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domenica 14 dicembre 2014

Linguaggio dei denti - Perchè fanno male e si cariano

linguaggio denti

Estelle Vereeck ha un approccio rigoroso al linguaggio dei denti basato sulla simbologia.
Preferisce non utilizzare il termine decodificazione dei denti, poiché il suo lavoro non si basa sulla decodificazione biologica, ma su un approccio tipicamente individuale.
Inoltre, lei non dà consultazioni e quindi non fa decodificazione propriamente detta, che consiste nel decifrare il caso di una certa persona avendola di fronte.
Nel suo lavoro, lei ricerca le cause, le leggi ed il fondamento, applicabile in seguito per tutti, nel proprio caso personale o per altri casi se si tratta di un professionista.

UN APPROCCIO OLISTICO E SCIENTIFICO

Estelle Vereeck offre un lavoro differente e complementare a quello energetico, alla decodificazione biologica dei denti, alla psico-genealogia, poiché il suo lavoro può servire di base a questi differenti approcci.
La sua visione è olistica e non di parte.
Si fonda sulla biologia umana, sull’embriologia, sull’ontologia, l’anatomia comparata e l’evoluzione.

TRA L’UOMO E L’ANIMALE NON C’E’ PARAGONE!

E. Vereeck attira l’attenzione sull’importanza di non fondarsi principalmente sulla biologia animale, molto differente dalla nostra.
Lei spiega molto bene fino a che punto la differenza importante nel suo libro “I DENTI TEMPIO DELL’ANIMA”.
Per riassumere: l’animale si situa nell’orizzontale, in quello che lei chiama la “rotaia” animale, per quanto riguarda l’uomo, invece, è un essere verticale nato o che sta per nascere alla Dimensione della coscienza.

RESTIAMO RAGIONEVOLI, LA MATERIA HA I SUOI LIMITI

Lei considera che il suo approccio, può aiutare in modo complementare altri approcci ed in  particolare può accompagnare la diagnosi del dentista e le cure mediche.
Afferma anche che la sola presa di coscienza non può risolvere tutto (leggere a questo soggetto gli avvertimenti pubblicati).
Decodificare il linguaggio dei denti per curarli meglio
Decodificazione della simbologia dei denti: il senso dei nostri denti
Comprendere il senso dei nostri problemi ai denti
Decodificazione della simbologia dei denti, il senso sacro dei denti

DECODIFICAZIONE SIMBOLICA DEI DENTI: IL SENSO DEI NOSTRI DENTI.

Come il resto del nostro corpo, i nostri denti traducono il nostro stato d’animo.
Ogni malattia esprime una sofferenza psichica.
Se i dolori del corpo sono le parole dell’anima, quelli dei denti lo sono ancora di più.
La bocca è la porta d’entrata alle nostre profondità.
L’impianto dei nostri denti alla frontiera tra esterno ed interno ne fanno lo specchio privilegiato del nostro vissuto; in più, essi si trovano nella zona devoluta alla parola, la bocca.
La bocca, è la zona del corpo che parla di più!
Oltre a masticare, i denti servono anche e soprattutto all’espressione verbale, offrendo dei punti d’appoggio alla lingua essi permettono di produrre dei suoni articolati, capacità propria all’essere umano.
L’uomo si esprime con le parole, mentre invece l’animale non sa che gridare.
Socrate diceva: “le parole devono superare la barriera dei denti”.
Quando non  osiamo pronunciarle, le parole che non possono superare questa barriera, si trasformano in male … ai denti!
Così ogni attacco ai denti (carie, piorrea, mal occlusione …) sono l’espressione di una carica emozionale che non ha potuto essere liberata con la parola.
In qualche modo il dente “parla” al nostro posto .
I denti sono per il corpo ciò che il cruscotto è per una macchina.
Il dente che si deteriora, che emette un segnale doloroso o pone problemi è soprattutto un segnale d’allerta che il corpo invia, una lampadina rossa si accende sul nostro cruscotto per avvertirci: “attenzione, c’è un campanello d’allarme che suona in un dominio della tua vita, un’emozione che non esprimi, un’azione che rifiuti di fare, ecc.”.
Non è sicuramente il caso di negare il ruolo dello zucchero e dei batteri nel fenomeno della carie e dei problemi quali la parodontite o un ascesso, ma di metterli in prospettiva ai fattori psicologici.
Se lo zucchero, degradato in acidi dai batteri della flora orale, contribuisce alla formazione di una carie, questo non è il solo fattore.
L’equazione zucchero = carie non funziona.
Altrimenti come spiegare che certe persone dall’igiene deplorevole non sviluppano mai carie e che altri, al contrario  meticolosi, vedono i loro denti deteriorarsi?
Come spiegare, ancora, che le carie toccano selettivamente certi denti e risparmiano miracolosamente gli altri, con i quali sono pertanto in contatto?
Zucchero e batteri, possono agire solo su un terreno predisposto.
E’ qui, che entra in gioco lo psichismo e il vissuto personale.
I problemi ai denti, sono i testimoni di una sofferenza psichica che si esprime in maniera preferenziale attraverso alcuni denti.
Tuttavia,  al contrario, l’assenza di problemi ai denti non significa che la persona non ha alcun problema psicologico; questo significa semplicemente che essa non li esprime attraverso questa parte del corpo.
Il male ai denti viene alle persone che hanno il desiderio esagerato di dare delle parole alla loro sofferenza.
E’ il bisogno viscerale di parlare, di verbalizzare che fa la differenza tra la persona che sviluppa problemi ai denti a ripetizione (con l’esclusione di altre malattie) e quelle che non hanno particolari problemi ai denti  ma soffrono di malattie organiche (fegato, stomaco … ecc.).

Come comprendere il linguaggio del dente che si deteriora?

La specificità della bocca è di offrire una diversità di forme senza equivalenti.
Noi disponiamo di 32 denti, ma abbiamo un solo stomaco, due polmoni, ecc. .
Con i vari attacchi possibili (carie, scollamento della gengiva, fratture ecc. ) senza parlare di tutte le altre anomalie (agenesie, denti mal impiantati, oppure in numero superiore ecc.) danno a questo linguaggio la sua eccezionale ricchezza e la sua notevole precisione.
Le possibilità sono infinite, non ci sono due bocche che si assomigliano; come il viso o le nostre impronte digitali, la bocca dimostra la nostra singolarità.
Ogni dente (premolare, canino ecc.) ci rilascia un messaggio particolare.

Come riconoscere il senso specifico di ogni dente?

Osservare i 32 denti, sculture viventi che abitano la nostra bocca, è la chiave che accede (o dona accesso) al loro senso.
Non ci sono due denti esattamente uguali, ognuno è unico nella sua morfologia, nella zona in cui è impiantato e il momento in cui fa la sua eruzione.
Ogni dente, ha la sua funzione meccanica specifica che riflette il suo ruolo ad un livello più sottile.
È così che ogni dente esprime una parte di noi, rappresenta un dominio della nostra vita, una qualità, una sfaccettatura della nostra personalità.
I molari ad esempio, larghi e massicci, assicurano da soli l’essenziale della masticazione; sono loro che principalmente ci nutrono, sicuramente materialmente , ma anche su altri piani: affettivo, morale, professionale, spirituale.
I molari hanno anche loro un ruolo importante di unione delle mascelle.
Essi stabiliscono l’edificio, che è la dentatura, e sono i garanti della verticalità della postura.
Sono i piloni principali dell’edificio esteriore (la dentatura) e interiore (la personalità).
Perdere i propri molari è segno che perdiamo il nostro ancoraggio, come si dice: si perde piede.
E’ precisamente quello che ha vissuto una donna alla quale i molari si sono deteriorati, gli uni dopo gli altri, tutto questo nell’anno successivo al suo trasloco.
Il suo corpo esprime il suo disagio di fronte alla sua incapacità a trovare una nuova stabilità; non è più la sua casa, il suo quartiere, la sua regione, questa donna non riconosce più niente.
Si sente in terra straniera, il deterioramento dei suoi molari, traduce l’angoscia di perdere i suoi riferimenti familiari.
I primi molari sono i nostri sostegni fondamentali: primi denti adulti fanno la loro eruzione all’età di sei anni; purtroppo i primi molari figurano tra i denti più toccati dalla carie, compresi i bambini.
Portano la traccia delle nostre carenze (affettive, educative, ecc.), le più precoci.
Il terzo molare, più conosciuto con il nome di Dente del giudizio,  purtroppo è quasi sistematicamente estratto ancora ai giorni nostri, essi non sono meno importanti degli altri molari.
I denti del giudizio sono gli ultimi a fare la loro eruzione, vengono a chiudere l’entrata nell’età adulta.
Escono intorno ai diciotto anni, spesso con difficoltà poiché non è facile lasciare i genitori per assumersi pienamente le proprie responsabilità.
Per caso, gli incidenti di eruzione (infiammazione, dolore, guancia che si gonfia …), sopraggiungono spesso nel periodo degli esami.
Se lo stress del diploma è giustificato, la vera causa del problema di eruzione è soprattutto lo stress legato alla prospettiva di lasciare la propria casa per andare a studiare, per esempio, in un’altra città.
La domanda posta fra le righe è:“Sarò capace di sbrigarmela da solo?”
Poco visibili i molari sono vittime della loro discrezione, li si ignora sino a quando il dolore o la posizione ci obbliga a farli curare.
Sono spesso riparati a prezzo modico, ma quando vengono a mancare si tende a non sostituirli  stimando che “non è importante dato che non si vedono”.
Pertanto i molari sono denti fondamentali, senza di loro  tutta la costruzione crolla.
Bisognerebbe curarli in priorità consacrandogli tutto il tempo e il budget necessario.
All’opposto in piena luce i denti anteriori attirano tutti gli sguardi; è a livello dei denti del sorriso che ci si mostra, che entriamo in relazione con il mondo.
Questi denti sono molto valorizzati nella nostra società, che dà la priorità all’immagine.
Nel nome dell’apparenza e del sacro santo “look” sono spesso sacrificati, mutilati in modo irreversibile attraverso dei provvedimenti barbari quali lo sbiancamento, la posa di faccette o corone in porcellana per renderli più belli, più bianchi, più diritti.
I denti del sorriso riflettono la nostra personalità e se essi non sono perfettamente bianchi o perfettamente allineati, è perché ognuno di noi è differente.
Sbiancando o ricoprendoli, è la propria personalità che si tenta di mascherare; cerchiamo di entrare nella massa standard imposta dalla moda.
Contemporaneamente alla vitalità ed alla integrità di questi denti perdiamo anche un po’ della nostra anima e della nostra autenticità.
Tenere conto del modo in cui un dente si guasta, ci permette di andare più lontano nella precisione del significato …
La decodificazione della patologia (carie, piorrea, ecc.) aiuta a comprendere come viene vissuta la sofferenza legata a questo aspetto di noi stessi.
Ognuno esprime la sua sofferenza con i propri dolori ed il corpo sa esattamente quale attacco “scegliere” per tradurre al meglio il sentimento della persona.
Quando ci sentiamo in posizione di debolezza riguardo ad una situazione che ci sovrasta, abbiamo tendenza a sviluppare dei problemi di parodontite (piorrea) .
Così, troppi carichi personali e professionali pesano sulle spalle di un uomo che ha tutti i denti mobili e si dice: “E’ troppo per me, ci rinuncio. Troppo lavoro, troppi obblighi, sollecitazioni alle quali rispondere”.
Oppure, dopo varie gravidanze consecutive, una donna soffre di parodontite cronica: “Troppe bocche da sfamare, dichiaro forfait”, questo dicono i suoi denti.
Il problema si è installato insidiosamente nel tempo, da molti anni, ma è il controllo radiografico del dentista che lo rivela.
In effetti, il corpo cerca di resistere per tutto il tempo che riesce e così il problema può passare inosservato per anni.
Le persone che soffrono di parodontite hanno tendenza ad occultare il loro stress piuttosto che rimettere in questione le loro abitudini di vita.
E’ la parte invisibile, l’osso di sostegno che “incassa”, fino allo stadio estremo quando i denti iniziano a muoversi e la parodontite diventa manifesta.
Allora, non è più tempo di fare lo struzzo, ma di riformare radicalmente il proprio modo di vita, adattandolo ai propri veri bisogni.
Si dà spesso la colpa della carie a problemi di carenza alimentare (di vitamine o  di minerali costruttori del dente).
E’ vero, solo che la carenza non è sempre là dove crediamo.
“Io non ho avuto una mamma” dice la carie sul primo molare in basso a sinistra”.
“Non sono stato sufficientemente ammirato e riconosciuto” è il messaggio di una carie sull’incisivo centrale in alto.
Sono queste carenze originali che creano un terreno favorevole alla carie, vissuto molto prima che il dente lo manifesti, la mancanza infetta il tessuto del dente in formazione, il quale reagisce allo stess e diventa più fragile a partire da lì.
Per esempio, nel caso dell’incisivo, non sono stata riconosciuta-to da mio padre o da mia madre e la carie che sorge mi mostra che il problema è ri-attivato nella mia vita, il dente così prende il ruolo di padre o di madre simbolica.
A seconda del dente attaccato, vari sentimenti possono essere riattivati ed espressi nel presente, per esempio: l’abbandono, l’impotenza, l’insicurezza ed altri …
E’ questa carenza originale che cerchiamo di nutrire con lo zucchero, il quale causa la carie…; così, è importante non confondere la causa con il sintomo.
Lo zucchero che consumiamo in eccesso per tentare di addolcire le proprie sofferenze è un sintomo di mancanza  allo stesso modo della carie.
E’ per questo che non è sufficiente sopprimere lo zucchero per regolare i problemi della carie, ancor più che questa soppressione rappresenta per noi una privazione.
Comprendere la natura dei propri bisogni e scegliere di soddisfarla con altri mezzi (diversi dallo zucchero) è la sola via possibile.
Per questo faremo il bilancio delle nostre carie al fine di ottenere una cartografia precisa delle nostre carenze di bambino.
I denti attaccati indicano di cosa abbiamo bisogno ed il lato (destro o sinistro) lo precisa in rapporto a quale genitore (papà o mamma?).
La decodificazione dei problemi ai denti ha da insegnarci tanto quanto, se non di più, di quello delle altre parti del corpo.
Se la nostra vita ha perso il suo senso, se non sappiamo più dove siamo, può essere interessante andare a vedere dal punto di vista dei denti.
L’analisi dei nostri attacchi dentali ci dà una luce inedita ed insostituibile sul nostro passato.
Cosa ho vissuto?
Di cosa ho realmente avuto bisogno?
In rapporto a quale genitore sono bloccato?
Tante domande alle quali i denti ci possono rispondere attraverso la loro lesione od il loro impianto. Risposte a volte sorprendenti poiché il mentale ha la tendenza a raccontarci delle storie che non hanno niente a che vedere con il nostro vissuto reale.
Come un uomo che si immaginava di avere avuto un’infanzia felice quando invece i suoi molari rovinati ed infetti gridavano la mancanza di affetto di un bambino abbandonato da genitori troppo assorbiti dalla loro attività professionale.
La lesione che ci interpella nel presente (carie, ascesso, parodontite ecc.) ci mostra la via da seguire da “scavare” per andare nella buona direzione.
Non c’è bisogno di andare molto lontano, il passato è là,   sotto gli occhi inscritto nel grande libro dei denti, il libro del nostro interiore.
E’ sufficiente accettare di riconoscerlo e di lasciarsi guidare, così, quando sopraggiunge il problema ai denti, non è più la tegola che ci cade sulla testa, ma grazie alla decodificazione diventa la spia che ci mostra il cammino dell’interiorità.
Quando perdiamo il significato, riduciamo i denti ad un corpo inerte, un minerale piantato nella nostra mascella, la cui funzione si limita a masticare e che portiamo a curare dal dentista per necessità.
La perdita del significato, ci ha condotti a fare qualsiasi cosa con i nostri denti, per esempio tapparli con materiale a buon mercato, il famoso piombaggio dentale.
La sua tossicità ha fatto scorrere molto inchiostro e quindi non ritorneremo su questo soggetto.
Precisiamo semplicemente che togliere il piombaggio non dovrebbe essere fatto senza presa di coscienza.
“Qual è la finalità di questo piombaggio? Quale ruolo ha? A  quale bisogno inconscio risponde?”
Sono le domande che paziente e dentista dovrebbero porsi prima di toglierlo.
Sostituire un materiale tossico con uno bio-compatibile non è sufficiente se si resta nella logica meccanica del buco che bisogna chiudere.
La disintossicazione sperata non può prodursi fintanto che il blocco emozionale all’origine della carie che ha motivato l’otturazione non è identificato e tolto.
Il nodo emozionale impedisce al dente ed al corpo di liberarsi del veleno fisico (mercurio) e psichico (le emozioni sepolte).
Oltre tutto senza la presa di coscienza della causa psichica della carie, questa si ripresenta molto più velocemente che le otturazioni proposte come alternativa al piombaggio (resine composite), le quali sono meno ermetiche.
Per esempio finchè non ho identificato la natura della mia mancanza (sicurezza, affettività o altro in rapporto a mio padre o mia madre), l’asportazione  non è solo inefficace, ma pericolosa, poiché togliere l’otturazione riattiva la problematica iniziale e la carie ritorna.
Questa presa di coscienza è di responsabilità del paziente che deve prepararsi all’asportazione ed investirsi attivamente, ponendo per esempio un atto cosciente per colmare la sua mancanza (e non attendere che il dentista “olistico” si prenda  in carico l’integralità del problema).
La partecipazione del paziente, la sua maniera di vivere l’atto, si rivela determinante nel processo di guarigione e nell’efficacia delle cure.
Un altro non senso è l’ortodonzia (disciplina incaricata di raddrizzare i denti); toglie dei denti sani su pretesto di fare spazio sulle mascelle strette.
Qui, ancora, la procedura meccanica si esprime nel disprezzo profondo del significato del dente e della reale causa del problema che integra molteplici fattori.
La mancanza di spazio è la conseguenza di una mancata crescita ossea, detta anche atrofia delle mascelle, le cui cause sono multiple (respirazione, deglutizione, posizione della lingua) in relazione stretta con la psiche.
In più, l’impianto dei denti segue delle linee di forza che corrispondono alle tendenze profonde della personalità.
E’ vano volerle raddrizzare senza permettere allo stesso tempo alla persona di raddrizzarsi, di ritrovare l’equilibrio su altri piani.
Il dente “di traverso” parla di una sfaccettatura della personalità in dissonanza con l’insieme.
E’ necessario comprenderne il significato, altrimenti il dente ha la tendenza a riprendere il suo posto iniziale una volta finito il trattamento.
Togliendo e/o spostando i denti si destruttura lo schema corporale dell’individuo e si creano numerosi problemi a distanza (articolazione della mascella, schiena, postura, ecc.).
Senza parlare dei disastri occasionali sul piano psichico.
Le sfaccettature della personalità, che sono i denti, non si esprimono più al posto giusto; per esempio, è classico togliere il primo premolare per fare spazio all’indietro al canino nello spazio lasciato vuoto.
In questo caso il canino, il quale è legato alla tenacità, si esprime in luogo ed al posto del primo premolare, il quale è legato all’entusiasmo.
La spontaneità viene sbarrata, quanto alla volontà, diventa caotica ed incostante.
Le carte vengono scompigliate.
L’individuo viene amputato dalle qualità o sfaccettature corrispondenti ai denti estratti.
E’ altrettanto dannoso che i trattamenti mutilanti avvengano troppo tardi negli adolescenti, i quali sono in piena contestazione.
Alla difficoltà del periodo si aggiunge l’amputazione e la ri-formattazione della personalità inflitta dai trattamenti violenti, i quali avvengono nella più totale incoscienza del vissuto dell’adolescente e dei suoi bisogni.
E’ possibile agire in un altro modo, mettendo in atto trattamenti più rispettosi della fisiologia e della personalità, legandoli con la presa di coscienza e l’azione meccanica, poiché anche in questo ambito  i due camminano insieme.
All’inizio del XXI secolo è tempo di riabilitare la dimensione sacra dei nostri denti, di riconciliare finalmente tecnologia ed interiorità.
L’odontoiatria energetica che è emersa negli ultimi anni, ha permesso di integrare i denti nella globalità del corpo.
E’ un progresso ed un’apertura senza precedenti.
L’essere umano non è solo energia è anche coscienza .
L’odontoiatria  deve integrare al giorno d’oggi la dimensione del significato.
Il dente che si deteriora è la voce dall’interno che grida “ho male!” dal più profondo del nostro essere, è una realtà che né il paziente né il dentista possono più ignorare.
Ma nell’ambito dentale, come in quello della salute in generale, sta al paziente fare il primo passo.
E’ il suo corpo, sono i suoi denti.
E’ da lui che parte per primo il bisogno di riconoscerne il senso ed il valore, se desidera che  il dentista lo tratti con i modi che un organo così prezioso merita.
Ora più che mai, per noi stessi e per i nostri figli, dare un senso al mal di denti per leggere le parole del  di dentro è una priorità.

Estratto da “Linguaggio dei denti, l’essenziale” di ESTELLE VEREECK

Tutte le riproduzione di questo articolo totale o parziale, non può avvenire senza l’accordo dell’autore.
Dottoressa in chirurgia dentale, Estelle Vereeck studia da tantissimi anni il rapporto tra i denti e la psiche. Ha smesso di esercitare la chirurgia dentale, per consacrarsi alla ricerca ed alla scrittura.
E’ autrice per edizioni Luigi Castelli http://www.editionsluigicastelli.com di questi libri :
Dizionario del linguaggio dei vostri denti
Ortodonzia attenzione al massacro
Linguaggio dei denti, l’essenziale

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