lunedì 9 marzo 2015

Ibernazione | Rinasceremo tra 300 anni | ecco i futuri ibernati italiani

ROMA – C’è Vitto Claut, avvocato friulano e Daniele Chirico, romano, con la moglie Rita e la figlia Ilenia. Sono gli italiani che hanno scelto di ibernarsi: “Rinasceremo tra 300 anni”, dicono convinti dopo aver firmato un patto per entrare nelle anticamere dell’aldilà. Prezzo: 150 mila euro. Raggiungeranno Aldo Fusciardi, un imprenditore morto a 75 anni nel 2012: è stato il primo italiano congelato. Come lui andranno a morire negli Stati Uniti in apposite cliniche che già conservano alcune centinaia di corpi. Le sacche di ghiaccio come un sudario, poi l’iniezione del crioprotettore al posto del sangue. Infine il lungo viaggio immersi a testa in giù nell’azoto liquido a 196 gradi sotto lo zero. In fila per diventare immortali. Forse.
Raggiunti dal Corriere della Sera, i futuri Lazzaro raccontano sogni e fantasie sulla loro vita futura:
“Farsi ibernare è come giocare la schedina – dice Vitto Claut che già si immagina la vita nei prossimi secoli – Se esiste anche una sola possibilità di tornare al mondo, non voglio certo sprecarla. Vivremo sotto terra, in un pianeta senz’acqua e senza piante, ci nutriremo di pillole e andremo su Marte per il week end. Rinascerò fra 300 anni, sono sicuro, ma tra la morte clinica e la resurrezione saranno passati in realtà pochi istanti. E quando rinascerò, sarò a metà della vita: se nel 1300 la vita media delle persone era di 40 anni e oggi è di 80, fra 400 anni la vita media sarà di 160 anni e io potrò vivere altri 80 anni”.
Sono pure consapevoli della spesa azzardata che stanno per compiere:
“Se morirò precipitando con l’aereo – spiega Chirico – e il mio corpo sarà irrecuperabile, in quel caso niente ibernazione e la società si tiene tutto quello che ho già versato usandolo per la ricerca. Per me la vita è qualcos’altro di più che un viaggio dalla sala parto all’obitorio. La soluzione al problema della morte esiste eccome. Ho aspettato tutta la vita per morire e allora… perché non dovrei aspettare tutta la morte per poter rivivere?”.
Per loro è anche un modo per esorcizzare la paura più atavica: quella della morte. Definitiva e invalicabile. Non li preoccupano le poche certezze scientifiche, quasi nulle. Alle quali si aggiungono altri dubbi. Man mano che ci si allontana dalle strutture, ad esempio, i tempi per il trasporto verso la criopreservazione diventano più approssimativi. Tanto che qualche anno fa partì un progetto di residence pre-morte per i clienti, vicini alle strutture. Il processo di ibernazione deve essere veloce, per evitare la decomposizione del corpo: entro due minuti dalla morte clinica. Inoltre, non ci sono garanzie sulla solidità finanziaria delle stesse società. Alcune, vere e proprie fondazioni, ricevono finanziamenti volontari oltre alle entrate che arrivano dalla sottoscrizione dei contratti. Nel caso di un fallimento economico, i corpi potrebbero finire dall’azoto liquido al terreno.
Il fenomeno tuttavia è in espansione: tra gli europei il maggior seguito si registra in Inghilterra e Germania. Oltre alle due società già esistenti da anni negli Usa, la Alcor ed il Cryonic Institute, ne è nata anche una in Russia, la Cryorus. Le prenotazioni sono già 2 mila.

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