«Cambiare le norme, ma in senso restrittivo: altrimenti il segnale è negativo»
PADOVA. Sbeffeggiati,
derisi, umiliati da una criminalità sempre più beffarda e spavalda. Non
solo il criminale professionista – «Quello ha in fondo un codice
d’onore: rispetta la divisa, riconosce che davanti trova un avversario»
raccontano gli inquirenti dai capelli grigi – ma soprattutto i giovani
pusher, le bande di ragazzini, i predoni di pochi spiccioli. «Quelli
proprio non ti badano: tanto fa loro spararti in pancia come sputarti
addosso» dicono poliziotti e carabinieri. Lo sconforto, insomma, si
unisce e mescola alla rabbia di un’impotenza profonda e senza risposta».Mirco Pesavento è il segretario del Sindacato autonomo di Polizia di Padova: «C’è uno svilimento del ruolo delle forze dell’ordine molto profondo e pericoloso – spiega –: siamo delegittimati nel nostro lavoro di prevenzione e repressione dei reati, perché ci troviamo molto spesso con gli autori dei delitti rilasciati ancor prima di completare le procedure di fermo o di arresto. E questo è inaccettabile». Secondo Pesavento le ragioni risiedono soprattutto nell’atteggiamento permissivo dei magistrati che convalidano l’arresto ma nove volte su dieci ne dispongono la scarcerazione immediata: «Sanno che le nostre carceri, purtroppo, sono sovraffollate e probabilmente non vogliono peggiorare la situazione – aggiunge Pesavento – ma certamente questo provoca delle conseguenze negative sul nostro agire». Qualche mese fa, racconta il segretario del Sap, due colleghi delle Volanti sono stati picchiati da un tunisino andato in escandescenze: «Uno dei due colleghi, nella collutazione, ha subito la frattura del polso: il tunisino è stato processato per direttissima, condannato, e rilasciato. Il collega ha avuto venti giorni di prognosi. Ma si può?»
Non meno sconfortato è Gianni Pitzianti, padovano e segretario nazionale del Cocer, il sindacato militare dei carabinieri: «Noi ce la mettiamo tutta a fermare gli autori di reati ma è davvero difficile quando vediamo poi cosa succede davanti ai magistrati. Capisco anche loro, per carità: c’è un’evidente falla nel sistema normativo che, per una larga serie di reati cosiddetti minori, non dispone la carcerazione obbligatoria. Ma dobbiamo essere coscienti che questo provoca due effetti negativi: sull’opinione pubblica, che percepisce una diminuzione del senso di giustizia; e sulle forze dell’ordine, che rischiano di vedere vanificati il loro impegno nella repressione del crimine». Entrambi i rappresentanti delle forze dell’ordine auspicano una revisione del sistema normativo, ma in senso restrittivo.
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