Ci siamo. Il microchip R-fid è sbarcato nella scuola italiana. In una scuola di Cles (un piccolo comune in provincia di Trento) è stato introdotto per il controllo degli ingressi degli studenti, per monitorare i ritardi. Per ora il microchip NON è impiantato sottopelle, ma la direzione intrapresa è inequivocabile. Già da un paio d'anni negli Stati Uniti molte scuole hanno introdotto il microchip R-Fid, sanzionando chi lo rifiuta.
Staff nocensura.com
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Di seguito l'articolo de ladige.it
Non
solo astuccio, quaderni e libri. Quest'anno l'occorrente da mettere
nello zainetto per la scuola si è arricchito di un nuovo elemento: il microchip. ACles, le presidi degli istituti superiori «Russell» e «Pilati» hanno dotato ogni studente di un tag adesivo applicato sul libretto delle assenze, che consente larilevazione elettronica dei ritardi. Una rivoluzione digitale legata all'adozione del nuovo registro elettronico.
Il microchip viene intercettato da
rilevatori appositamente installati agli ingressi del polo scolastico,
per segnalare le presenze al passaggio dei ragazzi. La novità non è
certo passata inosservata, tanto da diventare tema di dibattito nel
corso di una recente assemblea d'istituto
al liceo Russell convocata per l'elezione dei rappresentanti. In
passato, i ritardi venivano rilevati attraverso un codice a barre
stampato sul libretto, e ora qualche ragazzo non riesce proprio a
tollerare l'adozione dei trasmettitori elettronici.
«Chissà cosa ci aspetterà il prossimo anno - si è chiesto un giovane davanti ai compagni di scuola -. Forse il microchip sarà impiantato sottopelle, oppure assegneranno a ognuno di noi un braccialetto elettronico o un radiocollare come per gli orsi indisciplinati». Altri studenti hanno lamentato di non essere stati coinvolti nella decisione di acquistare i chip.
La raccomandazione della dirigente dell'Itcg Pilati Alessandra Pasini, nella comunicazione di inizio anno scolastico, è di custodire con cura il libretto personale (e dunque il microchip che contiene). Chi dovesse danneggiarlo o smarrirlo, sarà tenuto ad acquistarne uno nuovo al prezzo di 20 euro. Ma i contestati rilevatori di presenza sono davvero così costosi? «Macché - risponde la dirigente Pasini -, la scuola ha speso meno di un euro per ognuno. L'obbligo di riacquisto serve a responsabilizzare gli studenti, alle cui famiglie peraltro non viene richiesto alcun contributo per frequentare i vari laboratori di chimica, informatica, elettronica e meccanica. Altrove non funziona così, ma la nostra è un'organizzazione efficace nonostante la sua complessità».
La dirigente riferisce, dunque, di non aver avvertito malumori tra i suoi 760 studenti in merito all'adozione dei nuovi dispositivi: «Non sono invasivi della libertà della persona e rilevano soltanto l'orario di ingresso a scuola. In questo modo si facilita il lavoro dei nostri 119 insegnanti nel fare l'appello e compilare il registro, perché credo che le loro energie vadano convogliate in ciò che realmente conta».
Al liceo Russell, la dirigente Tiziana Rossi ammette che i microchip hanno creato qualche malcontento. «Ho già avuto qualche colloquio con i nuovi rappresentanti d'istituto, che mi hanno espresso le loro perplessità - riferisce la preside -. Questa tecnologia non va demonizzata, e garantisco che da parte della scuola non c'è alcuna volontà di controllo. Il tag adesivo garantisce certezza sul dato rilevato, nell'interesse degli studenti ai fini del voto in condotta». Chi diserta un quarto delle lezioni, infatti, non viene neppure ammesso alla valutazione finale.
«Sarebbe complesso contabilizzare le ore perse attingendo ai dati dei registri cartacei, mentre i microchip garantiscono la certezza dell'orario rilevato, e questo è un elemento di interesse per i nostri 1.080 studenti - conclude la dirigente del Russell -. Il registro elettronico è un nuovo modo di comunicare con le famiglie e chiederemo proprio il supporto dei ragazzi per la formazione degli adulti nell'approccio a questa tecnologia».
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