Falsità, rispondono le due multinazionali, che ovviamente hanno già scatenato i loro uffici legali per ricorrere al Tar. Più che giusto. Intanto però, e sarà solo un caso, annotiamo che le due non solo sono entrambe svizzere, ma sono addirittura in tali rapporti di consanguineità che l’una (la Novartis) controlla più di un terzo del capitale dell’altra e ne incassa dunque in proporzione i relativi proventi delle vendite. Il che, come dire?, non depone esattamente in loro favore quanto a disinteresse negli affari reciproci.
Incredibile, no?, che due aziende così importanti e così accreditate su scala mondiale si siano messe d’accordo per far sì che gli ospedali privilegiassero l’acquisto del farmaco che costava più 900 euro anziché di quello che ne costava al massimo 80. Eppure così è, assicura l’Antitrust. Con il risultato, al netto s’intende dei malati che non hanno potuto permettersi le cure, di far pagare al nostro Sistema sanitario nazionale un surplus di 45 milioni nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri, calcola sempre l’Antitrust, fino a oltre 600 milioni l’anno.
Come hanno fatto? Anche questo lo spiega l’autority: screditando il valore terapeutico del farmaco meno costoso. Sabotando le ricerche indipendenti che dimostravano l’equivalenza dei due medicinali. E completando il lavoretto con i soliti sistemi da multinazionale: un po’ di lobby sulla stampa specializzata, sulle commissioni parlamentari e sugli organismi del ministero. Nulla di nuovo per noi che l’avevamo appena detto: «Quando si hanno fatturati di 30, 40, addirittura più di 60 miliardi di dollari cioè l’equivalente di quattro finanziarie italiane (o del bilancio del Belgio, fate vobis), non è che si possa scontentare gli azionisti, e dunque andare tanto per il sottile, vi pare?».
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