E così si scopre che l'Ikea è in realtà un'opera pia.
No, non è un caso di omonimia, staimo parlando proprio di quel posto in
cui comprate mobili carini smontati a prezzi ragionevoli, che per aggirare (legalmente, per carità) il fisco risulta essere un ente non profit.
Lo racconta, passaggio per passaggio, scatola cinese per scatola cinese, Gabriella Meroni in un lungo articolo su Vita.it., in
cui spiega come l'azienda svedese in realtà abbia in realtà poco a che
fare persino con la Svezia, visto che in realtà quelle poche tasse che
paga le versa in Olanda.
Ma andiamo con ordine. Ikea risulta infatti, scrive la Meroni, una "controllata
dall'azienda olandese Ingka Holding, a sua volta posseduta da una
fondazione non profit, la Stichting Ingka Foundation, creata
nel lontano 1982 dal fondatore del mobilificio Ingvar Kamprad con la
nobile motivazione di 'diffondere il progresso dell'architettura e
dell'interior design'. La fondazione è una delle più grandi non profit
al mondo, con un patrimonio che supera i 35 miliardi di dollari".
Ovviamente, trattandosi di una onlus, "Ikea versa al fisco
quanto previsto dalla legge olandese per le associazioni senza fine di
lucro: un misero 3,5% dell'imponibile. Inoltre finanzia con
qualche milione l'anno alcune università svedesi, tanto per non perdere
la faccia. Ma pare sia tutto, a livello di beneficienza. Il vero scopo
della fondazione è creare una 'riserva di capitali' per Ikea group, in
caso di 'aumentata necessità'”.
Non solo. La struttura societaria "comprende anche un'altra società
olandese, questa volta profit, la Inter Ikea Systems, che però è
titolare soltanto della proprietà intellettuale del marchio e del
'concept' Ikea. A possedere interamente Inter Ikea Systems è un'altra
società ancora, la Inter Ikea Holding, con sede in Lussemburgo - scrive
ancora la giornalista - a sua volta di proprietà di una terza società
con sede nelle Antille olandesi (noto paradiso fiscale) gestita a sua
volta da un misterioso trust registrato a Curaçao".
Il tutto, attenzione, non è affatto illegale. La pratica di istituire
società che detengano la “proprietà intellettuale” di un marchio in
paesi con un regime fiscale di favore è infatti lecita.
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