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venerdì 3 aprile 2015

II libro di Dzyan, la storia proibita dell'umanità



Esistono, nel mondo, dei libri maledetti che una sorta di “Santa Alleanza contro il sapere” ha combattuto aspramente dai tempi più remoti fino ai nostri giorni. Yves Naud

Il libro di Dzyan è uno dei più antichi libri dell’Umanità ,viene menzionato in antiche tradizioni,nessuno lo aveva mai visto, possediamo la sola testimonianza di Helena Blavatsky; la quale, a sua volta, sosteneva di essere stata nel Tibet, A Lhasa, dove avrebbe avuto la possibilità di prenderne visione e stenderne un compendio in versi;
La teosofa russa sosteneva che esso era scritto in una lingua pre-ariana ora completamente dimenticata, il “senzar”; e che esso sarebbe stato dettato dagli Atlantidi, ossia i membri della quarta razza “creata” sul nostro pianeta dagli dèi “costruttori” provenienti dallo spazio, e poi distrutta da una immensa catastrofe e sommersa dalle acque di un Diluvio (mentre la razza attuale, alla quale noi apparteniamo, sarebbe la quinta della serie).La fondatrice della Società Teosofica, Helena Petrovna Blavatsky, ebbe la possibilità di visionarlo nel 1868 in un monastero del Tibet.
L’unica versione nota in occidente del “Libro di Dzyan” è quella che Helena Petrovna Blavatsky ha tradotto in versi, intitolandola “Le Stanze dal Libro di Dzyan” (di fatto, sovente i non specialisti confondono i due titoli e le due opere) ed esponendola nel suo volume “La dottrina segreta”;
che, assieme ad “Iside svelata”, è generalmente considerata l’opera più importante della mistica russa e fondatrice della Società Teosofica.
Si pensa che la copia originale del “Libro di Dzyan”, di cui esistono forse anche dei codici posteriori, non consisterebbe in un libro vero e proprio, come noi lo intendiamo, fatto cioè di pagine riempite da caratteri destinati alla lettura; bensì sarebbe una sorta di oggetto “magico” il cui contenuto verrebbe compreso intuitivamente, per via telepatica, da coloro i quali vi poggiano sopra la mano sinistra, ma solo a determinate condizioni: in particolare, quella di possedere una mente ed un cuore sgombri da secondi fini o desideri impuri. Tale, infatti, è la descrizione che la teosofa russa fa di questo libro “maledetto”.
Secondo il “Libro di Dzyan”, i primi uomini della Terra erano discendenti dai Celesti o Pitris, venuti dalla Luna.
Il testo descrive l’evoluzione dell’uomo dalla prima razza fino alla quinta – la nostra – che si ferma alla morte di Krishna cinquemila anni fa. Scritto in una lingua assolutamente sconosciuta, il “senzar”, si dice che sia stato dettato agli Atlantidi da esseri divini. Il “Libro di Dzyan” parla delle dinastie atlantidi divine e ricorda i “re del Sole” che occupavano “troni celesti”.
Quest’epopea religiosa non potrebbe essere il ricordo distorto di extraterrestri, di Venusiani che si posarono sulla Luna e poi sulla Terra? I “re del sole” sono forse uomini dello spazio venuti a “colonizzare” la Terra su macchine spaziali?
Come è stato scoperto il “Libro di Dzyan”? Quali segreti nasconde? Presenta davvero dei pericoli per la nostra civiltà, come pretendono alcuni ricercatori? (…)
È alla fine del XVIII secolo che il mondo occidentale sente parlare per la prima volta del “Libro di Dzyan”. In quell’occasione, l’astronomo Bailly afferma che il manoscritto viene dalle Indie, ma che in effetti è stato scritto… sul pianeta Venere!
Nel XIX secolo, un altro Francese, Louis Jacolliot, si interessa del “Libro di Dzyan” che egli chiama “Le Stanze di Dzyan”. Ma la sventura sembra accanirsi contro tutti cloro che pretendono di possedere il manoscritto.
Per qualche anno i ricercatori – cedendo alla superstizione – rinunciano allo studio del manoscritto. Ma la questione torna alla ribalta con l’entrare in scena della famosa teosofa Elena Blavatsky.

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