL 2017
– l’Iva ordinaria salirà dal 24% al al 25%
– l’Iva agevolata sfiorerà il 13%.


NEL 2018
– l’Iva ordinaria arriverà dal 25% al 25,5%.
– l’Iva agevolata resterà al 13%.
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