giovedì 23 luglio 2015

Una materia oscura meno esotica?

Uno studio su Physical Review Letters suggerisce che la materia oscura sarebbe simile alle particelle subatomiche chiamate pioni. La nuova ipotesi, basata sull'esistenza di particelle denominate SIMP, risolverebbe alcune discrepanze tra dati e simulazioni numeriche e avrebbe profonde implicazioni sui metodi di ricerca dei prossimi esperimenti

La struttura di un pione (a sinistra) e di una particella SIMP (Strongly Interacting Massive Particle) proposta da Hochberg et al. (a destra). Credit: Kavli IPMU

La materia oscura si comporterebbe in maniera simile alle particelle subatomiche note ai fisici sin dagli anni ’30. È quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori secondo cui l’enigmatica componente che rappresenta il 25 percento del contenuto materia-energia dell’Universo sarebbe molto simile ai pioni che tengono insieme i nuclei atomici. I risultati di questo studio sono pubblicati su Physical Review Letters.
Dobbiamo molto alla materia oscura, quell’entità misteriosa che mantiene intatte le galassie, le stelle, il Sistema solare e persino i nostri corpi. Tuttavia, nessuno finora è stato in grado di osservarla direttamente ed essa viene spesso considerata come una nuova forma di materia esotica, ossia come una particella che si muove nelle dimensioni extra dello spazio o della sua versione quantistica, la supersimmetria.


Le teorie convenzionali predicono che le particelle di materia oscura non dovrebbero collidere ma piuttosto ‘scivolar via’ passando l’una accanto all’altra (in alto). Invece, secondo Hochberg et al. le particelle di materia oscura di tipo SIMP (Strongly Interacting Massive Particle) dovrebbero collidere ed interagire l’una con l’altra (in basso). Credit: Kavli IPMU

«Abbiamo già osservato nel passato questo tipo di particella. Crediamo che la materia oscura abbia proprietà analoghe, tipo di massa e interazione forte», spiega Hitoshi Murayama, professore di fisica all’Università della California, a Berkeley, e direttore del Kavli Institute for the Physics and Mathematics of the Universe all’Università di Tokyo. «E’ incredibilmente eccitante il fatto che ora possiamo finalmente comprendere il perché della nostra esistenza». Queste particelle candidate vengono chiamate SIMPs (Strongly Interacting Massive Particles).
La teoria predice che la materia oscura interagisca molto probabilmente con se stessa all’interno delle galassie o degli ammassi, modificando possibilmente le distribuzioni di massa attese. «La teoria potrebbe risolvere le attuali discrepanze tra i dati e le simulazioni numeriche», dice Eric Kuflik, un ricercatore alla Cornell University. «Le differenze cruciali che troviamo in queste nuove teorie sulla materia oscura e quelle precedenti hanno delle implicazioni profonde su come potrà essere rivelata la materia oscura con i prossimi esperimenti», aggiunge Yonit Hochberg, ricercatore presso l’Università della California a Berkeley.


Illustrazione artistica della distribuzione della materia oscura. A sinistra, si assume una distribuzione di materia oscura secondo le teorie più convenzionali in cui si osserva un massimo concentrato in una piccola regione del centro galattico. A destra, la simulazione con materia oscura di tipo SIMP (Strongly Interacting Massive Particle) dove si osserva una distribuzione più diffusa rispetto al centro galattico. Credit: NASA, STScI, Kavli IPMU

Dunque, il passo successivo sarà ora quello di verificare questa ipotesi nella maniera più adeguata, utilizzando il Large Hadron Collider (LHC) e i prossimi esperimenti quali SuperKEK-B e SHiP.

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