Per prestare qualcosa a qualcuno e chiedere indietro i corrispettivi interessi bisogna essere i proprietari della moneta. Ecco: la banca si appropria di questo valore indotto della moneta nel momento stesso dell’emissione. In teoria però una valuta viene decisa quando viene convenzionalmente accettata, non quando viene emessa.
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Partiamo dalle ultime
(non) affermazioni. Anche dopo le elezioni europee del 25 maggio il dato
da rilevare è che nessun politico di qualsiasi schieramento ha
dichiarato di voler aumentare i deficit. Avete capito benissimo: ci si
può indebitare e non tenere in ordine i conti pubblici. L’attuale
premier italiano qualche giorno fa ha poi aggiunto che vi è assoluta
necessità di riportare la crescita economica, come se il problema non
fosse il sistema europeo in sè, ma semplicemente la politica di
austerità la quale in realtà non è una politica, bensì una norma.
Andiamo però con ordine. Riavvolgiamo il nastro: a partire dal 1971
viene annunciata la non convertibilità del dollaro in oro, questo per
generare maggiori commerci, più scambi, pompando il ciclo economico di
derivati e di ricchezza creata dal nulla. Ora questo è stato realizzato
per salvaguardare da parte del duo Nixon-Kissinger un’ America in
declino e un Occidente che a seguito della decolonizzazione non deteneva
più le materie prime in modo diretto e gratis. Il risultato è stato
naturalmente una più elevata espansione dei consumi, e al tempo stesso
un più ampio margine di manovra per le banche, culminato con il
progressivo ripudio del Glass-Steagall Act, la gloriosa legge bancaria
del 1933 che servì a combattere la grande depressione del 1929, abrogata
appunto dal presidente Clinton.
Continuiamo a riavvolgere il nastro. Nel
1944 con Bretton Woods, tra le due guerre e anche quando vi era ancora
l’egemonia britannica il sistema dei pagamenti aveva un bilanciamento:
il circolante era pari alla riserva valutaria. Andiamo ancora un po’ più
indietro nel tempo. La moneta non esisteva proprio, al suo posto vi era
il baratto vale a dire merci scambiate con altre merci. Infatti le
società antiche e precristiane ripudiavano la moneta. Aristotele nella
sua Politica aveva perfettamente definito la misura del valore
della moneta. Aristotele che sta all’antichità come Keynes alla
modernità differenzia l’attività economica da quella crematistica. Cosa
vuol dire? La moneta agisce come intermediario per quanto riguarda gli
scambi e al tempo stesso ha uno scopo “ speculativo” (il denaro per
altro denaro) nella forma di capitale monetario, vale a dire
nell’accumulazione monetaria. In pratica già il celebre filosofo greco
distingueva il capitale reale dal capitale monetario: se il guadagno non
coincide con quello che è l’accumulazione di capitale vale a dire di
ricchezza fisica, ma si guadagna attraverso la detenzione di altra
moneta l’introito che da esso si ricava viene definito usura
Perché si fa questa distinzione, tra
capitale reale e capitale monetario? La risposta è che il primo ha
valore di bene o meglio di uso, il secondo ha soltanto un valore di
scambio. Il valore che noi diamo all’unità monetaria è funzionale allo
scambio ed è anche normale che sia così: miliardi di persone devono
scambiare, pagare, commerciare ogni giorno e per semplificarsi la vita
usano un’unità di misura: la moneta. Come si è detto passando dal cambio
fisso al cambio fluttuante la valuta acquisisce un valore nominale, a
questo punto abbiamo più circolante rispetto a beni reali
Ora sorge però un altro problema: chi
mette in circolo questa moneta? (atto di emissione) La risposta è
semplice, vale a dire una banca. A questo punto occorre distinguere due
momenti fondamentali e non interscambiabili tra loro: l’atto di
emissione e l’atto di accettazione. E qui entra in gioco la proprietà
della moneta. Le banche prestano soldi e i soldi – nel nostro sistema –
vanno agli stati. Ma per prestare qualcosa a qualcuno e chiedere
indietro i corrispettivi interessi bisogna essere i proprietari della
moneta. Ecco: la banca si appropria di questo valore indotto della
moneta nel momento stesso dell’emissione. In teoria però una valuta
viene decisa quando viene convenzionalmente accettata non quando viene
emessa, vi è quindi un salto temporale tra le due fasi
Torniamo all’inizio. Bisognerebbe alzare
i deficit. Perché? Prendiamo una banca qualsiasi. La banca presta dei
soldi, per contro alla fine dell’anno chiede un interesse alla persona,
all’impresa, in tempi più recenti anche agli stati e così via. A questo
punto sorge spontanea una domanda: se la banca presta dei soldi, ma la
massa monetaria rimane quella del prestito dove si va a prendere quell’
eccedenza di soldi i quali servono per pagare l’interesse che la stessa
banca ci chiede? A questo punto la banca emette altro circolante con il
quale la persona ( l’impresa, lo stato ecc.) estingue il suo interesse,
però così facendo la banca genera altri interessi; e si entra in un
circolo vizioso poiché il debito generato andrà sempre di pari passo al
quantitativo emesso dalla banca. Ne deriva che seguendo questo
ragionamento l’atto di emissione è in sé il momento stesso dell’usura
perché più la massa monetaria cresce più elevato sarà l’interesse. Massa
monetaria che oltretutto con il cambio flessibile perdendo qualsiasi
valore intrinseco concede maggiori spazi di manovra a chi la emette.
Quindi diventa ancora più importante la fase dell’accettazione della
valuta da parte di chi la utilizza
Ora è chiaro perché si può andare in
deficit in modo tale da decidere la spesa pubblica e i futuri
investimenti: il concetto di debito monetario non esiste. E’ vacuo
quanto l’atto di emissione della valuta. Perché siamo noi ad accettare
convenzionalmente quella valuta. E dovrebbe essere lo stato-
nell’accezione alta del termine- a garantirla. Magari per l’appunto
tassando la moneta. In questo modo si salverebbe il mondo da
quell’ideologia neo-liberale e da quella storica e pur comprensibile
paura tedesca (purtroppo sempre attuale) che vede nell’inflazione e non
nei posti di lavoro l’origine di ogni male.
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