Negli Stati Uniti è tutto pronto per dare il via al più grande progetto di
geoingegneria mai realizzato:
iniettare nella stratosfera, a circa 20 km di altezza dalla superficie terrestre, una certa quantità di aerosol per studiarne l'efficacia come
agente climatico per contrastare il riscaldamento globale.
Il progetto, dal costo di 20 milioni di dollari, è realizzato dalla
Harvard University e prenderà il via tra poche settimane. Lo scopo è
quello di verificare se è possibile raffreddare l'atmosfera utilizzando
lo stesso meccanismo che si verifica in natura durante un'eruzione
vulcanica. In un arco di tempo da qui al 2022 i ricercatori
disperderanno piccole quantità di acqua e di carbonato di calcio e
studieranno le ricadute. Se saranno riscontrati effetti positivi si
avvierà una seconda fase, con l'inseminazione con ossido di alluminio o
polveri di diamante. Spiega Geornot Wagner, responsabile del progetto:
«Non è il primo esperimento del genere, ma sicuramente è il più completo
mai realizzato».
COP21: che cosa è stato detto alla
Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. E che cosa è stato fatto.
Le critiche. Non sono pochi tuttavia
coloro i quali sostengono che simili operazioni possono avere
conseguenze drammatiche. Tra questi Kevin Trenberth, dell’Ipcc: «La
geoingegneria solare può avere gravi conseguenze, perché può interessare
il ciclo del tempo metereologico e quello dell'acqua in modi che non
possiamo prevedere.
Può per esempio portare siccità e creare problemi politici tali da
scatenare nuove guerre. I modelli climatici attuali non sono in grado di
prevedere le ricadute e gli effetti collaterali di queste operazioni».
A sostegno delle critiche c'è anche uno studio del Met Office del
2013, che, seguendo un analogo filone di analisi, giungeva alla
conclusione che le polveri sottili in stratosfera potrebbero evolvere in
una siccità disastrosa in tutto il nord Africa.
Nel 1991 l'eruzione del vulcano Pinatubo (Filippine) portò a un
abbassamento delle temperature globali di 0,5 gradi nell'arco di pochi
mesi, mentre l’eruzione del Tambora (1815, Indonesia) provocò un “anno
senza estate” in Europa, con tutte le conseguenze del caso: raccolti
compromessi, fame, malattie. Le eruzioni hanno però in genere sviluppi
rapidi e di durata relativamente breve, e anche in quei casi tutto tornò
alla normalità nell’arco di pochi anni.
C'è infine chi sostiene - non senza buone ragioni - che ricerche di
questo tipo possono rallentare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie
alternative per la produzione di energia pulita, come l'eolico e il
solare nelle sue varie declinazioni, che potrebbero invece essere
strategie a lungo termine migliori per mitigare i cambiamenti climatici.
L'esplosione del Monte Pinatubo nel 1991 causò
una diminuzione improvvisa della temperatura terrestre. Ci vollero
alcuni mesi prima che l'aerosol composto da gas e polveri precipitasse a
terra.
Chi dice sì. Frank Keutsch, anch'egli
della Harvard University, ha sottolineato che il dispiegamento di un
sistema di geoingegneria solare è «una prospettiva terrificante», che
spera di non vedere mai attuato su scala significativa, e tuttavia,
aggiunge, «non possiamo trascurare l'eventualità di non poterne fare a
meno, ed è perciò indispensabile studiare anche questi meccanismi».
Sullo fronte dei possibilisti si schiera anche Janos Pasztor,
responsabile delle ricerche climatiche per le Nazioni Unite, che
risponde ai critici: «Il progetto prevede la dispersione di piccole
quantità di aerosol e gli sviluppi saranno tenuti sotto stretta
sorveglianza dai ricercatori». Da parte loro, i ricercatori hanno
sottolineato che un intervento significativo di correzione
dell'andamento climatico è tecnologicamente ancora molto lontano. Oltre
al fatto - affermano - che non è pensabile come soluzione al
riscaldamento globale, ma appunto solo come correttivo nel caso in cui
le condizioni climatiche peggiorino drasticamente.
Dai politici all'industria, sono in molti a credere a questo
approccio, che, secondo una stima molto approssimativa, potrebbe costare
- a regime - non più di 10 miliardi di dollari l'anno: "niente", se
paragonato ai costi da sostenere per rispettare i vincoli delle
conferenze climatiche e agli investimenti necessari per andare verso
quel miraggio chiamato
sviluppo sostenibile.