Ciò che l’osservatore farà in futuro definisce ciò che accade nel passato?
Secondo il fisico John Archibald
Wheeler (premio Wolf per la Fisica nel 1997) la risposta è affermativa,
in quanto attraverso dei particolari esperimenti si può dimostrare che
“Strumenti di registrazione che operano qui ed ora hanno un ruolo
innegabile nel generare ciò che è accaduto”
Alla fine degli anni settanta del secolo
scorso uno dei più prestigiosi fisici americani, John Wheeler,
avvalendosi di uno strumento chiamato interferometro di Mach-Zehnder
(tale strumento richiama molto da vicino il funzionamento delle
apparecchiature a due fenditure viste in una delle precedenti Sezioni)
dimostrò che ci sono situazioni un cui è possibile assistere ad una
inversione dell’ordine temporale dei fenomeni.
Prima di illustrare nel dettaglio in cosa consistono gli esperimenti proposti ed eseguiti da Wheeler e collaboratori (che la comunità scientifica conosce come “esperimenti a scelta ritardata”) è bene fare alcune precisazioni sul funzionamento degli interferometri Mach-Zehnder.
La Figura 5 mostra cosa accade ad un
fotone (o a un elettrone, o a un qualsiasi microente) che entra in un
interferometro Mach-Zehnder. La prima cosa che il fotone incontra è uno
specchio semitrasparente (M): il lettore avrà
certamente visto una versione di detto specchio in alcuni film
polizieschi, nelle situazioni in cui occorreva vedere senza essere
visti. In seguito all’interazione con M il fotone ha
il 50 % di probabilità di attraversarlo (dirigendosi quindi verso lo
specchio B) oppure essere deviato (dirigendosi verso lo specchio A).
Indipendentemente dal ramo preso e della deflessione subita, il fotone
finirà la sua corsa sullo schermo S. In assenza di S il fotone impatterà sul rivelatore P1 o P2. I rivelatori sono apparecchi che registrano in modo permanente l’arrivo di particelle come fotoni, elettroni, ecc.
Si immagini ora una situazione in cui
due fotoni attraversino contemporaneamente i due rami
dell’interferometro (ovvero il ramo con lo specchio A e il ramo con lo
specchio B). Vista la componente ondulatoria associata ai fotoni
accadrà che l’incontro degli stessi in S produrrà una tipica situazione di interferenza.
A questo punto le leggi dell’ottica (e
del buon senso) ci dicono che tale interferenza può aversi soltanto nel
caso in cui entrambi i rami dell’interferometro siano attraversati da un
fotone. Nell’evenienza in cui un solo fotone stia interessando
l’interferometro, avendosi un solo fronte d’onda nessuna interferenza in
S può prodursi. Invece, come negli esperimenti a due fenditure, anche inviando un solo fotone per volta, sullo schermo S
si producono gli esiti di una interferenza. La spiegazione in chiave
quantistica di questo fenomeno (come per i test a due fenditure) è che
il fotone, dopo aver attraversato lo specchio M, si
“divide in due”, percorre contemporaneamente entrambi i rami
dell’interferometro, autointeragisce con sé stesso e, infine, giunto in S,
manifesta gli effetti dell’interferenza costruttiva o distruttiva.
Questa situazione, seppur estremamente semplificata (per varie ragioni
non si è tenuto conto dei ritardi che un fotone accumula interagendo
con gli specchi A e B), è quella che si produce eseguendo esperimenti
con un solo fotone che si muove all’interno di un interferometro
Mach-Zehnder.
Ritorniamo ora a Wheeler e ai suoi
test. Gli esperimenti proposti e condotti dal fisico americano si
incentrano sulla possibilità che lo schermo S possa venire rimosso immediatamente dopo che il fotone ha interagito con lo specchio M. Compiendo questa operazione i fatti dimostrano che il fotone viene registrato dal rivelatore P1 oP2, manifestando, il fotone stesso, un comportamento specificamente corpuscolare.
Schematizzando quindi:
1) Togliendo S dopo che il fotone ha interagito con M, avremo un comportamento CORPUSCOLARE: il fotone viene registrato dal rivelatore P1 o dal rivelatore P2.
2) Lasciando S dopo che il fotone ha interagito con M, avremo un comportamento ONDULATORIO: su S infatti si avrà l’interferenza distruttiva o costruttiva tipica dell’aspetto ondulatorio della materia.
A questo punto però, Wheeler fa notare
che si è verificato qualcosa di molto strano. Infatti la realtà
ondulatoria o corpuscolare deve venire assunta dal fotone (così come da
qualsiasi altro microente) non a livello di S, P1 o P2, ma nel momento in cui esso interagisce con lo specchio M.
E’ al livello dello specchio semitrasparente che avviene materialmente
l’atto di osservazione, che avviene la risoluzione dallo stato di
sovrapposizione, assumendo, il fotone, le proprietà di ente con
caratteristiche “ondulatorie” o “corpuscolari”. Se però il fotone che ha interagito con M e con lo schermo S in posizione (ovvero davanti ai rivelatori), alla fine della sua corsa arriva come ente ondulatorio in prossimità S
e non trova questo schermo, non può fare altro che svanire nel “nulla”,
attraversando i rivelatori. Quando un’onda incontra un rivelatore di
particelle, infatti, non viene da questo registrata, lo attraversa e
basta! Come fanno allora i rivelatori a registrare il fotone come
corpuscolo se dopo l’interazione con lo specchio semitrasparente questo
aveva assunto le caratteristiche di onda? La spiegazione che Wheeler
da di questi fatti è che la presenza o meno dello schermo S dopo che il fotone ha interagito con M produce
un effetto nel passato, “forzando” il fotone a cambiare il suo stato.
Praticamente la scelta (nel futuro) di lasciare o meno S, condiziona il modo di propagarsi (nel passato) del fotone.
Per meglio comprendere quanto appena illustrato vediamo cosa scrive lo stesso Wheeler riguardo il significato da dare agli esperimenti a scelta ritardata:
“Strumenti di registrazione che operano qui ed ora hanno un ruolo innegabile nel generare ciò che è accaduto […]. La Fisica Quantistica dimostra che ciò che l’osservatore farà in futuro definisce ciò che accade nel passato”
E ancora nell’intervento intitolato “Esperimenti a scelta ritardata e dialogo Bohr-Einstein”,
tenuto a Londra alla riunione congiunta della Società Americana di
Filosofia e della Società Reale inglese (1980), Wheeler afferma:
“E’ sbagliato pensare al passato
come già esistente in ogni dettaglio, Il passato è teoria. Il passato
non ha esistenza tranne che per l’essere registrato nel presente […]
Ciò che abbiamo il diritto di dire circa lo spazio-tempo passato, e
circa gli eventi passati, è deciso da scelte – di quali misure
effettuare – compiute nel passato recente e nel presente. I fenomeni
resi esistenti da queste decisioni si estendono all’indietro nel tempo
nelle loro conseguenze […]. Strumenti di registrazione che
operano qui ed ora hanno un ruolo innegabile nel generare ciò che appare
essere accaduto. Per quanto utile possa essere nella vita di ogni
giorno il dire «il mondo esiste la fuori indipendentemente da noi»,
questo punto di vista non può più essere mantenuto. C’è uno strano senso
in cui il nostro è un universo partecipato …”
Prof. Tiziano Cantalupi
quantistica.orgfonte
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