Scienza
La pellicola contiene la più
accurata rappresentazione scientifica di un buco nero. Nell’opera è
stato battezzato Gargantua ed è il prodotto del lavoro 30 persone e
centinaia di computer. Dietro questo risultato ci sono infatti le
equazioni di uno dei principali esperti di Relatività Generale Kip
Thorne
di Davide Patitucci | 3 novembre 2014
Scienza e fantascienza sono sempre andate
d’accordo. A volte è il mondo della ricerca a ispirare l’industria dei
sogni. In altri casi è il
cinema a diventare scienza e svelare aspetti sconosciuti della
Natura. Come in
Interstellar, l’ultima attesa opera di
Christopher Nolan, l’autore che ha già firmato altre pellicole di successo come
Memento,
Inception e la trilogia di
Batman.
Il film sbarca, è proprio il caso di dirlo, nelle sale italiane il 6
novembre, e contiene la più accurata rappresentazione scientifica mai
realizzata di un
buco nero. Nell’opera è stato battezzato
Gargantua
– come il gigante protagonista di una serie di romanzi del Cinquecento –
ruota a velocità prossime a quella della luce ed è il prodotto di un
anno di lavoro di un team di 30 persone e centinaia di computer. Dietro
questo risultato c’è, però, la mano, anzi le
equazioni, di uno dei principali esperti di
Relatività Generale – di cui il prossimo anno si celebra il centenario -,
Kip Thorne.
“Interstellar è un film in cui la scienza è integrata sin dalle prime
fasi della sua realizzazione”, sottolinea l’astrofisico americano, che
dell’opera è anche produttore esecutivo.
Il film nasce da una sua idea. Ed è a partire dalle sue
equazioni sulla geometria dell’universo che gli esperti di
computer grafica
ed effetti speciali hanno realizzato un’accurata rappresentazione di un
buco nero, e del modo in cui questo mostro cosmico distorce lo
spaziotempo circostante con il suo
abbraccio gravitazionale,
compreso il disco di materiale che inesorabilmente vi precipita dentro.
Il risultato è una elaborazione diversa da quelle con cui gli
scienziati erano abituati a confrontarsi. Niente disco che ricorda gli
anelli di Saturno, ma una struttura simile a un enorme imbuto, con un occhio nero al centro,
che disegna arcobaleni di luce e materia. Thorne
ne è subito entusiasta. “Studio da anni i buchi neri, ma poterli in
qualche modo osservare è completamente diverso. È la prima volta –
sottolinea lo scienziato – che in una
pellicola di Hollywood
la descrizione di un buco nero parte dalle equazioni di Einstein. E il
risultato rappresenta bene il modo in cui pensiamo che la Natura si
comporti. Per questo, abbiamo intenzione di scrivere
due articoli scientifici,
il primo rivolto alla comunità degli astrofisici e il secondo a quella
degli esperti di computer grafica. Con questa simulazione realizzata per
il film – spiega Thorne – abbiamo, infatti,
scoperto alcuni aspetti legati agli
effetti gravitazionali dei buchi neri in rapida rotazione di cui finora non eravamo a conoscenza”.
L’industria del cinema ha, quindi, anticipato la scienza. “Gli autori
del film, avendo a disposizione computer molto potenti e risorse che le
università spesso non possiedono, sono riusciti a ottenere un modello
di buco nero molto realistico – spiega
Amedeo Balbi,
astrofisico dell’Università di Roma Tor Vergata e divulgatore -. Non si
tratta, infatti, di un cartone animato, di una semplice interpretazione
artistica, ma di un risultato dietro il quale c’è
la fisica di Einstein e il lavoro di uno dei maggiori conoscitori della sua teoria sull’universo”.
Annunciato come un nuovo
2001 Odissea nello spazio,
Interstellar ha un cast formato da una piccola galassia di star di Hollywood, dal protagonista
Matthew McConaughey a
Michael Caine,
Jessica Chastain e
Anne Hathaway. Costato 160 milioni di dollari, è stato girato tra lo stato dell’Alberta, in
Canada, e l’
Islanda.
La storia è ambientata in un imprecisato futuro nel quale, a causa dei
mutamenti climatici, le scorte alimentari sulla Terra iniziano a
scarseggiare. Un gruppo di scienziati organizza allora una spedizione
interstellare, alla ricerca di nuovi possibili mondi in cui trovare
luoghi adatti per le coltivazioni. L’unico modo per raggiungere i più
lontani recessi del cosmo è, però, attraversare dei bizzarri tunnel
spaziotemporali, i cosiddetti wormhole. Ma cosa sono questi passaggi
segreti al confine tra scienza e fantascienza? “Un
wormhole, tecnicamente noto come
ponte di Einstein-Rosen
– chiarisce Balbi – è una specie di buco nello spaziotempo, che mette
in comunicazione due punti molto distanti dell’universo attraverso una
scorciatoia. Si tratta di
soluzioni matematiche delle equazioni di Einstein che non violano alcun principio fisico”.
Ipotizzati sin dagli anni ’30, a dar loro una precisa cornice
scientifica è proprio Kip Thorne. E ancora una volta c’è di mezzo un
film. Siamo nel 1985 e
Carl Sagan, astronomo e noto divulgatore scientifico, sta scrivendo il romanzo
Contact, da cui verrà poi realizzata una pellicola di successo interpretata da
Jodie Foster e lo stesso protagonista di Interstellar Matthew McConaughey.
“Sagan ha bisogno di un modo realistico per far
viaggiare la protagonista da una parte all’altra dello spaziotempo
– racconta Balbi -. Pensa, così, di farla precipitare in un buco nero,
per poi risbucare in un altro punto dell’universo. Ma non è sicuro che
la cosa possa funzionare. Decide, allora, di chiamare il suo amico e
collega Thorne, che legge il manoscritto e si accorge subito che il
meccanismo ideato da Sagan non può funzionare. Qualsiasi cosa entri in
un buco nero, infatti, fa una brutta fine – spiega l’astrofisico
italiano -. Nasce, così, l’idea del wormhole. Si tratta, però, di
ricerche puramente teoriche,
che non hanno alcuna possibilità di essere realizzate. Anche ammesso
che si apra, un wormhole sarebbe, infatti, instabile e si richiuderebbe
in un lasso di tempo brevissimo. Per poterne sfruttare le potenzialità –
aggiunge lo studioso – ci vorrebbe ad esempio una civiltà molto più
avanzata della nostra”.
Allora perché è importante studiarli? “Una delle ragioni – spiega Balbi – è che
permettono di esplorare i limiti della Relatività Generale.
Negli ultimi anni, però, l’interesse scientifico per queste strane
soluzioni delle equazioni di Einstein è aumentato, anziché diminuire,
perché – conclude lo scienziato – legato agli studi sulla cosiddetta
energia oscura, sulla cui natura non sappiamo granché, ma che permea il 70% del cosmo e dà ragione fisica alla teoria secondo cui l’
espansione dell’universo sta accelerando”.
Il trailer
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