venerdì 28 febbraio 2014

10 ragioni per cui le Earthship sono fottutamente incredibili

Le Earthships sono al 100% case sostenibili, economiche da costruire e belle e comode da vivere. Detto molto sinceramente: le Earthship potrebbero davvero cambiare il mondo! Ed ecco perchè:  

1) Casa sostenibile non vuol dire primitiva

Quando si sente parlare di case eco-sostenibile in genere ci si immagina un posto che non ha nessuna comodità. Del resto come dargli torto, fino a qualche tempo fa le soluzioni abitative alternative erano piuttosto spartane… ma non le Earthship! Che ne dite di queste?





2) Cibo gratis a volontà

Ogni Earthship è dotata di una o due serre che producono tutto l’anno, a prescindere dal clima in cui si trova. Ciò significa che si è autosufficienti perchè ci si può nutrire delle piante che crescono dentro al vostra casa!



3) Un sistema di riciclo dell’acqua semplicemente brillante

Anche se ci si trova in un clima molto arido, il sistema di raccolta delle piogge è in grado di fornire acqua sufficiente per un uso quotidiano. L’intero tetto della Earthship è un grande imbuto che raccoglie l’acqua piovana in una cisterna che la pompa a lavandini e docce quando richiesto. L’acqua usata per le docce (acqua grigie) viene poi pompata nella serra per innaffiare le piante. Dopo le piante, viene di nuovo pompata nei bagni per essere utilizzata come acqua di scarico. E non è finita qui: dopo che avrai tirato lo scarico della tua toilette, le “acque nere” andranno a finire in giardino per nutrire le piante. Ve l’avevo detto che era brillante!

4) Calde d’inverno e fresche d’estate

Una delle caratteristiche più straordinarie della Earthship è la sua capacità di mantenere una temperatura gradevole tutto l’anno. Sia nei luoghi gelidi che in quelli super caldi, all’interno della Earthship c’è sempre una temepratura che oscilla intorno ai 22° Celsius. Com’è possibile? Grazie alla sua struttura costituita da pneumatici riempiti di terra che assorbono il calore del sole e  lo immagazzinano: se gli interni si raffreddano, i pneumatici rilasciano calore, se invece si riscaldano lo assorbono. Inoltre le caratteristiche verande effetto serra sono sempre rivolte verso sud in modo che il sole possa scaldare la casa tutto il giorno. niente male eh?
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5) Energia

I pannelli solari sul tetto e le turbine azionate dal vento forniscono alla Earthship tutta l’energia di cui  ha bisogno. Con un utilizzo oculato e senza spreco si può vivere in completa autosufficienza :)

6) Libertà

Tutte le esigenze sono soddisfatte e non ci sono bollette da pagare: sei libero! Non c’è bisogno di lavorare per pagare le spese, puoi dedicare il tuo tempo a ciò che ami fare e a migliorare il mondo intorno a te.
Immagina cosa potrebbe succedere se tutto il mondo si concentrasse solo sul fare ciò che ama davvero invece di far quel che serve per tirare avanti. Se anche solo il  10% del mondo lo facesse cambierebbero tantissime cose!

7) Facile da costruire

In una recente conferenza sulle  Earthship a Toronto, in Canada, una coppia ha raccontato come ha costruito un Earthship in soli 3 mesi. Non avevano mai costruito nulla prima di allora e sono stati in grado di costruire un Earthship solo con i piani stampati.  Nessun aiuto nè costose attrezzature, pensa che facile!

8) Poco costose

Le Earthships hanno prezzi mooooolto inferiori rispetto alle case tradizionali. una versione base costa fino a 5.000 euro (il modello semplice per la  sopravvivenza) mentre i modelli  più glamour possono costare dai 50.000 euro in su, dipende da quanto la si vuole lussuosa o meno.

9) Realizzate con materiali riciclati

Gran parte dei materiali utilizzati per costruire le Earthships sono di recupero. Per cominciare, la struttura è costruita con gomme usate pieni di terra
Se c’è una cosa di cui non siamo a corto sulla Terra sono i  pneumatici! Ci sono discariche di pneumatici in ogni paese del mondo. In alcuni posti addirittura ti pagano per portarli via. Le pareti sono fatte con bottiglie di plastica e di vetro e calcestruzzo. Quando hanno costruito le  Earthship  ad Haiti dopo il terremoto, i bambini si son messi a ripulire le strade dalle bottiglie e sono state sufficienti per costruire le strutture che servivano. Inoltre sono belle belle belle, guardate che bell’effetto che fanno:

10) Pensare fuori dalla scatola 

La cosa più potente delle Earthships è che costringono la gente a pensare diversamente a come viviamo. Se una casa può essere così bella e allo stesso tempo non avere alcun impatto sull’ambiente, cosa c’è di più semplice, economico e meraviglioso!
Fonte: themindunleashed.org
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Eckart Tolle

La mia mente non può conoscere te: soltanto etichette, fatti, giudizi e opinioni riguardo te. Soltanto l'Essere conosce direttamente.
 

Eckart Tolle

martedì 25 febbraio 2014

Vita segreta delle piante: annusano, comunicano, cantano e sono pure altruiste!

Potrà sembrare assurdo, ma piante ed esseri umani si somigliano più di quanto potessimo immaginare. Diversi studi eseguiti nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato che le piante possiedono una serie di caratteristiche sorprendenti e che, per certi aspetti alcuni loro “comportamenti! sono simili ai nostri.
 
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Le piante sono capaci di percepire il pericolo e di sapere esattamente cosa “fare” per evitare i predatori.
Non molto tempo fa, un gruppo di scienziati ha scoperto che le piante sono in grado di ascoltare, di vedere, annusare e di possedere la capacità di apprendere, ricordare, e comunicare.
Inoltre, non solo a loro non piace il frastuono prodotto dalle attività umane, ma fatto ancor più sorprendente, le piante sono anche in grado di fare musica e di cantare!
Insomma, i ricercatori hanno scoperto che la biologia umana e quella vegetale sono molto più vicine di quanto non si sia mai compreso e l’analisi di queste somiglianze potrebbe avere ricadute benefiche nello studio delle basi biologiche di malattie come il cancro.

L’altruismo delle piante

In un esperimento condotto da alcuni ricercatori dell’Università del Colorado, si è dimostrato che le piante, tra le numerose caratteristiche, sono anche anche altruiste. Gli studiosi hanno esaminato dei semi di mais fecondato, ognuno dei quali conteneva due “fratelli” (un embrione e un pò di tessuto cellulare noto come “endosperma”, che alimenta l’embrione durante la sua crescita).
Nello studio sono state messe a confronto la crescita e il comportamento di embrioni e di endosperma di semi che condividono gli stessi genitori, e il comportamento di embrioni e di endosperma che avevano la stessa madre, ma padri geneticamente differenti.
“I risultati hanno indicato che il gruppo di embrioni con gli stessi genitori presentavano una maggiore quantità di endosperma, rispetto agli embrioni con la stessa madre, ma con un padre diverso”, spiega la professoressa Pamela Diggle del dipartimento di biologia evolutiva. “Abbiamo scoperto che l’endosperma del gruppo di embrioni che non condivide lo stesso sembra essere meno cooperativo, presentandosi in quantità minore rispetto all’altro gruppo”.
A quanto pare, l’endosperma è più propenso a sacrificarsi per gli individui di una stessa famiglia. “Una delle leggi fondamentali della natura è che se per essere altruisti, bisogna rinunciare ai vostri parenti più stretti. L’altruismo si evolve solo se il benefattore è un parente stretto del beneficiario. Quando l’endosperma dà tutto il suo cibo per l’embrione e poi muore, esprime la più alta forma di altruismo”, conclude la Diggle.
Un esperimento simile fu pubblicato già due anni fa sull’American Journal of Botany, riportato in un resoconto del blog Biosproject: Earth. Guillermo Murphy e Susan Dudley hanno scoperto che la pianta Impatiens pallida, conosciuta con il nome comune di gamba di vetro, vegetale erbaceo delle foreste orientali del Nord America, riconosce i suoi simili e modifica il suo comportamento in relazione al grado di parentela delle piante che gli crescono accanto.
Dudley e Murphy hanno selezionato semi di Impatiens pallida e li hanno piantati in vasi diversi, ognuno dei quali poteva accogliere semi delle piante della stessa famiglia o di piante geneticamente lontane, in seguito hanno manipolato la radiazione luminosa e la sua intensità per vedere se la strategia per catturare più luce dipendesse dal grado di parentela degli individui vicini.
I ricercatori hanno constatato differenti risposte da parte dell’Impatiens a seconda che la pianta era cresciuta con i parenti o con piante estranee. Per la precisione i due biologi hanno scoperto che le piante “consanguinee” che si venivano a trovare insieme nei vasi, modificavano la loro morfologia modellando la crescita dei rami in modo da non fare ombra alle piante vicine.

Un fenomeno straordinario: il Canto Delle Piante

Uno dei fenomeni più affascinanti delle piante, e forse il più sorprendente, è la loro capacità di cantare e comporre musica! E l’ascolto delle loro composizioni e davvero rilassante. Alcuni ricercatori della Federazione di Damanhur, una comunità etico-spirituale situata a Vidracco in Piemonte, sin dal 1975 stanno compiendo una serie di osservazioni sulle piante, al fine di comprendere le loro capacità uniche.
Grazie all’ausilio di alcuni dispositivi che hanno creato per registrare la reattività delle piante nel loro ambiente naturale, i ricercatori hanno scoperto che le piante sono in grado di apprendere e di comunicare tra loro.
Applicando un semplice principio della fisica, i ricercatori hanno utilizzato una variante del ponte di Wheatstone, un circuito elettrico utilizzato per misurare la resistenza elettrica tra i due poli di un circuito a ponte.
Il dispositivo è stato utilizzato per misurare le differenze elettriche tra le foglie e le radici della pianta. Tali misure, poi, vengono tradotte in una serie di effetti, tra cui musica, accensione di luci, movimento e molti altri. Come tengono a precisare i ricercatori, le piante non corrono alcun pericolo, in quanto si utilizzano correnti di intensità molto bassa.
Secondo i ricercatori di Damanhur, ogni creatura vivente, animale o vegetale, produce una variazione di potenziale elettrico, a seconda delle emozioni che sperimenta.


Pare che le piante registrino le variazioni più significative quando avvertono l’avvicinarsi della persona che si prende cura di loro, quando vengono bagnate, quando gli si parla e durante la diffusione di musica. La reazione fisiologica della pianta viene poi espressa attraverso le apparecchiature elettroniche ideati dai ricercatori.
L’applicazione più suggestiva è stata quella di tradurre tali variazioni in note musicali. Gli esperimenti hanno dimostrato che le piante sembrano apprezzare molto di imparare ad utilizzare scale musicali e anche di produrre musica per conto proprio, grazie all’utilizzo di un sintetizzatore. Anche se non esistono altre ricerche scientifiche condotte su questo argomento, non si può negare che l’ascolto di questa musica “vegetale” sia una gioia per l’anima.

I meravigliosi templi buddisti sotterranei

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Oasi di pace e spiritualità, questi splendidi templi buddisti sono situati all’interno di grotte. Il loro isolamento aiuta i monaci nella loro propria ricerca spirituale.
Di solito, i luoghi di culto, usano l’altezza architettonica per cercare la connessione con il cielo: questi templi rupestri, invece, sottolineano il valore dei tesori spirituali che si trovano all’interno.
Leggi anche: Un viaggio tra i monasteri più belli al mondo
 
 
 
 
Khao Luang Cave Temple - Thailandia
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Datdawtaung Cave - Myanmar
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Pindaya Caves - Myanmar
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Yungang Grottoes - Cina
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Wat Tham Erawan - Thailandia
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Sadan Cave - Myanmar
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Ellora Caves - India
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Yathae Pyan Cave - Myanmar
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lunedì 24 febbraio 2014

«Purchè non si pensi!»: come utilizzare la libertà per instaurare il totalitarismo dei desideri indotti

essi vivono

Viviamo in tempi stranissimi che, oltre ad un volgare conformismo, non ci consigliano di andare. E chiamiamo questo conformismo “buon senso”, “saper vivere” e persino lealtà alla patria, o addirittura “fede”.
Così siamo giunti al punto che manifestare un desiderio di conoscere e riflettere, di pensare, oppure dichiarare di avere un punto di vista diverso da quanto ogni autorità ci propone, significa candidarsi al sospetto.
Come minimo, si rischia di trovarsi ai margini del proprio gruppo. L’attuale sistema ha come presupposto che qualcuno pensi e giudichi per tutti.
Ed allora, l’ordine interiorizzato e che nessuno verbalizza, ma che scivola indisturbato nelle pieghe di ogni coscienza è: «Non pensate, gente, non pensate, ricordatevi di non pensare, pensare stanca, è inutile, pensa uno per tutti e vi protegge dal vostro stesso pensiero…». Così viviamo tempi di conformismo coatto.
Se vogliamo essere tranquilli, siamo invitati a metterci tutti in divisa, ad essere senza volto. Scriveva Karl Jaspers: «E’ possibile spiegare tutto, senza nulla comprendere». Proprio quanto ci sta accadendo. Crediamo di sapere tutto senza comprendere nulla.
Da ciò ne discende uno stile di vita che rifugge quasi per istinto dalla complessità dei problemi. Tutto è semplice, tutto ha una soluzione, purchè non si pensi e non si dica a nessuno che la vita è rischio, scommessa, impegno, progetto di costruire insieme qualcosa di bello e sensato.
Le società occidentali hanno fatto della libertà la loro bandiera. Nessun valore è stato tanto esaltato, in questi ultimi trecento anni, e nessuno appare, anche oggi (almeno in Occidente), tanto indiscutibile. E’ stato in nome della libertà che si sono sviluppate le grandi rivoluzioni della storia moderna. Ed è sempre appellandosi ad essa che ci si è battuti, nel secolo scorso, contro la potenza soffocante dei totalitarismi.
Ma cosa significa, realmente, essere liberi? L’esperienza insegna che è più facile battersi per la libertà, che non individuarne l’effettivo significato. Ma è facile rendersi conto che dal concetto di libertà che si adotta dipende anche il tipo di liberazione per cui ci si deve battere.
Se consideriamo la libertà come quella condizione nella quale non si è costretti da niente e da nessuno a fare o non fare qualcosa, poniamo l’accento esclusivamente sugli ostacoli esteriori che spesso limitano l’azione del soggetto e ne mortificano l’autonomia. A questa idea si sono ispirate e si ispirano molte battaglie per la liberazione da condizionamenti politici, economici, sociali e culturali.
E certo il poter fare senza ostacoli ciò che si desidera costituisce una condizione necessaria della libertà. Ma è anche sufficiente? A farcene dubitare potrebbe essere il fatto semplicissimo che di una libertà così intesa si può parlare anche a proposito di animali non umani. Un cane è “libero” se non è attaccato al guinzaglio.
In realtà, c’è da chiedersi se una persona realizzi veramente la sua libertà quando può fare ciò che desidera. E’ possibile, infatti, porre una questione più a monte, e cioè se questa persona sia libera di desiderare quello che desidera.
In una società come la nostra, dominata dai meccanismi della pubblicità, questo dubbio si impone con particolare evidenza: è veramente libero che, subendo un bombardamento quotidiano di messaggi più o meno subliminali, si trova a desiderare un prodotto di cui non avrebbe alcun reale bisogno, anche a costo del sacrificio di altre cosa, ragionevolmente assai più utili?
L’esempio più eclatante di tale fenomeno è il clamore suscitato dal lancio dell’ultimo modello di Iphone, che rispetto ai suoi predecessori ha veramente poche novità. Eppure, il martellamento mediatico ha generato in numerosi giovani il desiderio di acquistarne uno, ad un prezzo è estremamente elevato e senza nessuna reale utilità rispetto ad un telefono cellulare “normale”. La domanda è: sono realmente io a desiderare, o c’è qualcun altro che mi spinge a desiderare?
Il fatto è che il desiderio, come tale, è facilmente condizionabile dall’esterno. Esso dipende dagli oggetti che ci si presentano e nei cui confronti siamo liberi di sentirci attratti o meno. Esiste, tuttavia, un livello in cui la libertà umana si manifesta nella sua peculiarità ed è quello della volontà. Qui non si tratta più di poter fare, ma di poter scegliere ciò che si vuole fare. Per questo, però, è essenziale il pensiero.
Senza pensiero la libertà si appiattisce sul livello dei riflessi condizionati. Accennavamo prima ai meccanismi della pubblicità. Si pensi anche alle mode e all’omologazione che ne risulta in tutti i settori, da quello dell’abbigliamento a quello, ben più delicato, delle opinioni etiche, politiche o religiose.
Oggi è molto difficile sfuggire a questa forma di dominio invisibile. Ed esso è tanto più pericoloso in quanto censura non le risposte, ma le stesse domande.
Moltissimi uomini e donne, oggi, vivono alle prese con problemi che sono stati messi in “agenda” da altri. Ebbene, ciò è caratteristico dei totalitarismi che, a differenza degli antichi regimi assolutistici, mirano non a soffocare le opposizioni, ma a conquistare il cuore e la mente delle persone, plasmandole per così dire “dall’interno”, piuttosto che costringendole dall’esterno.


Project Horizon: il piano degli Stati Uniti per costruire una base militare sulla Luna

Spesso sul nostro blog abbiamo riflettuto sulla possibilità dell'esistenza di una base segreta, umana o aliena che sia, sulla Luna. Sebbene possa sembrare argomento di becero complottismo, scavando nei meandri della rete, abbiamo scoperto l'esistenza di un progetto reale prodotto dagli Stati Uniti chiamato 'Project Horizon' finalizzato alla costruzione di una base militare sulla Luna che avrebbe dovuto vedere la luce nel 1966, pochi anni prima degli sbarchi ufficiali delle missioni Apollo.
Project Horizon base lunare
“Un avamposto lunare è di importanza critica per l’esercito del futuro degli Stati Uniti”.

“Un avamposto lunare è di importanza critica per l’esercito del futuro degli Stati Uniti”.
Era il marzo del 1959 quando Arthur G. Trudeau, generale dell’Esercito degli Stati Uniti, proferì queste parole.
Il generale Trudeau fu messo a capo di una task force finalizzata allo sviluppo di una progetto per l’installazione di un “avamposto militare con equipaggio”, destinato a “proteggere i potenziali interessi degli Stati Uniti sulla Luna”.
Quella che sta dietro a questo studio segreto, denominato ‘Project Horizon’, e del piano che avrebbe dovuto essere vedere la completa realizzazione della base militare lunare entro il 1966, è la storia di una grande idea che non ha mai visto la sua realizzazione… almeno ufficialmente.
Quando Trudeau fu messo a capo del progetto, era passato meno di un anno da quando i sovietici avevano sconvolto l’America e l’Occidente con il lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale in orbita attorno alla Terra.
Con gli Stati Uniti ormai costretti ad inseguire l’Unione Sovietica nella cosiddetta ‘corsa allo spazio’, non sorprende che uomini come il generale Trudeau e altri dirigenti militari stavano prospettando la presenza militare dell’America nello spazio in generale e sulla luna in particolare.
In realtà, secondo quanto riporta una monografia di 118 pagine prodotta dell’esercito nel giugno del 1959, “essere secondi rispetto all’Unione Sovietica nella creazione di un avamposto sulla Luna sarebbe disastroso per il prestigio degli Stati Uniti”. Oltretutto, il governo sovietico aveva già promesso ai suoi cittadini, e ai dirigenti dell’Armata Rossa, che entro il 1967 la Russia sarebbe sbarcata sulla Luna. Ragion per cui era fondamentale per gli Stati Uniti arrivare per primi sul satellite.
Il piano prevedeva la costruzione di una base lunare autosufficiente che sarebbe servita come avamposto per l’esplorazione della Luna e l’ulteriore esplorazione dello spazio. Essa avrebbe ospitato un equipaggio di 10-20 persone, diventando la prima installazione permanente sulla Luna, fornendo inoltre una piattaforma per l’esercito finalizzata a condurre operazioni militare sulla Luna.
L’esercito insistette molto sul fatto che non ci fossero ostacoli tecnici significativi per la realizzazione dell’avamposto. La tesi era che il Project Horizon avrebbe potuto avere un iter simile a quella del Progetto Manhattan, il piano segreto per lo sviluppo dell’ordigno nucleare durante la seconda guerra mondiale. Dopo tutto, se gli Stati Uniti erano stati in grado di costruire una bomba atomica, cosa impediva di mettere una manciata di soldati sul nostro satellite?
Così, l’8 giugno del 1959, un gruppo di studio del Ballistic Missile Agency Army (ABMA) consegnò all’esercito americano uno studio di fattibilità denominato ‘Project Horizon‘.
Lo studio contemplava l’utilizzo del razzo multistadio Saturn II, all’epoca ancora in fase di sviluppo, e l’installazione di alcune stazioni spaziali intermedie per il trasporto dei materiali sulla Luna. Per raggiungere lo scopo sarebbero serviti 75 lanci entro la fine del 1964, più un’altra quarantina di lanci per trasportare le attrezzature sufficienti ad allestire la base. Il costo orientativo dell’operazione fu stimato in circa 6 miliardi di dollari.
Per quanto riguarda l’ubicazione della base, lo studio prende in considerazione la necessità di ridurre il rischio di eventuali impatti meteoritici. A tale scopo, i tecnici suggerivano di costruire parte dell’installazione in cavità naturali o grotte. Oltre a proteggere la base, questa soluzione consentiva anche di mitigare gli sbalzi termici. Alcuni grafici mostrano anche la possibilità di realizzare delle strutture cilindriche sepolte.
Inoltre, bisognava anche provvedere la base di abbastanza energia per tenere in vita l’equipaggio e i sistemi dell’installazione, collocando la struttura in una posizione capace di ottimizzare la luce solare. Lo studio propone tre possibili siti adatti allo scopo: 1) la parte settentrionale del Sinus Aestuum, vicino al cratere Eratostene; 2) la parte meridionale del Sinus Aestuum vicino Sinus Medii; 3) la costa sud-occidentale del Mare Imbrium, appena a nord delle montagne Montes Apenninus.
I militari avevano anche proposto la creazione di un “comando unificato per lo spazio”, creato per controllare la base lunare e la parte di spazio esterno tra Terra e Luna.
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Ma perchè una base militare sulla Luna?

Per rispondere a questa domanda bisogna inquadrare il progetto all’interno del periodo storico nel quale si è consumata la cosiddetta ‘guerra fredda’ tra Stati Uniti e Unione Sovietica. La creazione di un’installazione militare sulla Luna sarebbe stata un forte deterrente nei confronti di un attacco da parte dell’URSS, in quanto il nemico avrebbe avuto grandi difficoltà a prevenire la rappresaglia degli Stati Uniti.
Inoltre, la presenza di un avamposto americano sul satellite terrestre avrebbe neutralizzato qualsiasi allunaggio sovietico destinato a vantare diritti di proprietà sulla Luna. Questo era il motivo per cui gli americani dovevano raggiungere per primi la Luna e stabilire un avamposto militare. Tuttavia, almeno per quanto riguarda la cronaca ufficiale, il Project Horizon ha poi ceduto il posto al Programma Apollo, volto a portare il primo astronauta americano sulla Luna. Perché?
Prima di tutto, le sfide tecnologiche erano più complesse di quanto gli autori dello studio avessero pensato, e decisamente più costoso. Un investimento del genere avrebbe richiesto un grosso aumento di spesa da parte del governo degli Stati Uniti. In secondo luogo, l’espansione del conflitto in Vietnam aveva drenato ulteriori dollari e risorse che sarebbero dovute essere destinate al Project Horizon.
Infine, una presenza militare americana sulla Luna divenne legalmente impossibile dopo che Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna firmarono nel 1967 il “ Trattato sui principi che disciplinano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’uso dello spazio esterno, inclusi la Luna e gli altri corpi celesti”, nel quale si limita l’esplorazione dello spazio solo per scopi pacifici. Il trattato è tutt’ora in vigore.

Crei?

Ciò che ami, lo crei. Ciò che temi, lo crei. Ciò che crei, lo attrai!

venerdì 21 febbraio 2014

Esisteva un unico immenso oceano su Marte? Uno sguardo ai nuovi indizi











Una nuova teoria sull'origine delle grandi depressioni sparse per il paesaggio marziano settentrionali potrebbe aggiungere nuovi indizi sull'esistenza di un antico oceano che un tempo ricopriva gran parte del Pianeta Rosso.
 
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Forse un tempo su Marte c’era acqua in abbondanza, tanto da esistere un unico grande oceano che copriva gran parte della sua superficie.
Questa ipotesi è stata a lungo dibattuta dai planetologi che studiano il Pianeta Rosso da diversi decenni.
A portare nuova linfa alla teoria c’è uno studio pubblicato sulla rivista Geological Society of America Journal realizzato da Lorena Moscardelli, geologa presso l’Università del Texas.
Lo studio suggerisce che i massi presenti nelle grandi depressioni presenti nella parte settentrionale di Marte presentano caratteristiche che fanno pensare che siano stati trascinati da frane avvenute sul fondo di un oceano.
Questo fenomeno è stato osservato inizialmente sulla Terra. Ad esempio, i grandi blocchi di arenaria conosciute con il nome di Jackfork Group sono ciò che rimane di quello che una volta fu un bacino oceanico nel centro-sud dell’Arkansas.
Nel suo studio, la Moscardelli contesta la teoria alternativa secondo cui i massi presenti su Marte sarebbero stati depositati dai meteoritici, in quanto in alcune zone non vi sono tracce di impatti del genere.
“Certamente l’ipotesi meteoritica può spiegare la presenza di alcuni dei massi osservati nelle pianure settentrionali di Marte, in particolare quelli in prossimità di crateri da impatto. Tuttavia, non basta a spiegare il meccanismo globale che ha causato l’ampia distribuzione di massi in queste regione”, scrive la geologa.
Secondo alcuni ricercatori non coinvolti nello studio, la teoria della Moscardelli può essere utilizzata nel contesto delle prove a sostegno dell’antica presenza di un oceano marziano, e non semplicemente come prova singola.
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Nell’ottobre del 2014 Marte potrebbe essere colpito da una cometa
Nel luglio 2013, i ricercatori del Caltech pubblicarono quella che a loro parere potrebbe essere la prova più convincente della presenza di un oceano marziano. Studiando il letto di un fiume dell’emisfero nord con dettagliate strumentazioni di mappatura topografica, i ricercatori hanno concluso che esso probabilmente alimentava un delta, sfociando nell’ipotetico oceano.
Un delta, infatti, si forma quando l’acqua scorre in un bacino permanente pieno di acqua, come un oceano o un lago. Tuttavia, in molti avevano pensato che il delta alimentasse semplicemente un cratere o qualche altro tipo di depressione minore, tipo un lago, certamente non un oceano.
Ma lo studio della dottoressa Moscardelli costringe a riorientare le opinioni verso una plausibilità dell’esistenza dell’oceano marziano. A sostegno delle sue teorie, la ricercatrice ha anche citato studi precedenti che hanno rivelato che i depositi rocciosi intorno al vulcano marziano Olympus sono la prova di frane sottomarine, un fenomeno simile osservato anche sulle Isole Hawaii.
“Se la conclusione è esatta, essa implica che il volume totale che occupava le pianure era pari a circa 350 milioni di km³”, scrive la ricercatrice. Per fare un confronto, secondo fonti della US National Oceanic and Atmospheric Administration, l’Oceano Atlantico occupa un volume pari a 310 milioni di km³.

Le potenze occidentali sostengono un golpe neonazista in Ucraina


Dal gruppo di ricerca dell’EIR (Executive Intelligence Review, Washington)
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14 febbraio 2014 (MoviSol) – Le nazioni occidentali, guidate dall’Unione Europea e dall’amministrazione Obama, sostengono un tentativo di golpe apertamente neonazista in Ucraina. Se riusciranno nell’intento, le conseguenze andranno ben oltre i confini dell’Ucraina e degli stati limitrofi. Per la Russia, tale colpo di stato costituisce un casus belli, in quanto esso avviene nel contesto dell’espansione della difesa antimissile della NATO in Europa centrale e dell’evoluzione della dottrina USA e NATO del “Prompt Global Strike,” secondo cui gli Stati Uniti possono lanciare un primo attacco nucleare preventivo contro Russia e Cina e sopravvivere ad una rappresaglia.


Gli avvenimenti in Ucraina costituiscono la potenziale miccia di una guerra globale che potrebbe rapidamente degenerare in un olocausto termonucleare. Alla conferenza sulla Sicurezza Europea che si è tenuta a Monaco di Baviera i primi di febbraio, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha avuto un vivace scambio di battute con il Segretario Generale della NATO Generale Anders Fogh Rasmussen, dopo che quest’ultimo aveva accusato la Russia di “retorica bellicosa”. Lavrov ha risposto citando il programma europeo di difesa antimissile come un tentativo di garantire un potenziale di primo colpo nucleare contro la Russia.
Nel suo intervento a Monaco ed una settimana prima al World Economic Forum a Davos, in Svizzera, Lavrov ha accusato i governi occidentali di sostenere organizzazioni terroristiche neonaziste nel loro tentativo di porre l’Ucraina sotto il controllo dell’Unione Europea e della Troika rafforzando così l’accerchiamento della NATO intorno alla Russia.
Ma lungi dall’esagerare, Lavrov ha forse sminuito il problema.

I nazisti prendono la guida delle manifestazioni

Da quando il Presidente Janukovič ha annunciato che l’Ucraina non avrebbe accettato l’accordo associativo con l’Unione Europea, il 21 novembre 2013, organizzazioni di reduci di guerra e collaborazionisti nazisti dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN-B) ed i loro successori, sostenute dall’occidente, hanno lanciato una campagna di provocazioni mirante non solo a far cadere il governo del Primo Ministro Mykola Azarov, ma anche a rovesciare il Presidente Janukovič, democraticamente eletto.
Il Partenariato Orientale dell’UE fu avviato nel dicembre 2008 da Carl Bildt e Radek Sikorski, ministri degli Esteri di Svezia e Polonia, sull’onda dello scontro militare tra Georgia e Russia nel Sud Ossezia. Il Partenariato prese di mira sei ex repubbliche sovietiche: tre nella regione del Caucaso (Armenia, Azerbaijan, Georgia) e tre in Europa Centro Orientale (Bielorussia, Moldavia, Ucraina). L’idea era non di invitarle ad entrare a far parte dell’UE, ma di sottoporle ugualmente alla morsa di quest’ultima tramite cosiddetti accordi associativi, ciascuno incentrato su un Deep and Comprehensive Free Trade Agreement (DCFTA, ampio accordo di libero scambio). Il principale bersaglio era l’Ucraina. Con l’accordo associativo negoziato ma non firmato, l’economia industriale dell’Ucraina sarebbe stata smantellata, riducendo drasticamente l’interscambio con la Russia (che avrebbe messo fine al proprio accordo di libero scambio con l’Ucraina per impedire l’invasione di articoli europei sui suoi mercati tramite), ed i mercati europei avrebbero preso il controllo delle esportazioni ucraine di prodotti agricoli e materie prime. Lo stesso regime mortale di austerità imposto dalla Troika alla Grecia ed altri paesi del Mediterraneo sarebbe stato imposto anche all’Ucraina.
Inoltre l’accordo associativo imponeva anche una “convergenza” sulle questioni di sicurezza e l’integrazione nel sistema di difesa europeo. Secondo tale accordo, l’Ucraina avrebbe dovuto recedere dai trattati a lungo termine che concedono a Mosca l’uso dei porti del Mar Nero, cruciale per la Marina Militare russa, dando alla NATO una base avanzata sul confine con la Russia.
Anche se i media occidentali hanno raccontato che le manifestazioni in piazza dell’Indipendenza a Kiev (Maidan Nezalezhnesti, o Euromaidan come viene chiamata adesso) fossero inizialmente pacifiche, sta di fatto che fin dall’inizio le proteste includevano un nocciolo duro di estrema destra e neonazisti, hooligans e reduci delle guerre in Afghanistan, Cecenia e Georgia. Stando al parlamentare ucraino Oleg Tsariov, trecentocinquanta ucraini sono tornati dalla Siria nel gennaio 2014, dopo aver combattuto insieme ai ribelli siriani, inclusi gruppi terroristici legati ad al-Qaeda quali il Fronte al-Nusra e lo Stato Islamico di Iraq e Siria (ISIS).
Già nel weekend del 30 novembre-1 dicembre i rivoltosi gettavano cocktail Molotov ed hanno occupato il Municipio di Kiev dichiarandolo “quartier generale rivoluzionario”. I manifestanti del partito di opposizione Svoboda, che prima si chiamava nazionalsocialista, hanno marciato dietro la bandiera rossonera dell’ Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini di Stepan Bandera (OUN-B), ovvero i collaboratori nazisti che durante la seconda guerra mondiale sterminarono ebrei e polacchi per conto della macchina da guerra hitleriana, ispirati dall’ideologia della razza pura.
Lo slogan del partito Svoboda, “l’Ucraina agli ucraini”, era il grido di battaglia di Bandera durante la collaborazione tra l’OUN-B ed Hitler dopo l’invasione nazista dell’Unione Sovietica. Sotto quello slogan i combattenti fascisti di Bandera commisero esecuzioni di massa e pulizie etniche. Fonti ucraine riferiscono che già nell’estate del 2013, mesi prima che il Presidente Janukovič decidesse di rifiutare l’accordo associativo con l’UE, il partito Svoboda teneva dei campi di addestramento paramilitare.
Il carattere neonazista, razzista ed antisemita di Svoboda non ha impedito però ai diplomatici occidentali, inclusa Victoria Nuland, la vice di Kerry per gli affari europei ed asiatici, di incontrare pubblicamente il leader del partito Oleg Tjaghnìbok, che nel 2004 era stato buttato fuori dal movimento La Nostra Ucraina per i suoi discorsi contro “moscoviti ed ebrei” in cui usava termini offensivi e insulti per entrambi.
Il revival fascista di Bandera è evidente fin dalla Rivoluzione Arancione del 2004, quando Viktor Juščenko fu installato come Presidente dell’Ucraina con una campagna sostenuta dall’estero e finanziata dall’International Renaissance Foundation di George Soros e da oltre 2.000 ONG da Europa ed America, dopo aver perso ufficialmente le elezioni presidenziali contro Viktor Janukovič. Il 22 gennaio 2010, uno degli ultimi anni di Juščenko come Presidente, dopo la vittoria presidenziale di Janukovič con un ampio margine, fu quella di nominare Stepan Bandera un Eroe dell’Ucraina, che è il massimo onore di stato. Stando a notizie di stampa, la seconda moglie di Juščenko, Katerina Čumačenko, era anche lei membro del gruppo giovanile banderista OUN-B nella sua città di nascita, Chicago. Negli anni Ottanta, la Čumačenko presiedeva gli uffici di Washington dell’Ukrainian Congress Committee of America (su cui aveva grande influsso l’OUN-B, stando al Canadian Institute of Ukrainian Studies dell’Università di Alberta) e presiedeva anche il National Captive Nations Committee, prima di passare all’Ufficio del Dipartimento di Stato per i Diritti Umani. Nel gennaio 2011, il Presidente Janukovič revocò a Bandera l’onorificenza di Eroe dell’Ucraina.

L’OUN-B: un po’ di storia

Il retaggio dell’OUN-B è cruciale per comprendere la natura dell’insurrezione armata attualmente in corso in Ucraina. L’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini fu fondata nel 1929 e nel giro di quattro anni Bandera ne divenne il capo. Nel 1934 Bandera ed altri leader dell’OUN furono arrestati per l’assassinio di Bronislaw Pieracki, Ministro dell’Interno polacco. Bandera fu scarcerato nel 1939 ed avviò subito i contatti con il Quartier Generale dell’Occupazione tedesca, ricevendo fondi e organizzando l’addestramento nella Abwehr per 800 guastatori delle sue truppe. Quando ci fu l’invasione nazista dell’Unione Sovietica nel 1941, le forze di Bandera consistevano in almeno settemila combattenti organizzati in “gruppi mobili” coordinati con le forze tedesche. Bandera ricevette 2,5 milioni di marchi per condurre operazioni sovversive all’interno dell’Unione Sovietica. Dopo aver dichiarato lo stato indipendente ucraino sotto la sua direzione nel 1941, Bandera fu arrestato e mandato a Berlino. Ma mantenne i contatti coi nazisti che continuarono a finanziarlo, ed i suoi “gruppi mobili” ricevettero copertura aerea dai tedeschi per tutta la durata della guerra.
Nel 1943, l’OUN-B di Bandera iniziò una campagna di sterminio di massa di polacchi ed ebrei, uccidendo qualcosa come 70.000 civili solo durante l’estate di quell’anno. Anche se Bandera guidava ancora le attività dell’OUN-B da Berlino, la pulizia etnica veniva guidata da Mykola Lebed, capo del Sluzhba Bespeki, la polizia segreta dell’OUN-B. Nel maggio 1941, ad una sessione plenaria dell’OUN a Cracovia, l’organizzazione pubblicò un documento, “La lotta e l’azione dell’OUN durante la guerra” che dichiarava, tra l’altro, che “moscoviti, polacchi e ebrei ci sono ostili e vanno sterminati in questa lotta” (usando per moscoviti il nomignolo derogatorio “Moskal”).
Con la sconfitta dei nazisti, Bandera e molti leader dell’OUN-B furono mandati in vari campi di prigionia in Germania ed Europa centrale. Stando a Stephen Dorrill ed alla sua autorevole storia del servizio segreto inglese MI6, MI6: Inside the Covert World of Her Majesty’s Secret Intelligence Service, Bandera fu reclutato dall’MI6 nell’aprile 1948. Il collegamento coi britannici fu stabilito da Gerhard von Mende, un gerarca nazista che aveva diretto la Divisione Caucasica del Ministero del Reich per i Territori Orientali occupati (Ostministerium). Von Mende reclutò musulmani dal Caucaso e dall’Asia Centrale per farli combattere insieme ai nazisti durante l’invasione dell’Unione Sovietica. Alla fine della seconda guerra mondiale, lavorò per i britannici tramite una società di copertura, la Research Service on Eastern Europe, che era in realtà un ente di reclutamento per gli insorti musulmani all’interno dell’Unione Sovietica. Von Mende fu strumentale nel creare covi della Fratellanza Musulmana a Monaco di Baviera e Ginevra.
Tramite von Mende, l’MI6 addestrò agenti dell’OUN-B e li infiltrò in Unione Sovietica per condurre operazioni di sabotaggio ed assassinio tra il 1949 ed il 1950. Un rapporto dell’MI6 del 1956 loda Bandera come “un agente clandestino professionista con un background terroristico e spregiudicato nelle regole del gioco”.
Nel marzo 1956, Bandera andò a lavorare con l’equivalente tedesco della CIA, il BND, allora diretto dal Gen. Reinhardt Gehlen, capo dei servizi segreti militari sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale. Ancora una volta, von Mende fu uno dei suoi sponsor e protettori. Nel 1959, Bandera fu assassinato dal KGB in Germania occidentale.
Il principale sicario di Bandera, Mykola Lebed, comandante della polizia segreta dell’OUN-B, fece una carriera più lunga. Alla fine della seconda guerra mondiale fu reclutato dai Corpi di Counterintelligence dell’esercito americano e nel 1948 era sulla busta paga della CIA. Lebed reclutò gli agenti dell’OUN-B che non erano andati con Bandera e l’MI6, e partecipò ad un programma di sabotaggio dietro la Cortina di Ferro, che incluse la “Operation Cartel” e la “Operation Aerodynamics.” Lebed fu quindi trasferito a New York, dove diede vita ad una società di facciata della CIA, la Prolog Research Corporation, ed operò sotto il controllo di Frank Wisner, che era a capo del Direttorato per la Pianificazione della CIA negli anni Cinquanta. La Prolog continuò ad operare fino alla fine degli Anni Novanta, quando fu promossa e sostenuta da Zbigniew Brzezinski, consigliere del Presidente Jimmy Carter per la sicurezza nazionale.
Nel 1985, il Dipartimento di Giustizia USA lanciò un’inchiesta sul ruolo di Lebed nel genocidio in Polonia ed Ucraina occidentale durante la guerra, ma la CIA la bloccò e l’inchiesta fu abbandonata. Ciononostante, nel 2010, dopo la pubblicazione di migliaia di pagine di documenti di guerra, gli Archivi Nazionali pubblicarono un rapporto, Hitler’s Shadow: Nazi War Criminals, U.S. Intelligence, and the Cold War (l’ombra di Hitler: criminali di guerra nazisti, intelligence USA e guerra fredda), scritto da Richard Breitman e Norman Goda, che includeva un resoconto dettagliato sulla collisione tra Bandera, Lebed ed i nazisti e sul loro coinvolgimento nelle esecuzioni di massa di ebrei e polacchi.
Questo retaggio Bandera-Lebed e le reti intessute nel dopoguerra sono al centro degli avvenimenti attuali in Ucraina.

La denuncia dei leader ucraini

Il 25 gennaio ventinove partiti e organizzazioni politiche in Ucraina hanno lanciato un appello al Segretario Generale dell’ONU, alla dirigenza dell’UE ed agli Stati Uniti affinché prendano misure per “fermare i saccheggi da parte dei guerriglieri, l’incitamento alla guerra civile, un colpo di stato e la disintegrazione del paese”. L’appello fornisce dettagli cruciali sulla natura neo-coloniale ed anti-russa dell’accordo di associazione con l’UE, che l’attuale governo ucraino ha congelato, ma anche sulle organizzazioni neofasciste che prendono parte alle proteste. Una dei firmatari è l’economista Natalia Vitrenko, leader del Partito Socialista Progressista Ucraino, che più di un anno fa aveva messo in guardia da questi gruppi che, con l’incoraggiamento ed i fondi delle cosiddette ONG “per la democrazia” provenienti dall’occidente, avrebbero posto una minaccia al governo ucraino.
La dichiarazione esordisce: “La crisi politica ucraina peggiora di giorno in giorno, portando il paese verso una guerra civile fratricida, la perdita della sovranità e la disintegrazione dello stato. Si tratta di un progetto straniero per prendere il controllo dell’Ucraina. Viene attuato contro gli interessi e le esigenze del nostro popolo. Viene portato avanti violando la Costituzione e le norme e princìpi internazionali, basati sull’azione pacifica, sulle libere elezioni, la libertà di parola ed il rispetto dei diritti umani. Giacché i media internazionali riportano informazioni deliberatamente distorte sull’Ucraina, diffuse da politici e funzionari dell’UE e degli Stati Uniti, e queste vengono usate a sostegno di azioni illegali di guerriglia, ci vediamo costretti a lanciare il seguente appello”.
Quanto all’ideologia ed ai simboli neonazisti e neofascisti dell’Euromaidan, i firmatari si rivolgono direttamente ai leader occidentali: “Dovreste capire che, sostenendo le azioni di guerriglia in Ucraina, accordando loro lo status di ‘attivisti Euromaidan’ che prendono parte a presunte azioni pacifiche, state di fatto proteggendo, incitando ed istigando i neonazisti e i neofascisti ucraini”.
“Nessun leader dell’opposizione (Iatseniuk, Klitsčko e Tjaghnìbok) nasconde il fatto di continuare l’ideologia e le pratiche dell’OUN-UPA…. Ovunque vadano i teppisti di Euromaidan disseminano gli slogan citati prima e simboli nazisti (…) A conferma della natura neonazista di Euromaidan c’è l’uso costante di ritratti dei carnefici del nostro popolo, Bandera e Šukhevič—agenti dell’Abwehr.”
Solo alla fine di gennaio, quando le scene delle violenze di massa e dei manifestanti armati hanno finalmente spezzato la cortina fumogena dei media, i media occidentali hanno parlato del carattere neonazista della destabilizzazione in corso. La rivista Time, il 28 gennaio, ha titolato su Kiev “banditi di estrema destra prendono il controllo delle rivolte liberali in Ucraina”, pubblicando il profilo di un gruppo di nazisti detto Spilna Sprava (“Causa comune” ma la sigla è “SS”), al centro delle proteste.
Il giorno dopo il Guardian ha titolato: “In Ucraina, fascisti, oligarchi e l’espansione occidentale sono al centro della crisi” col sottotitolo: “La storia che ci viene raccontata sulle proteste a Kiev ha un rapporto molto lontano con la realtà”. L’inviato del Guardian Seumas Milne scrive onestamente: “Dagli articoli pubblicati finora non si sa che nazionalisti di estrema destra e fascisti erano al centro delle proteste e degli attacchi contro gli edifici del governo. Uno dei tre partiti di opposizione alla guida della campagna è il partito di estrema destra ed antisemitico Svoboda, il cui leader Oleg Tjaghnìbok sostiene che una ‘mafia moscovita ed ebraica’ controlli l’Ucraina. Il partito, che ora controlla la città di Leopoli, ha guidato una fiaccolata di 15.000 persone all’inizio del mese in memoria del leader fascista ucraino Stepan Bandera, le cui milizie combatterono coi nazisti nella seconda guerra mondiale, e che prese parte alle stragi di ebrei.”
Anche Counterpunch ha pubblicato il 29 gennaio un articolo di Eric Draitser, “L’Ucraina e la rinascita del Fascismo”, che inizia con il monito: “La violenza nelle strade dell’Ucraina è più di un’espressione di rabbia popolare contro il governo. Anzi, è solo l’ultimo esempio dell’ascesa della forma più insidiosa di fascismo che l’Europa abbia mai visto dalla caduta del Terzo Reich… nel tentativo di strappare l’Ucraina dalla sfera di influenza russa, Stati Uniti, UE e NATO si sono alleati, per la prima volta, con dei fascisti.”