mercoledì 1 ottobre 2014, 12:17 di
F.F.
I flare/brillamenti
consistono in violente eruzioni di materia da una stella
che sprigionano un’energia equivalente a varie decine di milioni di
bombe atomiche: la radiazione emessa da questi fenomeni dal nostro Sole
può rappresentare un pericolo per i veicoli spaziali in orbita, e può
interferire (in modo più o meno significativo) con le comunicazioni
radio sulla Terra.
La NASA ha scoperto qualcosa di davvero sorprendente: la più pericolosa, violenta, incandescente, e lunga sequenza di flare mai rilevata da una vicina nana rossa. L’esplosione iniziale della serie è stata quantificata come 10.000 volte più potente del più forte flare solare mai registrato.
“Ritenevamo
che i maggiori eventi delle nane rosse durassero non più di un giorno,
ma Swift ha rilevato almeno 7 potenti esplosioni durante un periodo di
due settimane,” dichiara Stephen Drake, astrofisico al Goddard Space Flight Center NASA. “E’ stato un evento molto complesso.” Al suo apice, il flare ha raggiunto temperature di 200 milioni di gradi Celsius, oltre 12 volte più incandescente del centro del Sole. Il “superflare” è avvenuto su una delle due stelle di un sistema binario detto DG Canum Venaticorum (DG CVn),
a 60 anni luce da noi. Entrambe le stelle sono nane rosse con masse e
dimensioni pari a circa un terzo del nostro Sole. Orbitano intorno ad
un’altra stella a circa tre volte la distanza media tra Terra e Sole,
quindi troppo vicine perché Swift possa determinare quale delle due ha
effettivamente emesso i flare.
“Questo sistema è poco studiato perché non era nella lista di stelle in grado di produrre brillamenti“, dichiara Rachel Osten,
dello Space Telescope Science Institute, scienziato del progetto James
Webb Space Telescope NASA. Secondo gli astronomi DG CVn sarebbe nata
circa 30 milioni di anni fa, cioè ha meno dello 0,7% dell’età del nostro
Sistema Solare ma i meccanismi che innescano i brillamenti sono gli
stessi che avvengono nel Sole.
Intorno alle regioni attive
dell’atmosfera della stella, i campi magnetici diventano distorti,
accumulando energia. Alla fine, avviene un processo chiamato “riconnessione magnetica“,
per cui i campi si destabilizzano con un rilascio esplosivo
dell’energia accumulata, producendo i flare. L’esplosione emette
radiazioni che vanno dalle onde radio al visibile, dall’ultravioletto ai
raggi X. E’ stato alle 09:07 UTC del 23 aprile scorso che un’ondata di
raggi X proveniente da DG CVn ha innescato il Burst Alert Telescope
(BAT) a bordo di Swift. “Per circa tre minuti la luminosità dei
raggi X del superflare era superiore alla luminosità di entrambe le
stelle in tutte le lunghezze d’onda in condizioni normali,” dichiara Adam Kowalski del Goddard Space Flight Center NASA. “I flares da nane rosse grandi come queste sono estremamente rari.“
I brillamenti solari sono classificati in base alla loro emissioni di raggi X: i più potenti sono detti di classe X. “Il più intenso mai visto si è verificato a novembre 2003 ed è stato classificato come X 45“, spiega Drake. “Il
flare su DG CVn, se visto da un pianeta alla stessa distanza della
Terra rispetto al Sole, sarebbe stato circa 10.000 volte più grande di
questo, con una classificazione di circa X 100.000.”
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