sabato 15 febbraio 2014

Perchè sognamo? Dalla psicanalisi agli universi paralleli


‘Dormire’ già rappresenta, di per sè, una di quelle funzioni umane che ancora fanno discutere i circoli scientifici.
Infatti, alla domanda ‘perchè dormiamo?’ i ricercatori non hanno ancora trovato una risposta convincente e condivisa. Eppure, si tratta di una funzione di fondamentale importanza, senza la quale un essere vivente potrebbe anche morire.
Sono molte le teorie che cercano di spiegare perchè l’uomo passi un terzo della sua vita dormendo. Si è passati dal considerare il sonno alla stregua di altri adattamenti evolutivi, riconoscendogli la funzione di recupero energetico e quindi d’inattività mentale e fisica ad un’idea di sonno attivo, caratterizzato da sotto-processi indispensabili per la vita dell’essere umano. Il sonno, insomma, è uno dei misteri della biologia.
Ma a porre altri interrogativi è l’attività legata a doppio filo al sonno, cioè ‘sognare’. I sogni hanno affascinato l’essere umano sin dall’antichità. Per i nostri antenati erano il mezzo utilizzato dagli dei per entrare in comunicazione con gli uomini. Anche nella Bibbia vengono riportati episodi in cui si narra di sogni destinati ad istruire la persona su la volontà di Dio.
Ma perchè sogniamo? A cosa servono i sogni? Anche in questo caso, sono state proposte numerose teorie, ma nessuna di esse risulta pienamente condivisa dai ricercatori. Considerando l’enorme quantità di tempo che passiamo in stato di sogno, il fatto che i ricercatori non abbiano ancora capito la funzione dei sogni può sembrare sconcertante.
Dopo essere stati oggetto di riflessione da parte di uomini religiosi e filosofi, solo di recente i sogni sono diventati oggetto di ricerca empirica e studio scientifico.
Innanzitutto, cominciamo da una domanda di base: che cosa è un sogno? Tutti noi abbiamo fatto l’esperienza sconcertante di sogni dal contenuto misterioso, composto da immagini, pensieri ed emozioni praticamente reali.
Essi possono essere straordinariamente vividi o molto vaghi, piene di emozioni gioiose, dalle quali mai vorremmo svegliarci, o da immagini spaventose che condizionano il nostro stato d’animo durante la veglia.
E come spiegare l’esperienza che in molti hanno provato del ‘sogno nel sogno’? Sognare di sognare non è così frequente, ma quando capita colpisce molto la fantasia ed il ricordo del sognatore che si sente proiettato in una profondità inconscia o in una vita parallela misteriosa.
Ricercatori come lo psichiatra e scrittore Frederik van Eeden hanno anche parlato di ‘sogni lucidi’ o ‘sogni coscienti’, per indicare un’esperienza durante la quale si può prendere coscienza del fatto di stare sognando. Il sognatore in questione, detto ‘onironauta’, può quindi, con la pratica, esplorare e modificare a piacere il proprio sogno.
Stephen LaBerge, scienziato all’università di Stanford e fondatore del Lucidity Institute, un centro di ricerca sul fenomeno dei sogni lucidi, descrive l’esperienza come “il sognare sapendo di stare sognando”.
In realtà, non esiste una definizione universalmente accettata dei sogni. In generale si osserva una forte corrispondenza con la fase REM, durante la quale un elettroencefalogramma rileva un’attività cerebrale paragonabile a quella della veglia. I sogni che siamo in grado di ricordare, non avvenuti durante la fase REM, sono a confronto più banali.
Un uomo in media sogna complessivamente per sei anni durante la sua vita(circa due ore per ogni notte). Non si conosce ancora l’area del cervello in cui hanno origine i sogni, né sappiamo se abbiano origine in una singola area o se più parti del cervello vi concorrano, né conosciamo lo scopo dei sogni per il corpo e la mente. Insomma, ci troviamo di fronte ad un enigma biologico vero e proprio.
Alcuni ricercatori sostengono che i sogni non servano a nulla di reale, mentre altri sono convinti che sognare sia una funzione fondamentale della mente, con ricadute benefiche sullo stato emotivo e fisico della persona.

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Ernest Hoffman, direttore dello Sleep Disorder Center presso il Newton Wellesley Hospital di Boston, suggerisce che una possibile funzione dei sogni (anche se certamente non provata) è che questi tessano nuovo materiale nell’archivio della memoria cerebrale, in modo da ridurre l’eccitazione emotiva e contribuire all’attenuazione di ulteriori traumi e stati di stress.
Deirdre Barret, psicologa dell’Harvard University, è invece convinta che i sogni siano lo strumento di cui è dotato l’uomo per risolvere i problemi. Sognare potrebbe aiutarci a trovare soluzioni a problemi che ci affliggono durante le ore di veglia. Si tratterebbe di un’attività cerebrale simile al pensiero, ma in uno stato leggermente diverso rispetto a quando i nostri occhi sono aperti.
La Barret, per argomentare la sua teoria, ha legato il ‘sognare’ all’evoluzione: “La mia opinione è che l’evoluzione non spreca nulla. Tutte le funzioni degli esseri viventi si evolvono per uno scopo, per generare qualcosa di utile”.
Lo scopo della ricercatrice è quello di dimostrare che i sogni non sono un semplice sottoprodotto dello stato REM tipico del sonno profondo, ma il frutto di una lunghissima storia evolutiva che ha dotato i viventi di tale facoltà per uno scopo preciso.
Tuttavia, non tutti sono d’accordo con la prospettiva suggerita dalla Barret. Alcuni ricercatori si sono chiesti se l’uomo, e gli altri esseri viventi, si fossero evoluti su un pianeta perennemente illuminato, dove l’alternanza notte/giorno sarebbe stata inesistente, lo stesso avrebbero sviluppato l’esigenza del sonno e la facoltà di sognare?
Inoltre, a giudizio di molti, il sonno non sembra un attività così pratica: dall’uomo al gatto, dai rettili agli uccelli e gli insetti, trascorriamo tanta parte della nostra vita in uno stato, il sonno, durante il quale non possiamo procacciarci cibo, ne accoppiarci e quindi riprodurci; in cui rimaniamo vulnerabili agli attacchi dei predatori mentre continuiamo a consumare, comunque, una quota significativa di energie. Basti pensare che tra otto ore passate a letto in stato di veglia anziché dormendo, in termini di consumo energetico la differenza sta in un bicchiere di latte.
Infine, se come afferma la Barret il sogno è finalizzato alla soluzione di problemi che ci affliggono nelle ore di veglia, come mai su 8 ore passate a dormire, ne trascorriamo solo due nella terra dei sogni? E perché il sonno ha sede nel tronco encefalico, la parte più primitiva del cervello?

La psicoanalisi



Il padre della psicanalisi, Sigmud Freud, suggerì che i sogni possano essere una rappresentazione di desideri inconsci, pensieri e motivazioni. Secondo la sua visione della personalità, le persone sono guidate da istinti aggressivi e sessuali, normalmente repressi dalla consapevolezza cosciente.
Se questi istinti non possono essere espressi consapevolmente, Freud pensò che potessero trovare la loro strada nei sogni. Nel suo famoso libro ‘L’interpretazione dei sogni’, Freud scrisse che i sogni sono “adempimenti camuffati di desideri repressi”.
Nonostante la teoria di Freud abbia contribuito alla popolarità dell’interpretazione dei sogni, ricerche successive hanno dimostrato che il contenuto manifesto del sogno nasconde il vero significato psicologico. Tale modello, chiamato “teoria di attivazione di sintesi”, fu elaborato nel 1976 da J. Allan Hobson e Robert McCarley, secondo i quali i circuiti nel cervello si attivano durante il sonno REM, il che fa sì che alle aree del sistema limbico coinvolto nelle emozioni, sensazioni e ricordi, di diventare attive.
Il cervello sintetizza questa attività interna e tenta di dare significato a questi segnali, attività che si traduce nel ‘sognare’. Questo modello suggerisce che i sogni sono un’interpretazione personale di segnali generati dal cervello durante il sonno.
Anche se questa teoria suggerisce che i sogni siano il risultato di segnali generati internamente, Hobson è convinto che i sogni non siano privi di significato, anzi “si tratta del nostro stato di coscienza più creativo. Alcuni sogni sembrano non avere senso, eppure spesso sono davvero utili a darci nuove informazioni: sognare non è tempo sprecato”, conclude il ricercatore.

Universi paralleli



A fare un’incursione nella ‘questione onirica’ c’è anche la fisica quantistica. Alcuni scienziati si stanno progressivamente convincendo che i nostri sogni siano delle finestre che affacciano in universi paralleli, dove le cose avvengono in maniera molto diversa rispetto al nostro universo.
Considerando la possibilità che gli universi paralleli esistenti possano esistere in numero infinito, allora anche le possibilità dei sogni sono infinite. Nei sogni abbiamo la capacità di migrare nel ‘multiverso’ sperimentando viaggi davvero incredibili.
Mentre il mondo gira, miliardi di persone, e forse anche gli animali, fanno questi viaggi interdimensionali. Il confronto tra i modelli cerebrali tra veglia e sonno indica che il cervello non funziona in modo simile nei due stati, eppure, in entrambi i casi, siamo consapevoli e presenti a noi stessi.
In entrambi gli stati stiamo ricevendo input sensoriali, anche se nel caso dei sogni l’origine di questi dati in ingresso e degli organi coinvolti nella loro ricezione rimangono un mistero. In un articolo pubblicato qualche tempo fa sul fenomeno del Deja Vù, furono presentati i pareri di alcuni ricercatori in proposito.
Il dott. Michio Kaku, conosciuto dalla maggior parte delle persone per la sua attività di divulgatore scientifico e per le sue teorie che certamente travalicano i confini delle fisica tradizionale, ha proposto un’interessante connessione tra il fenomeno del déjà vu e l’esistenza degli universi paralleli.


Secondo il dott. Kaku, la fisica quantistica afferma che c’è la possibilità che il déjà vu sia causato dalla nostra capacità di saltare da un universo all’altro! E’ un pò come se centinaia di onde radio differenti fossero trasmesse intorno a noi da stazioni lontane.
Se siamo in possesso dello strumento giusto, una semplice radiolina, possiamo ascoltare una sola frequenza alla volta, questo perchè tutte le frequenze non sono in fase tra loro.
Ogni stazione trasmette il proprio segnale a una frequenza diversa, con un’energia diversa. Il risultato è che la radiolina può captare una sola frequenza alla volta. Allo stesso modo, nel nostro universo noi siamo sintonizzati sulla frequenza che corrisponde alla realtà fisica. Ma ci sono un numero infinito di realtà parallele che esistono attorno a noi, “trasmesse” ad una frequenza differente dalla nostra e con le quali noi non possiamo sintonizzarci.
Trasportando questa suggestiva teoria alla ‘questione onirica’, possiamo supporre che i sogni si producano quando il nostro cervello (la nostra mente) è in grado di sintonizzarsi su un differente stato quantico dell’Universo, cioè un universo parallelo?
Quando ci troviamo a sognare una situazione talmente vivida da sembrare reale, stiamo forse ‘captando’ la mente e i dati sensoriali del nostro ‘alterego parallelo’? Ed è anche possibile che un nostro alterego si sintonizzi sulla nostra mente per sognare la nostra vita?


Chissà! Possibilità del genere aprono a domande più profonde, quali ‘che cosa è la coscienza’? Essa è la più sfuggente ed eterea delle realtà che possiamo comprendere. La fisica quantistica, con il progresso degli studi, tende sempre più a staccare la coscienza dai processi chimici e fisici del cervello, fino a darle una esistenza propria (che alcuni chiamano ‘anima’) e darle la dignità di ‘struttura fondamentale dell’universo’.

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