"Per sapere chi sei, devi prima sapere chi non sei, prosciugherai così il mare dell'illusione e troverai la vera essenza del Sé nel vento, nessun desiderio e paura ma Amore incondizionato."
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martedì 18 novembre 2014
Storie di Alberi e… magia…
Forse la realtà qui sulla terra non è così distante da quel mondo di fantasia; negli anni numerosi studi hanno dimostrato che le piante sono esseri sensibili in grado di comunicare.
Qualche anno fa di Guillermo Murphy e Susan Dudley (http://www.amjbot.org/content/96/11/1990.full.pdf) hanno dimostrato che i vegetali sono organismi sociali, che possono perfino mostrare comportamenti altruistici tra di loro.
Clinton Francis del National Science Foundation (NSF) National Evolutionary Synthesis Center, ha provato che gli alberi sono sensibili ai rumori elevati che possono influire negativamente sulla loro crescita con conseguenze che perdurano per decenni anche quando la fonte del rumore è scomparsa.
Stefano Mancuso, responsabile del LINV, assieme ai ricercatori dell’University of Western Australia Monica Gagliano, Michael Renton e Martial Depczynski hanno dimostrato che le piante sono in grado di apprendere e di conservare memoria delle informazioni e che le piante sono inoltre capaci di percepire il pericolo e di sapere esattamente cosa “fare” per evitare i predatori.
Uno dei fenomeni più affascinanti legato al mondo vegetale, e forse anche il più sorprendente, è poi la loro capacità di cantare e comporre musica. Questa capacità è stata sondata e studiata dai ricercatori della Federazione di Damanhur.
Vi sono anche alberi che sembrano in grado di spostarsi come le walking palm tree (Socratea exorrhiza) che si trovano in america latina.
Insomma il mondo vegetale è molto più sensibile e vivo di quello che siamo abituati a credere.
Noi esseri umani viviamo in simbiosi con il mondo vegetale per ottenere l’ossigeno che è necessario alla nostra sopravvivenza, ma l’influenza che le piante hanno sul nostro benessere, è forse a livello più profondo. In un libro pubblicato recentemente, “Blinded by Science” (www.blindedbyscience.co.uk) l’autore Matthew Silverstone, prova scientificamente che gli alberi migliorano molti aspetti della nostra salute come: malattie mentali, disturbo di deficit di attenzione e iperattività (ADHD), livelli di concentrazione, tempi di reazione, depressione e diminuzione di emicrania. Quindi la scienza ci conferma che “abbracciare” gli alberi ha un effetto positivo sulla nostra salute.
L’uomo ha sempre percepito che il mondo vegetale è molto più vivo ed interconnesso al nostro di quello che appare a prima vista, così gli alberi hanno da sempre ispirato miti e leggende. Lo scrittore e botanico francese Jacque Brosse nel suo libro Storie e leggende degli alberi spiega bene come in diverse civiltà e in periodi diversi gli alberi siano stati considerati come manifestazioni delle divinità e portatori di vita. Nella cultura classica ci sono numerosi riferimenti ad alberi dedicati a divinità, alberi sacri dimore di dei e ninfe, e il rispetto dei boschi in passato era quindi molto importante. Forse dovremmo recuperare un po’ di questo rispetto.
Per farci riflettere sul rapporto che ci lega intimamente al mondo vegetale riporto qui di seguito un racconto affascinante dello scrittore “Jone Chioccarello” che ci aveva già stupito con le avventure autobiografiche raccontate nel suo libro “un sentiero verso l’ignoto”.
“… Mio padre era morto da appena un mese e per far fronte alla condizione economica alquanto disagiata che avevo ereditato, oltre al mio lavoro, me ne inventavo continuamente di tutti i colori per di racimolare qualche soldo in più. Avevo ereditato dal nonno una faggeta, un bosco di circa un ettaro con una grandissima quantità di alberi d’alto fusto ( alcuni giganteschi che personalmente non abbatterò mai). Cercavo di vendere della legna perchè rendeva molto bene e allora il sabato pomeriggio e la domenica mi dedicavo a fare il boscaiolo, aiutato da un mio operaio, da un amico e da mio suocero, tutte persone abbastanza esperte di boschi e di alberi .
Era il 1981 e verso il venti di marzo avevo tolto il gesso al piede fratturato. Pochi giorni di riabilitazione erano stati più che sufficienti perché non potevo permettermi di ascoltare dolori o guardare gonfiori, dovevo solo stringere i denti e andare avanti. La luna si presentava idonea al taglio degli alberi e mi rimanevano gli ultimi due sabati e domeniche per l’abbattimento, prima della chiusura del taglio, così mi dovetti incollare alla motosega senza tanti indugi. Il primo week end abbiamo lavorato solo io e Graziano, il mio dipendente. Abbiamo messo al suolo circa settecento quintali di alberi, il mio intento era quello di abbatterne circa duemila: i tronchi diritti andavano in segheria per lavoro e il rimanente come legna da ardere. Il sabato successivo erano venuti anche Mario e mio suocero Girolamo, che si dedicavano alla ramatura e all’accatastamento dei rami, mentre io e Graziano continuavamo il taglio. Ad un certo punto della mattinata , dopo che entrambi avevamo finito la miscela delle motoseghe abbiamo optato per una pausa per rifocillare lo stomaco e riposare un pò i muscoli. C’era un sole stupendo che filtrava attraverso i rami del bosco già pieni di gemme belle gonfie in fase di apertura, la temperatura era decisamente primaverile, non si sentiva un filo d’aria, anzi, lavorando sodo sudavamo avendo solo la camicia. Si udiva solamente il canto dei fringuelli e di qualche capinera, il bosco sembrava un angolo di paradiso, e mentre facevamo lo spuntino ci scambiavamo i nostri pareri inerenti a quella tranquillità che sembrava irreale .
Dopo aver trascorso una mezzora di relax, ci siamo rimessi all’opera riempiendo il serbatoio delle motoseghe, ma con grandissima sorpresa, al primo tentativo di messa in moto tutti i faggi attorno a noi hanno iniziato a muoversi in maniera molto strana, sembrava che un tornado li attorcigliasse su se stessi. Si sentiva un’atmosfera cupa. Ad un certo punto il movimento delle cime è cambiato, i rami hanno perso il movimento rotatorio, mentre sembrava che i rami si fossero animati di una nuova volontà e che cercassero di muoversi per intrecciarsi fra di loro come per darsi la mano, per tenersi come i bambini quando fanno il girotondo, sferzavano l’aria come delle piccole frustate; si udiva un sibilare continuo, come quando si agita velocemente un ramo di salice e la situazione era diventata alquanto spaventosa , ci sembrava di essere in un incubo, tutti e quattro con la testa verso l’alto a guardare attoniti quel mistero che si era sprigionato solamente attorno a noi, e non riuscivamo a capire cosa stava succedendo .
Mario è stato il primo a dimostrare la sua paura, inginocchiandosi facendo il segno della croce e mormorando alcune parole che non sono riuscito a sentire perché la portata del fenomeno era inquietante. Mio suocero che era accanto a me, mi ha messo una mano sulla spalla dicendo ”è una cosa che fa paura, mi sento il cuore in gola, qua c’è da farsela addosso”, Graziano che stava affilando la catena, dopo essersi bloccato ha semplicemente detto “non sarà mica la fine del mondo?”. Io che avevo la pelle d’oca anche lungo la spina dorsale e le mandibole inchiodate dalla tensione guardavo e pensavo: “questo potrebbe essere un duro rimprovero fatto anche con ragione” , a quel punto mi sono avvicinato ad un faggio, l’ho abbracciato, sentivo le sue vibrazioni che partivano dalle radici, le ho interpretate come paura, paura di essere tagliati forse, ma sentivo che attraverso quel tronco scorreva tanta energia, io quel faggio l’ho stretto a più non posso e poi l’ho baciato, mi sono poi girato e ho detto ad alta voce ,”da oggi il taglio è chiuso e non riaprirà più se non per pura necessità, perché anche la natura che ci circonda ha il sacrosanto diritto di vivere!”. Da li a pochi secondi tutti gli alberi avevano smesso la loro singolarissima comunicazione che ci aveva lasciati tutti quattro con il morale in fondo alle scarpe. Ne abbiamo parlato però per molto tempo, perché un caso simile deve essere per forza comunicato ad altri e l’ultimo che ha smesso di raccontarlo è stato mio suocero perché probabilmente si è reso conto che non esiste niente di impossibile. Io, per conto mio penso a qualsiasi cosa o possibilità, cerco di analizzare tutto senza farmi sfuggire niente mettendo a confronto anche le più piccole stupidaggini. Sono quindi del parere che in quel momento si sia aperta una porta o un possibile condotto di comunicazione tra la (madre) terra che io ritengo viva e il celo, o meglio il cosmo. E’ come se si fosse aperta una valvola di sfiato di una enorme pentola a pressione. Noi quattro che non so se siamo stati i fautori dell’innesco, ci siamo trovati nel bel mezzo di quell’anomalo vortice avvolti in una atmosfera da brividi, uno più inebetito dell’altro a guardare un fenomeno inspiegabile. Quell’angolo di natura è poi diventato il mio bosco “sacro” e lo paragono a molti luoghi della terra simili al mio , tipo le tombe dei giganti e i nuraghi in Sardegna, Stonehenge , le piramidi di Giza o del Messico, il Machu Picchu, Lourdes e tantissimi luoghi di energia, non, dove c’è qualcosa di misterioso e irreale che ti avvolge; e senza lasciarsi prendere dalla suggestione, basta chiudere gli occhi e respirare lentamente a pieni polmoni si può sentire anche l’aria con vibrazioni diverse e il cervello che si svuota dalle problematiche e incomincia a star bene e sorridere come stessimo viaggiando in un’altra dimensione, comunque sta sempre il fatto che quei faggi dovrebbero aver attinto l’energia da una fonte immensa ed inesauribile aumentando le loro funzione vitali in una comunicazione da brividi che rasenta l’inverosimile o l’umano.”
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