"Per sapere chi sei, devi prima sapere chi non sei, prosciugherai così il mare dell'illusione e troverai la vera essenza del Sé nel vento, nessun desiderio e paura ma Amore incondizionato."
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sabato 28 febbraio 2015
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Infezioni delle vie urinarie: cause, sintomi e rimedi naturali
Le infezioni delle vie urinarie
vengono ricollegate solitamente alla presenza dei agenti patogeni nelle
urine. Vi sono infezioni che possono riguardare le basse vie urinarie,
come cistiti, uretriti e prostatiti, o le vie urinarie superiori, con
pielonegriti e cirtopieliti (più rare).
Possono colpire sia gli uomini che le donne.
Alcune infezioni delle vie urinarie possono essere acute ma anche
presentarsi in forma cronica, come la cistite. Le infezioni delle vie
urinarie possono portare con sé delle complicazioni in caso di soggetti
con alterazioni anatomiche dell'apparato urinario, con insufficienza
renale, diabete o altri problemi che interessano già il sistema
urinario, secondo gli esperti di urologia femminile e infezioni delle vie urinarie.
Come indica il Ministero della Salute, le infezione delle vie urinarie si distinguono in:
Infezioni delle vie urinarie inferiori: uretrite per quanto riguarda l'uretra e cistite per quanto riguarda la vescica: si tratta delle forme meno gravi e spesso di facile risoluzione.
Infezioni delle vie urinarie superiori: interessano ureteri e reni; vengono chiamate pielonefriti e nefriti
quando coinvolgono i reni. Si tratta di infezioni che possono
aggravarsi e che rischiano di compromettere i reni, quindi è
fondamentale intervenire subito.
Cause delle infezioni delle vie urinarie
Le infezioni delle vie urinarie possono essere causate da batteri che migrano attraverso l'uretra
o da batteri presenti all'interno dell'organismo, solitamente
nell'intestino, per una questione di contiguità. Le infezioni delle vie
urinarie sono molto più comuni nelle donne che negli uomini, dato che la
brevità dell'uretra femminile facilita la risalita dei germi.
Tra gli agenti patogeni in grado di causare infezioni delle vie urinarie troviamo Escherichia Coli e Staphylococcus saprophyticus, insieme ad altri batteri che vivono in ambiente intestinale. Tra le cause delle infezioni urinarie troviamo anche la stitichezza,
per via della permanenza delle feci nella zona rettale, fattori
anatomici che ostacolano il normale flusso urinario, ma anche ipertrofia
prostatica, in questo caso per quanto riguarda l'uomo.
Altre cause riguardano
predisposizioni genetiche e patologie associate a questo tipo di
infezioni, tra le quali troviamo non soltanto il già citato diabete ma anche il prolasso uterino o vescicale, la presenza di cateteri e l'utilizzo di anticoncezionali come il diaframma che possano alterare la flora vaginale.
Le infezioni delle vie urinarie
nelle donne possono avere inizio dalla vagina e il prolasso della parete
vaginale anteriore può favorire le infezioni. Nell'uomo le infezioni alla prostata possono essere associate ad infezioni delle vie urinarie e alla presenza di patogeni nelle urine.
Infine non bisogna sottovalutare le abitudini legate al momento di urinare.
Potrebbe avere problemi di infezioni alle vie urinarie chi trattiene
troppo a lungo la pipi, chi non svuota completamente la vescica per la
fretta o urina in posizioni non corrette. Attenzione anche ai detergenti troppo aggressivi per l'igiene intima che possono alterare la flora vaginale.
Sintomi delle infezioni alle vie urinarie
Esistono differenti tipologie di
infezioni alle vie urinarie, che possono riguardare l'uomo o la donna,
ma alcuni sintomi comuni possono essere rappresentati da: aumento della frequenza della minzione, dolore nella zona del pube, dolore e bruciore
durante la minzione, sensazione di non aver svuotato del tutto la
vescica, brividi, febbre, sangue nelle urine. Il Ministero della Salute
tra i sintomi delle infezioni alle vie urinarie indica anche
dolore a livello della pelvi e lombare. In presenza di tali sintomi e
in caso di dubbio il consiglio è di consultare il proprio medico di
fiducia.
Rimedi naturali per infezioni delle vie urinarie
I rimedi naturali per relativi alle
infezioni delle vie urinarie riguardano i problemi più lievi e comuni,
come nel caso della cistite. Chi sceglie di curarsi con rimedi naturali
deve rivolgersi ad un esperto in materia, chiedendo, ad esempio,
suggerimenti al proprio erborista di fiducia, oltre che al medico. Le
seguenti indicazioni sono semplici spunti e non sostituiscono il parere di medici ed esperti.
1) Fitoterapia
Tra i suggerimenti per infezioni delle vie urinarie come la cistiti, la fitoterapia indica di assumere 50 gocce di Uva ursi TM (tintura madre) in un grande bicchiere d'acqua al risveglio e 50 gocce di Calluna vulgaris TM in un grosso bicchiere d'acqua prima di pranzo (Cfr. "Rimedi semplici e naturali", Giunti Demetra, 2009)
2) Idroterapia
L'idroterapia viene suggerita in caso di infezioni delle vie urinarie sotto forma di pediluvi con acqua calda,
a temperatura crescente dai 33 ai 40° C per un totale complessivo di
tempo di 15-20 minuti. Si tratta di un rimedio utilizzato per
decongestionare gli organi pelvici, genitali e urinari.
3) Oli essenziali
Tra gli oli essenziali consigliati per la cistite e per altre infezioni urinarie troviamo l'olio essenziale di sandalo e l'olio essenziale di santoreggia.
La farmacista francese Denièle Festy in "La mia Bibbia degli oli
essenziali" (Edizioni Sonda, 2013) suggerisce di applicare 2 gocce di
olio essenziale di sandalo sul basso ventre 3-5 volte al giorno per 5
giorni.
4) Rimedi della nonna
Uno dei più popolari rimedi della
nonna da applicare in caso di cistite e di piccole infezioni delle vie
urinarie riguarda la preparazione di un infuso di malva essiccata o di un decotto di malva fresca
da bere al momento del bisogno, quando si avvertono bruciore alle vie
urinarie e stimolo frequente alla minzione. Potrete acquistare la malva
essiccata in erboristeria, dove chiedere maggiori informazioni sulla
preparazione e sull'assunzione della tisana.
5) Erboristeria
In erboristeria potrete chiedere
maggiori informazioni riguardo ai rimedi naturali per le infezioni delle
vie urinarie a base di mirtillo rosso americano, conosciuto anche come Cranberry.
Gli estratti di mirtillo rosso americano vengono utilizzati, ad
esempio, per la preparazione di compresse a base di ingredienti naturali
utili da assumere in caso di cistite e piccole infezioni delle vie
urinarie.
Conoscete altri rimedi naturali per le infezioni delle vie urinarie?
Marta Albè
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Tachipirina la più venduta - Gli effetti collaterali
Gli effetti collaterali e tossici della tachipirina
gennaio 29th, 2013 | Posted by danieladelnoce in Farmaci killerMolti ne abusano e la somministrano anche ai bambini al primo accenno di febbre sotto consiglio dei medici. Ma la tachipirina, il cui principio attivo è il paracetamolo, ha effetti collaterali molto sgradevoli ed effetti tossici ancora peggiori. Uno sguardo sugli studi che dimostrano gli effetti negativi di paracetamolo e tachipirina.
Come sanno quasi tutti, il principio attivo della tachipirina, come di un altro farmaco similare molto noto, l’efferalgan, è il paracetamolo. Questo farmaco viene usato, indiscriminatamente sia per gli adulti che per i bambini anche molto piccoli, come i neonati.Ma quello che la gente non sa, grazie anche alla mancanza di informazione da parte del Sistema Sanitario Nazionale, è che la tachipirina è un farmaco molto tossico e che può danneggiare in maniera marcata l’organismo e soprattutto il delicato sistema immunitario dei bambini. Ma cominciamo con un certo ordine.
Gli effetti collaterali della tachipirina
Esiste una letteratura medica che riguarda il paracetamolo che risale già al 1967 ( cfr Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics 156, 285, 1967), che spiega quali sono gli effetti collaterali del principio attivo della tachipirina alle dosi terapeutiche: vertigini, sonnolenza, alterazioni ematologiche, secchezza orale, problemi di accomodazione, nausea, vomito, fenomeni allergici, tipo glossite (lingua gonfia) orticaria, prurito, arrossamenti cutanei, broncospasmo, porpora trombo-citopenica.Questi effetti collaterali della tachipirina sono stati riportati anche circa vent’anni fa in un libro del dott. Roberto Gava (l’Annuario dei Farmaci), dove aggiunge che il paracetamolo possiede anche un’elevata tossicità acuta dose-dipendente con gravi effetti epatici, ittero ed emorragie, e la possibilità di avere una progressione verso l’encefalopatia, il coma e la morte.
Inoltre la tachiprina può causare insufficienza renale con necrosi tubulare acuta, aritmie cardiache, anemia emolitica, agranulocitosi, e pancitopenia.
Gli effetti tossici della tachipirina
Gli effetti tossici del paracetamolo sono ampiamente noti da decenni, e gli ultimi studi risalgono ad una pubblicazione del 2010 da parte del New Zeland Ashsma and Allergy color Study Group a cura del dott. Wickens e Colleghi sulla rivista “Clinical & Experimental Allergy” . Quello che spiegano, in sintesi, è che il paracetamolo (quindi la tachipirina) è un potente farmaco ossidante e consuma le scorte del nostro più potente antiossidante: il GLUTATIONE. E quando questo scarseggia, il paracetamolo svolge la sua azione epatotossica.“L’effetto epatotossico è esplicato da un metabolita del paracetamolo ( l’N-acetil-p-benzochinone), che viene neutralizzato da un sistema epatico glutatione-dipendente. Dopo che le scorte intraepatocitarie di glutatione si sono esaurite il metabolita si lega con le proteine del citosol epatocitario ( dopo circa dieci ore dall’assunzione) e svolge al sua azione epatotossica”.( L’Annuario dei Farmaci , dott. Roberto Gava).
I pericoli di vaccini + tachipirina
Il dott. Gava aggiunge che il paracetamolo viene somministrato anche ai neonati, pur sapendo quanto questi scarseggino di sostanze antiossidanti come il glutatione. Tra l’altro sembra che la tachipirina sia somministrata ai bambini piccoli dopo aver fatto i vaccini di routine, con conseguenze a dir poco disastrose e vi spiego perché.Sappiamo che la cisteina ( un aminoacido essenziale che permette la produzione di glutatione da parte del fegato e del cervello) viene sintetizzata da un enzima, la metionina sintetasi, e che il mercurio contenuto nei vaccini blocca l’attivazione di questo enzima con la conseguenza di una maggiore probabilità di alterare lo sviluppo cerebrale con incremento di autismo e del disturbo da iperattività (ADHD), patologie che sono enormemente aumentate in questi ultimi anni. Tra l’altro i bambini autistici hanno il 20% in meno di cisteina disponibile e il 54% di livelli più bassi di glutatione e questo comporta una maggiore incapacità del loro organismo di espellere metalli tossici come il mercurio (sia alimentare che dei vaccini).
Ne consegue che questi soggetti non dovrebbero mai assumere tachipirina almeno nei primi anni di vita, sicuramente non prima di aver superato i due anni. Infatti sotto i sei mesi, un bimbo non è in grado di espellere il mercurio vaccinale poiché il fegato è ancora “immaturo”. È dimostrato, tra l’altro, che il mercurio entra molto facilmente e si accumula nei tessuti cerebrali dei bambini (ma non solo, vedere post sui vaccini) dato che la loro barriera encefalica è più recettiva.
In più, il mercurio, a dosi elevate altera la mitosi cellulare in un cervello in accrescimento come è quello di un bambino. Studi scientifici del 2008 e del 2009 hanno dimostrato che l’assunzione di paracetamolo aumenta la probabilità dei bambini piccoli di ammalarsi di autismo. Eppure la tachipirina spesso viene data dopo l’assunzione dei vaccini per “spegnere” gli effetti visibili e tranquillizzare quei genitori totalmente ignari di ciò che potrebbe succedere in quei soggetti più predisposti a livello immunitario ai danni dei vaccini. Febbre alta? Tachipirina. Il bambino piange? Tachiprina. Abitudine che spesso non finisce con l’età, perché molti adulti assumono tachipirina ai primi sintomi di mal di testa, mal di schiena o semplicemente per qualche linea di febbre.
Pochi giorni fa è uscita una notizia su Informasalus, che riporta uno studio coordinato dal dott. Julian Crane : “Farmaci con paracetamolo: rischio asma e allergie per i bambini”. Il dott. Crane spiega che secondo le sue ricerche, i bambini che hanno utilizzato il paracetamolo prima di aver compiuto i 15 mesi di età ( il 90%) hanno il triplo di probabilità in più di sviluppare una sensibilità agli allergeni e il doppio di probabilità in più di sviluppare sintomi come l’asma verso i sei anni rispetto ai bambini che non hanno assunto tachipirina e simili farmaci con paracetamolo.
Tutte queste notizie dovrebbero farci riflettere, anche perché si tratta di un farmaco che più che un’azione antinfiammatoria ha un’azione antipiretica e analgesica. Quindi attenti agli abusi, poiché è una sostanza che svolge sempre e comunque un effetto epatotossico.
Il consiglio del dott. Roberto Gava (specializzato in Cardiologia, Farmacologia Clinica, Tossicologia Medica, si è perfezionato in Omeopatia Classica, Agopuntura Cinese, Ipnosi Medica) è quello di
- non somministrare paracetamolo ai bimbi piccoli, specie se immaturi o se hanno assunto farmaci per tempi prolungati o se sono stati sottoposti a vaccini da meno di un mese
- non vaccinare i bambini sotto i due anni di età
- non accettare mai più di uno o massimo due vaccini per volta
- far eseguire a bambini esami ematochimici per capire le capacità antiossidanti e quanto sia maturo il loro sistema immunitario e la loro capacità epatica di espellere le tossine
CONSIGLIO PER I GENITORI: approfondite le vostre conoscenze personali sulle possibilità di cure alternative non tossiche, per voi e i vostri figli. Molti problemi si potrebbero risolvere soltanto rivedendo errate convinzioni ormai radicate nell’ inconscio collettivo dalle case farmaceutiche e dagli enti governativi, e adottando uno stile di vita più corretto, evitando l’assunzione continua di farmaci tossici come la tachipirina (ma non solo). Le alternative ci sono, ed alla portata di tutti. Pensateci.
fonte
Felice sabato! :) speak!
Il problema è che c'è troppa gente che parla di te perchè non ha le palle di parlare CON te.
cit. fb
venerdì 27 febbraio 2015
Corrado Malanga - nuova intervista 26.02.2015
Colloquio informale col Dott. Malanga in cui affrontiamo alcune problematiche non strettamente inerenti alle Sue ultime
pubblicazioni, dalle ipnosi alla metacomunicazione dalla politica fino
alla trance agonistica...di tutto un pò!
sottolineo che è informale e, quindi: "parlo (peggio di) come mangio".
buon ascolto!
sottolineo che è informale e, quindi: "parlo (peggio di) come mangio".
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5 rimpianti confessati dalle persone sul letto di morte: un'infermiera li ha raccolti e rivelati
Nella vita solo una cosa è certa: la morte. Tutto ciò che si può
sperare è arrivare alla fine in pace con sé stessi e soddisfatti della
vita che si è vissuta. In questo articolo, scritto da Bronnie Ware per Unbounded Spirit, per anni infermiera in un hospice per malati terminali, vengono rivelati i rimpianti più ricorrenti.
-
1 Avrei voluto avere il coraggio di vivere la mia vita -
2 Avrei voluto lavorare di meno -
3 Avrei voluto avere il coraggio di esprimere i miei sentimenti -
4 Sarei voluto rimanere in contatto con gli amici -
5 Avrei voluto essere più felice
Ecco le ragioni per le quali si dovrebbe insegnare la meditazione nelle scuole
“Se ad ogni bambino di 8 anni venisse insegnata la meditazione, riusciremmo ad eliminare la violenza nel mondo entro una generazione.” – Dalai Lama
Immagina se la meditazione fosse una materia scolastica all’interno della scuola di ogni bambino… Non serve altro per capire quanto sarebbe diverso il mondo! Se ogni bambino fosse in grado di connettersi all’oceano della coscienza che permea tutto ciò che è, il desiderio di fare del male svanirebbe. La meditazione ci permette di scoprire attraverso l’esperienza della verità chi siamo veramente.
Il problema della società di oggi è che siamo costantemente presi da noi stessi, e solo successivamente dalla verità. Siamo così occupati con il lavoro e le attività sociali che non ci prendiamo mai del tempo per scoprire chi c’è veramente al centro del nostro essere.
La maggior parte di noi impara ad essere qualcosa che in realtà non è.
Impariamo ad adattarci, a conformarci e a rispettare le norme sociali. Impariamo come “indossare” una maschera di fronte ad altre persone. Impariamo ad essere schiavi del nostro ego. Diventiamo così bravi a correre lontano da noi stessi, che non siamo più in grado di toglierci la maschera che abbiamo indossato perché ormai è diventata troppo comoda per noi.
Così continuiamo a tradire noi stessi e lasciamo che il nostro ego vaghi libero. Diventiamo insensibili al mondo e ogni essere vivente che lo abita. Vendiamo la nostra anima per l’illusione di chi siamo, e in fondo, una parte di noi sa che stiamo solo scappando. Molti di noi non hanno speranza di riprendere il contatto con il loro sé, perché sono scappati troppo lontano…
E se non avessimo mai iniziato a correndo lontano da noi stessi? E se avessimo imparato ad essere in pace con noi stessi fin dalla tenera età?
Se le scuole insegnassero la meditazione (come fortunatamente già accade in tanti paesi dell’Asia), i bambini riuscirebbero a scoprire le proprie passioni, i propri interessi e le proprie potenzialità creative. Essi non sarebbero così disturbati dalle loro insicurezze e imparerebbero a vivere nel momento presente, invece di voler raggiungere sempre un posto dove non sono.
La meditazione ha aiutato molti di noi a dare un senso alla propria vita. Ci si collega alla propria anima e questo ci permette di allinearci con lo scopo della nostra vita. I bambini che praticano la meditazione su base regolare non sarebbero così inclini a stress, preoccupazioni e malattie. Riescono a sviluppare legami più forti con tutti gli esseri umani e hanno meno bisogno di competere con i loro coetanei.
In un esperimento, l’American Heart Association, ha preso in esame 201 persone, tra uomini e donne, con malattie coronariche e le ha suddivise in due diversi gruppi: una parte è stata sottoposta ad un programma di meditazione trascendentale (TM) e l’altra parte ad un programma di educazione sanitaria. Dopo cinque anni e mezzo, il gruppo TM ha mostrato una riduzione del rischio di infarto e ictus del 48%.
Secondo un altro studio condotto da Pagnoni & Cekic, riguardo alla materia grigia nel cervello dei meditatori Zen, viene evidenziato che seppur la materia grigia con l’avanzare dell’età tende normalmente a ridursi, la materia grigia dei meditatori Zen non si è riduce affatto.
Nel rapporto, Pagnoni e Cekic hanno dichiarato:
“Nei meditatori, l’individuazione di una ridotta percentuale del volume della materia grigia, sia a livello globale che a livello regionale, in base all’aumento dell’età, può in effetti indicare il coinvolgimento di molteplici meccanismi di neuroprotezione.”
Lazar & Kerr et al. hanno raggiunto una conclusione simile in uno studio sugli effetti che ha la meditazione sullo spessore corticale del cervello:
“La regolare pratica della meditazione è associata ad un aumento di spessore in un sottoinsieme di regioni corticali legate alle vie somatosensoriali, uditive, visive e le elaborazioni interoceptive. Inoltre, la pratica regolare della meditazione può rallentare il diradamento legato all’età della corteccia frontale.”
Goyal & Singh et al. hanno sottoposto 3515 partecipanti a programmi di meditazione e hanno riscontrato una notevole diminuzione dell’ansia, della depressione e del dolore.
Provate a immaginare i benefici che potrebbero avere future generazioni di bambini, se si sottoponessero a queste regolari pratiche… I vantaggi sarebbero straordinari! Dobbiamo fare tutto il possibile per portare la meditazione nelle scuole, perché se abbiamo intenzione di imparare a vivere in pace con gli altri, dobbiamo prima trovare la pace dentro di noi…
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Intervento di Alessandro Di Battista M5S sull'ISIS
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La gentilezza
La gentilezza è una forma di eleganza, la migliore che io conosca.
E c'è ancora gente che la confonde con la debolezza.
R. Rigoni
E c'è ancora gente che la confonde con la debolezza.
R. Rigoni
giovedì 26 febbraio 2015
Il governo USA ammette di essere responsabile solo per la distruzione della Torre Nord
Articolo originale: The Onion
Documenti desecretati di recente rivelano un piano dell'amministrazione Bush e del Project for the New American Century di incutere paura agli americani "distruggendo la più alta e più iconica delle Torri del World Trade Center".
Washington - Dicendo che si sentivano in dovere di rivelare ciò che è veramente successo l'11 settembre 2001, diversi ufficiali federali di alto livello hanno pubblicamente dichiarato che il governo degli Stati Uniti è stato responsabile soltanto per la distruzione della torre Nord del World Trade Center.
I portavoce della Central Intelligence Agency, della National Security Agency, e di un'altra mezza dozzina di agenzie governative hanno rivelato in una conferenza stampa di essere stati responsabili per la progettazione, il finanziamento e l'esecuzione di un piano per demolire il World Trade Center 1, nel distretto finanziario di New York. Descrivendo la loro impresa come un successo assoluto, questi ufficiali hanno fatto notare che il completamento della loro missione è stato seguito, a 17 minuti di distanza, da una operazione suicida contro il World Trade Center 2, messa in atto in modo indipendente da membri di Al-Quaeda che pilotavano un aereo dirottato. [...]
"Il popolo americano deve sapere che delle due Torri che sono state abbattute a Manhattan l'11 di settembre, soltanto una era il bersaglio del governo federale" ha detto il portavoce della C.I.A. Tom McLennan, sottolineando che il loro progetto era stato pianificato in modo completamente indipendente, e senza nessuna conoscenza di un'azione simile progettata per lo stesso giorno dal leader di Al-Quaeda, Osama bin Laden. "Mentre riconosciamo apertamente la nostra responsabilità per aver colpito il primo edificio, vogliamo che sia chiaro che non abbiamo avuto nulla a che fare con la distruzione della seconda Torre. Anzi, questo fatto è risultato tanto sorprendente e sconvolgente per noi quanto lo è stato per tutti cittadini americani".
"A parte la demolizione controllata della Torre 1 - ha aggiunto McLennan - possiamo affermare con certezza che gli attentati dell'11 settembre sono stati portati a termine da parte di radicali islamici, all'interno del loro progetto di guerra contro l'Occidente".
Secondo diversi documenti di intelligence desecretati di recente, a partire dal gennaio 2001 gli agenti dell'FBI hanno iniziato a trasportare al World Trade Center migliaia di chilogrammi di esplosivo RDX, come prima fase di ciò che veniva definito in ambito governativo "Operazione Torre Nord". Planimetrie dettagliate confermano che gli esplosivi furono collocati all'interno della Torre numero 1, secondo un progetto di demolizione del Corpo di Ingegneria Militare che intendeva demolire il grattacielo di 400 m senza danneggiare alcuna delle strutture circostanti, incluso la adiacente Torre 2.
Per avere una buona copertura logica nel loro progetto di far crollare una delle Torri Gemelle, i rappresentanti governativi hanno illustrato la loro scelta di radiocomandare un aereo passeggeri fino a farlo schiantare contro l'edificio. Alti livelli militari hanno voluto rassicurare i cittadini americani che, nonostante loro avessero impiegato una squadra speciale all'aeroporto di Boston, la sera del 10 settembre 2001, per installare un transponder radiocomandato su un singolo volo diretto alla West Coast, l'aereo che si è schiantato contro la Torre 2 il mattino seguente era pilotato esclusivamente da jihadisti di cui loro non erano assolutamente a conoscenza.
I leader nazionali hanno anche voluto sottolineare, nella conferenza stampa, come gli agenti del Mossad che avevano inizialmente proposto il progetto agli Stati Uniti non abbiano avuto nulla a che fare con l'attacco alla Torre 2.
"Avendo ordinato al NORAD di deattivare la difesa nazionale l'11 di settembre - ha detto l'ufficiale della NSA Will Mason - noi abbiamo potuto aprire la strada verso Manhattan al nostro aereo, ma questo pare aver creato una splendida opportunità per cinque membri di Al-Quaeda che, a quanto pare, sono partiti con un altro aereo, soltanto pochi minuti dopo il nostro." Mason ha aggiunto che i vertici dell'aviazione civile avevano avuto istruzioni di ritardare l'annuncio della deviazione di rotta dell'aereo radiocomandato, ma che gli stessi vertici sono andati immediatamente nel panico quando si sono accorti di un comportamento simile da parte di un secondo aeroplano. "Nessuno sapeva chi fosse in controllo del secondo aereo. Stavamo giusto festeggiando il successo del primo impatto, quando il secondo impatto ha praticamente zittito l'intero Centro di Comando del Pentagono".
"Ovviamente - ha aggiunto - se avessimo saputo che la Torre 2 stava per essere colpita, avremmo avvisato tutti gli impiegati ebrei di stare lontani anche dal secondo edificio".
I rappresentanti del governo hanno poi spiegato come, quel martedì mattina, il presidente George Bush, che si trovava in una scuola elementare, sia stato segretamente informato del pieno successo dell'operazione, solo per venire a sapere, alcuni minuti dopo, che "gli Stati Uniti erano sotto attacco".
"La sceneggiatura che avevamo fornito a tutte le grandi reti televisive - ha detto l'agente della C.I.A. Donald Macy - è diventata praticamente inutile dopo il secondo impatto". Macy ha notato che l'accurata campagna di disinformazione messa a punto nei 10 mesi precedenti, avrebbe avuto senso con un solo edificio colpito. "Dopo il secondo impatto - ha detto Macy - qualunque tipo di confusione generata era fuori dal nostro controllo."
"Alla fine - ha aggiunto Macy - direi che la maggior parte del terrore vissuto dalla nazione quel giorno è stato causato da qualcuno estraneo al governo americano. Noi siamo stati responsabili soltanto di circa la metà di tutto ciò."
Dopo aver ammesso che vi furono diversi imprevisti quel giorno, i responsabili dell'attacco governativo hanno sostenuto che, al di là di tutte le coincidenze, sono comunque riusciti ad ottenere i risultati a lungo termine che desideravano.
Fonte: The Onion (The Onion è una pubblicazione satirica molto conosciuta negli USA).
Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net
fonte
Documenti desecretati di recente rivelano un piano dell'amministrazione Bush e del Project for the New American Century di incutere paura agli americani "distruggendo la più alta e più iconica delle Torri del World Trade Center".
Washington - Dicendo che si sentivano in dovere di rivelare ciò che è veramente successo l'11 settembre 2001, diversi ufficiali federali di alto livello hanno pubblicamente dichiarato che il governo degli Stati Uniti è stato responsabile soltanto per la distruzione della torre Nord del World Trade Center.
I portavoce della Central Intelligence Agency, della National Security Agency, e di un'altra mezza dozzina di agenzie governative hanno rivelato in una conferenza stampa di essere stati responsabili per la progettazione, il finanziamento e l'esecuzione di un piano per demolire il World Trade Center 1, nel distretto finanziario di New York. Descrivendo la loro impresa come un successo assoluto, questi ufficiali hanno fatto notare che il completamento della loro missione è stato seguito, a 17 minuti di distanza, da una operazione suicida contro il World Trade Center 2, messa in atto in modo indipendente da membri di Al-Quaeda che pilotavano un aereo dirottato. [...]
"Il popolo americano deve sapere che delle due Torri che sono state abbattute a Manhattan l'11 di settembre, soltanto una era il bersaglio del governo federale" ha detto il portavoce della C.I.A. Tom McLennan, sottolineando che il loro progetto era stato pianificato in modo completamente indipendente, e senza nessuna conoscenza di un'azione simile progettata per lo stesso giorno dal leader di Al-Quaeda, Osama bin Laden. "Mentre riconosciamo apertamente la nostra responsabilità per aver colpito il primo edificio, vogliamo che sia chiaro che non abbiamo avuto nulla a che fare con la distruzione della seconda Torre. Anzi, questo fatto è risultato tanto sorprendente e sconvolgente per noi quanto lo è stato per tutti cittadini americani".
"A parte la demolizione controllata della Torre 1 - ha aggiunto McLennan - possiamo affermare con certezza che gli attentati dell'11 settembre sono stati portati a termine da parte di radicali islamici, all'interno del loro progetto di guerra contro l'Occidente".
Secondo diversi documenti di intelligence desecretati di recente, a partire dal gennaio 2001 gli agenti dell'FBI hanno iniziato a trasportare al World Trade Center migliaia di chilogrammi di esplosivo RDX, come prima fase di ciò che veniva definito in ambito governativo "Operazione Torre Nord". Planimetrie dettagliate confermano che gli esplosivi furono collocati all'interno della Torre numero 1, secondo un progetto di demolizione del Corpo di Ingegneria Militare che intendeva demolire il grattacielo di 400 m senza danneggiare alcuna delle strutture circostanti, incluso la adiacente Torre 2.
Per avere una buona copertura logica nel loro progetto di far crollare una delle Torri Gemelle, i rappresentanti governativi hanno illustrato la loro scelta di radiocomandare un aereo passeggeri fino a farlo schiantare contro l'edificio. Alti livelli militari hanno voluto rassicurare i cittadini americani che, nonostante loro avessero impiegato una squadra speciale all'aeroporto di Boston, la sera del 10 settembre 2001, per installare un transponder radiocomandato su un singolo volo diretto alla West Coast, l'aereo che si è schiantato contro la Torre 2 il mattino seguente era pilotato esclusivamente da jihadisti di cui loro non erano assolutamente a conoscenza.
I leader nazionali hanno anche voluto sottolineare, nella conferenza stampa, come gli agenti del Mossad che avevano inizialmente proposto il progetto agli Stati Uniti non abbiano avuto nulla a che fare con l'attacco alla Torre 2.
"Avendo ordinato al NORAD di deattivare la difesa nazionale l'11 di settembre - ha detto l'ufficiale della NSA Will Mason - noi abbiamo potuto aprire la strada verso Manhattan al nostro aereo, ma questo pare aver creato una splendida opportunità per cinque membri di Al-Quaeda che, a quanto pare, sono partiti con un altro aereo, soltanto pochi minuti dopo il nostro." Mason ha aggiunto che i vertici dell'aviazione civile avevano avuto istruzioni di ritardare l'annuncio della deviazione di rotta dell'aereo radiocomandato, ma che gli stessi vertici sono andati immediatamente nel panico quando si sono accorti di un comportamento simile da parte di un secondo aeroplano. "Nessuno sapeva chi fosse in controllo del secondo aereo. Stavamo giusto festeggiando il successo del primo impatto, quando il secondo impatto ha praticamente zittito l'intero Centro di Comando del Pentagono".
"Ovviamente - ha aggiunto - se avessimo saputo che la Torre 2 stava per essere colpita, avremmo avvisato tutti gli impiegati ebrei di stare lontani anche dal secondo edificio".
I rappresentanti del governo hanno poi spiegato come, quel martedì mattina, il presidente George Bush, che si trovava in una scuola elementare, sia stato segretamente informato del pieno successo dell'operazione, solo per venire a sapere, alcuni minuti dopo, che "gli Stati Uniti erano sotto attacco".
"La sceneggiatura che avevamo fornito a tutte le grandi reti televisive - ha detto l'agente della C.I.A. Donald Macy - è diventata praticamente inutile dopo il secondo impatto". Macy ha notato che l'accurata campagna di disinformazione messa a punto nei 10 mesi precedenti, avrebbe avuto senso con un solo edificio colpito. "Dopo il secondo impatto - ha detto Macy - qualunque tipo di confusione generata era fuori dal nostro controllo."
"Alla fine - ha aggiunto Macy - direi che la maggior parte del terrore vissuto dalla nazione quel giorno è stato causato da qualcuno estraneo al governo americano. Noi siamo stati responsabili soltanto di circa la metà di tutto ciò."
Dopo aver ammesso che vi furono diversi imprevisti quel giorno, i responsabili dell'attacco governativo hanno sostenuto che, al di là di tutte le coincidenze, sono comunque riusciti ad ottenere i risultati a lungo termine che desideravano.
Fonte: The Onion (The Onion è una pubblicazione satirica molto conosciuta negli USA).
Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net
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La Bobina BAC
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Anno 2015: la svolta! Torneremo a vivere nelle caverne?
Clima, ambiente, energia, risorse,
popolazione. Tutto sta arrivando al picco, o lo ha appena passato, ed il
burrone si presenta davanti a NOI. Che fare?
1. PREMESSA
Osservando l’evolvere degli avvenimenti Geopolitici
in queste ore (Ucraina, ISIS, Crisi economica e crisi varie intorno al
mondo), ci siamo ricordati di un “Rapporto SEGRETO” pubblicato dal
Pentagono nel 2003.
A suo tempo ci aveva colpito perché in uno scenario
di Riscaldamento Globale Antropogenico (a quel tempo era la teoria più
accreditata) inseriva nel contesto la variabilità naturale, con la
possibilità dell’innesco rapido di un evento FREDDO, esaminandone le
possibili conseguenze per il territorio degli Stati Uniti d’America.
A distanza di 12 anni, il riscontro con gli avvenimenti geopolitici attuali è notevole, purtroppo
nelle ipotesi peggiori. Usando il “buon senso” e la
“ragione”, ci si accorge che per mitigare tutto il comportamento dei
popoli, in caso di problemi più o meno gravi ed estesi, si tende sempre a
guardare alla GUERRA come l’unica soluzione.
Ma spesso questo non fa che aggravare la situazione.
Col senno del poi ci accorgiamo quanto siano state
fuorvianti talune teorie climatiche, e come, invece, siano state
“anticipatrici” molte affermazioni di personaggi importanti (scienziati,
ricercatori ed esperti) di indubbia levatura culturale e professionale
nei rispettivi settori di competenza.
Comunque, arrivati a questo punto, dobbiamo prendere
atto del fatto che si può fare molto poco per cambiare, anche
parzialmente, l’attuale politica dei “dinosauri” geopolitici (Stati,
Multinazionali, Lobby….), mentre possiamo (e dobbiamo) fare molto per
noi stessi, per prepararci ad affrontare e attenuare l’impatto del
cambiamento multi-contestuale che ci attende.
Oggi assistiamo a una situazione in cui la società
(ormai globalizzata) sta uscendo da un periodo di massima disponibilità
di risorse (energia, materie prime e ambiente), per precipitarsi in un
periodo di minima disponibilità delle stesse. In questo contesto le
strategie di adattamento dei vari stati sono tali che alcuni sembrano
vedere il futuro reale, mentre altri sembrano persi in un universo di
fantasie virtuali di dubbia consistenza.
Il cambiamento che ci attende riguarda diversi
fattori, tutti equamente importanti e per certi versi critici. La
stragrande maggioranza della gente non ha la corretta percezione di ciò
che significa “mancanza di….” una ben determinata risorsa. Specialmente
se parliamo dei “giovani” nati a partire dagli anni ’80. Ma se per
questi giovani il problema è dovuto essenzialmente al fatto che sono
nati e cresciuti “nell’abbondanza” di tali risorse, discorso ben diverso
va fatto per chi è nato prima… e che per tutta una serie di motivi, non
immagina minimamente cosa potrebbe significare la mancanza, dall’oggi
al domani, di una risorsa come il Petrolio, piuttosto che dell’energia
elettrica in generale.
Molto spesso, parlando di tali argomenti tra la gente
comune, la posizione presa dal cittadino medio è quella del
“chissenefrega… ne faremo a meno”. Ma, ragionando a fondo sul discorso
che ci accingiamo a fare, si scopre che in realtà le cose stanno in modo
nettamente diverso.
Prima di addentrarci nella discussione più tecnica,
però, è bene definire quali siano i settori che andranno in crisi e che
produrranno di eventi/problemi che si autoalimenterà aggravando
inesorabilmente ogni aspetto. Ma andiamo per ordine:
CLIMA:
L’abitat nel quale possono vivere gli esseri umani prevede temperature
che variano tra i -30 e il +50 °C. L’evoluzione di particolari gruppi,
in particolari ambienti, ha fatto sì che sia possibile vivere anche in
ambienti con temperature fino a -60°. Ciò ha comportato una
modificazione sostanziale del metabolismo e dello stile di vita. Come
anche troviamo popoli che vivono in ambienti torridi come quelli dei
deserti, con temperature che oscillano tra i 30 e i 55°C. Ma si tratta
di porzioni della popolazione estremamente basse. Casi rari insomma.
La stragrande maggioranza della popolazione del mondo vive tra i -20 e i +45°C ed è in questa fascia di temperature che sono state sviluppate le attività produttive umane. Variazioni più o meno significative di tali temperature, possono produrre effetti devastanti alle attività produttive prima e alla vita degli esseri umani dopo! È perciò logico ritenere il clima il fattore predominante e il problema principale cui bisogna guardare per potersi preparare ad un cambio di epoca e di stile di vita nell’immediato futuro.
La stragrande maggioranza della popolazione del mondo vive tra i -20 e i +45°C ed è in questa fascia di temperature che sono state sviluppate le attività produttive umane. Variazioni più o meno significative di tali temperature, possono produrre effetti devastanti alle attività produttive prima e alla vita degli esseri umani dopo! È perciò logico ritenere il clima il fattore predominante e il problema principale cui bisogna guardare per potersi preparare ad un cambio di epoca e di stile di vita nell’immediato futuro.
ENERGIA:
Le forme di energia che l’uomo usa regolarmente le possiamo ridurre
essenzialmente a 2 macro-categorie: Energia Elettrica e Energia Termica.
Spiegare come, dove e in che modo vengono usate tali energie richiede
una trattazione a se che ci impegnerebbe per giorni e giorni. Alla base
di tali energie, comunque, possiamo individuare le fonti fossili come il
Petrolio e il gas naturale… ma anche quelle rinnovabili, come l’energia
eolica, quella fotovoltaica, quella geotermica, quella delle biomasse
ecc… Ognuna con una importanza notevole… ma anche con percentuali di
utilizzabilità diverse. In futuro non tutte saranno utilizzabili e non
tutte sopravviverebbero ad un cambiamento importante, specialmente se
prodotto da eventi catastrofici a livello globale.
TELECOMUNICAZIONI:
Comunicare è di vitale importanza per ogni essere vivente. Specialmente
in un mondo globalizzato. Ed è proprio la globalizzazione che ha reso
le telecomunicazioni di vitale importanza. Queste devono essere
velocissime, precise e devono poter raggiungere ogni angolo del pianeta.
Pensiamo solo all’evoluzione delle trasmissioni digitali, internet in
primis, e a quelle telefoniche. Se fino ad un secolo fa comunicare da
una parte all’altra del pianeta era estremamente difficile e richiedeva
apparati in uso solo alle forze armate, oggi è possibile mantenersi in
contatto costante (streaming), sia con audio che con video in alta
risoluzione, anche viaggiando a bordo di un veliero nel bel mezzo
dell’oceano. Non ci sono limiti. In qualunque punto del pianeta noi
siamo, abbiamo sempre la possibilità di comunicare con gli altri.
Questa capacità è stata determinante per la l’industria, che così ha potuto “delocalizzare” le produzioni in zone del pianeta più economiche… magari per via della vicinanza alle risorse o perché soggette a tassazioni differenti. Il tutto mantenendo l’efficienza produttiva. Ma se pensiamo all’ambiente militare, troviamo che le telecomunicazioni hanno stravolto il modo di concepire le guerre, le armi e le battaglie. Non più uomini in prima linea, a rischiare la propria vita in nome di un ideale. Oggi le guerre si combattono con mezzi pilotati a distanza da uomini seduti comodamente nei propri uffici dall’altro lato del mondo. E domani sarà anche peggio!
Questa capacità è stata determinante per la l’industria, che così ha potuto “delocalizzare” le produzioni in zone del pianeta più economiche… magari per via della vicinanza alle risorse o perché soggette a tassazioni differenti. Il tutto mantenendo l’efficienza produttiva. Ma se pensiamo all’ambiente militare, troviamo che le telecomunicazioni hanno stravolto il modo di concepire le guerre, le armi e le battaglie. Non più uomini in prima linea, a rischiare la propria vita in nome di un ideale. Oggi le guerre si combattono con mezzi pilotati a distanza da uomini seduti comodamente nei propri uffici dall’altro lato del mondo. E domani sarà anche peggio!
TRASPORTI:
Spostarsi da un punto all’altro del pianeta è sempre costato un
dispendio di tempo enorme. Con il progresso le distanze sono rimaste le
stesse (ovvio), ma è drasticamente diminuito il tempo impiegato a
percorrerle. Se i nostri nonni impiegavano 1 mese di navigazione per
raggiungere le americhe, oggi si impiegano solo poche ore. Se due secoli
fa le navi da carico impiegavano 3 mesi per raggiungere l’Europa dalle
colonie nel “nuovo continente”, oggi si impiegano poco più di 2
settimane. Stesso tragitto… tempi più che dimezzati… quantità di merci
trasportate moltiplicate per N. Eppure anche nel nostro piccolo,
considerando un singolo stato, troviamo che questo “progresso” diventerà
un problema di fondamentale importanza. Senza trasporti efficienti
verranno meno i 3 settori che seguono.
ABITAZIONI:
Il concetto di “casa” è stato stravolto nel corso del tempo da tutta
una serie di concetti e ideologie legate allo sviluppo culturale dei
popoli. Ed è per questo motivo che in alcuni ambienti la “casa” viene
vista ancora come il luogo dove “abitare”, mentre in altre viene inteso
come “sfoggio di se”, ovvero come testimonianza dell’elevatura sociale
di chi ci abita. Purtroppo, però, moltissime scelte fatte nel corso dei
secoli, non risulteranno idonee ad affrontare i problemi di cui sopra.
Un esempio fra tutti, che comunque riprenderemo in seguito, è quello
delle grandi città. Immaginate cosa possa significare vivere in una
grande città come Roma, Milano, Torino, senza energia elettrica, senza
gas, senza trasporti… Tutto diverrebbe estremamente difficile… se non
impossibile!
CIBO:
Fino a 60 anni fa circa, la stragrande maggioranza degli stati era
autosufficiente. Moltissimi erano i contadini e il cibo veniva prodotto
un po ovunque. Oggi le cose sono cambiate. La popolazione del pianeta è
aumentata, raggiungendo e superando i 7 miliardi di individui… mentre la
produzione di cibo, la sua conservazione e diffusione, sta iniziando a
diminuire o a diventare discontinua.
MEDICINALI:
Più il progresso avanza, più la vita umana si allunga. Sembra un
successo… ma forse è solo un’illusione. La quantità si medicinali
procapite consumati annualmente dagli esseri umani sta aumentando. E ci
si accorge sempre più che si sta diventando sempre più “delicati”. Non
si ha più quella capacità, tipica dei nostri nonni, di affrontare
qualsiasi condizione meteo con ciò che avevano addosso. Oggi per
qualsiasi malanno, anche il semplice raffreddore, facciamo ricorso alle
medicine. Immaginiamo cosa significherebbe vivere senza di esse!
SICUREZZA:
Infine la questione sicurezza. Nel medioevo venivano costruiti castelli
e mura di cinta per tenere fuori dalle cittadine fortificate i nemici.
Oggi questo non è più possibile. E la sicurezza viene affidata ai corpi
di polizia… per quelle che sono le mansioni ordinarie… e alle forze
armate… per le cose un tantino più complesse. Ma tutto questo richiede
risorse, mezzi, informazioni, personale. Senza la sicurezza tipica di
uno stato civile, la vita in esso diventerebbe impossibile.
3. CONCLUSIONE
Il sistema globalizzato nel quale ci troviamo, come
abbiamo illustrato brevemente in questa prima parte, è sempre più simile
ad una MATRIX che ci offre tutto, ma che ci vincola fortemente ad essa.
E se la MATRIX collassa, collassiamo anche noi.
È forse il caso di uscirne e per fare questo
riteniamo sia di fondamentale importanza, per costruire il nostro
futuro, guardare al passato della nostra storia e assimilare quante più
informazioni possibili da quei popoli che sono sopravvissuti ad eventi e
situazioni similari a quelle che ci si prospettano.
Ogni epoca ha avuto la sua civiltà evolutasi fino ad un punto massimo, identificabile con il periodo di massima utilizzabilità delle risorse disponibili, oltre il quale, purtroppo (o per fortuna) si è assistito ad un rapido collasso della civiltà stessa. Noi dobbiamo capire come affrontare il futuro. Come uscire dalla MATRIX che ci circonda e come sopravvivere agli inevitabili cambiamenti epocali che già iniziano ad intravedersi all’orizzonte del tempo.
Ogni epoca ha avuto la sua civiltà evolutasi fino ad un punto massimo, identificabile con il periodo di massima utilizzabilità delle risorse disponibili, oltre il quale, purtroppo (o per fortuna) si è assistito ad un rapido collasso della civiltà stessa. Noi dobbiamo capire come affrontare il futuro. Come uscire dalla MATRIX che ci circonda e come sopravvivere agli inevitabili cambiamenti epocali che già iniziano ad intravedersi all’orizzonte del tempo.
Il tutto in un contesto di crescente tensione geopolitica e di riduzione dei valori morali, sociali e spirituali del singolo!
FINE PRIMA PARTE
Luigi e Bernardo
HomoSapiensHibernus.com
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Tra sapere e comprensione
“Eh sì, caro professore, il sapere e la comprensione sono due cose
completamente differenti. Soltanto la comprensione può portare
all’essere. Il sapere di per sé stesso non ha che una presenza
passeggera: un nuovo sapere caccia via il precedente, e, in fin dei conti, non è altro che del nulla versato nel vuoto.”
George Ivanovitch Gurdjieff
mercoledì 25 febbraio 2015
Golden Milk: ecco la ricetta del latte d’oro che combatte il Cancro. Incredibile!
Il Latte d’Oro, meglio conosciuto come Golden Milk, è un tonico, unico nel suo genere, che utilizza le fantastiche proprietà di una speciale radice chiamata Curcuma, definita come la radice della guarigione del corpo. Viene dalla radice di una pianta coltivata principalmente in India, ma è stata usata in molti paesi per migliaia di anni come un “alimento guaritore”. È nota per essere utile agli organi interni, la colonna vertebrale e le articolazioni. Purifica il sangue e favorisce una generale buona salute. Ha anche proprietà curative esterne e può essere utilizzata per maschere e bagni per la pelle. La curcuma è stata utilizzata per migliaia di anni come sostanza detergente per il corpo. Quando viene utilizzata internamente, deve essere cotta, in modo che il corpo possa essere facilitato a sintetizzare i suoi poteri di guarigione.
Si tratta di un nutriente essenziale per le donne di età superiore ai 28 anni.
Il latte dorato è particolarmente utile per rigidità articolari e fornisce una fonte di lubrificazione per l’intero sistema. Esso comprende sia gli oli essenziali che la curcuma, i due ingredienti essenziali per aiutare le donne a mantenere la loro flessibilità e vitalità. Ha proprietà antibiotiche naturali e può prevenire malattie e infezioni. E’ un ottimo rimedio per combattere le tossine ambientali e i microorganismi nocivi.
La ricetta del latte descritta qui sotto è stata condivisa da milioni di persone, poiché ha potenti proprietà curative.
Gli Ingredienti:
- 1 tazza di latte vegetale (se è possibile si consiglia di farlo in casa);
- 1/2 tazza d’acqua;
- 1/4 tazza di curcuma;
- 1 cucchiaino di olio di mandorle dolci (per uso alimentare);
- 1 cucchiaino di miele (può essere aggiunto dopo che il latte è pronto);
- 1 stecca di cannella o 1 cucchiaino di cannella in polvere;
- 1 pizzico di pepe nero e zenzero grattugiato (meglio se fresco!).
La Preparazione:
Portare ad ebollizione l’acqua e aggiungere la curcuma (il rapporto consigliato di curcuma e acqua è di circa 1:4). Mischiare lentamente in modo che il composto diventi un pò denso, ma non si asciughi. Il tempo di cottura consigliato è di 5-7 minuti. Durante il tempo di cottura, se occorre, è possibile aggiungere dell’acqua. Una volta pronto, il composto può essere conservato in frigorifero fino a 40 giorni (tempo consigliato per il trattamento curativo). Per la preparazione del latte dorato, prendere mezzo cucchiaino di composto, mescolarlo al latte vegetale e ai restanti ingredienti sopra descritti. Il miele si aggiunge solo se si vuole dolcificare, altrimenti si può anche evitare di utilizzarlo. La cannella è facoltativa, serve per aromatizzare e rendere ancora più gradevole la bevanda, ma ovviamente se piace.Questa bevanda è ideale per una fantastica guarigione ed anche come disintossicante. Si raccomanda di bere un bicchiere d’acqua dopo aver bevuto la vostra “quotidiana” tazza di latte d’oro per aiutare a depurare il vostro corpo.
I Benefici:
1. Previene e arresta la crescita del cancro:Questo latte previene e ferma la crescita di tumori al seno, alla pelle, ai polmone, alla prostata e al colon, poiché ha proprietà anti-infiammatorie. Questo impedisce che le cellule tumorali crescano e riduce gli effetti collaterali della chemioterapia.
2. Agisce sulle malattie respiratorie:
Il latte d’oro è un anti-microbico che attacca le infezioni batteriche e le infezioni virali. È utile trattare le malattie legate all’apparato respiratorio, poiché la spezia riscalda il corpo e fornisce rapido sollievo dalla congestione polmonare e dei seni. E’ anche un ottimo rimedio, efficace per curare l’asma e la bronchite.
3. Ottimo rimedio per raffreddore e tosse:
E’ considerato come il miglior rimedio per il raffreddore e la tosse, grazie alle sue proprietà antibatteriche e antivirali. Dà immediato sollievo al mal di gola, tosse e raffreddore.
4. Lenisce i dolori mestruali:
Funziona meravigliosamente come antispasmodico che allevia il dolore e i crampi mestruali. Le donne incinte dovrebbero prendere il latte di curcuma come recupero post parto, per migliorare la produzione del latte e per velocizzare la contrazione delle ovaie.
5. Allevia i dolori acuti (testa, ossa, articolazioni, etc.):
Il latte d’oro è un ottimo rimedio per alleviare ogni tipo di dolore acuto. Può essere efficace anche per rafforzare la colonna vertebrale e le articolazioni del corpo.
6. Allevia i disturbi dell’insonnia:
7. Aiuta nella cura di ogni tipo di artrite:
Il latte di curcuma è usato per curare l’artrite e trattare i gonfiori causati dall’artrite reumatoide. Inoltre contribuisce a rendere flessibili le articolazioni e i muscoli riducendo il dolore.
8. Purifica il sangue:
E’ considerato un ottimo purificatore del sangue e può rivitalizzare ed aumentare la circolazione sanguigna nel corpo. È anche un anticoagulante che pulisce il sistema linfatico e i vasi sanguigni da tutte le impurità.
9. Rinforza le ossa:
Il latte d’oro è una buona fonte di calcio e contribuisce a mantenere le ossa sane e forti, abbassa il rischio di osteoporosi.
10. Azione antinfiammatoria:
Ottimo antinfiammatorio, può prevenire e proteggere le ulcere dello stomaco e le artrite. Questo è anche conosciuto come un’aspirina naturale nella medicina ayurvedica che può curare il mal di testa, i gonfiori e i dolori.
11. Azione antiossidante:
Il latte d’oro è un’ottima fonte di antiossidanti, che combatte i radicali liberi, in grado di curare molti disturbi.
12. Disintossicante per il fegato:
Latte di curcuma è un naturale disintossicante del fegato e purifica il sangue che incrementa la funzione epatica, supporta il fegato e pulisce il sistema linfatico.
13. Azione digestiva:
È un potente antisettico che promuove la salute intestinale e tratta le colite e le ulcere dello stomaco. Questo aiuta a migliorare la salute digestiva e previene le ulcere, la diarrea e le indigestioni.
14. Arrossamenti ed irritazioni della pelle:
Cleopatra fece bagni di latte di curcuma per ammorbidire la pelle, renderla elastica e luminosa. Analogamente, bere latte di curcuma rende la pelle luminosa. Immergi il latte d’oro in un batuffolo di cotone, applica sulle zone interessate per 15 minuti per ridurre l’arrossamento della pelle e le macchie. Questo renderà la pelle più radiosa e luminosa rispetto a prima.
15. Effetto dimagrante:
Il latte d’oro aiuta nella ripartizione dei grassi alimentari e questo può essere utile per il controllo peso.
16. Dermatiti e malattie della pelle:
Bere un bicchiere di latte di curcuma ogni giorno per il trattamento degli eczemi.
Il video qui sotto ti aiuterà durante la preparazione della ricetta e potrai vedere passo dopo passo la realizzazione della tua bevanda.
Tante idee e ricette per non sprecare le bucce della frutta e gli scarti della verdura
Non sprecate le bucce di arance, mandarini, mele, e gli scarti di patate e ravanelli: riutilizzateli per profumare casa in maniera del tutto naturale e low cost e per preparare tante ricette sane e gustose.
COME RIUTILIZZARE LE BUCCE DELLA FRUTTA E GLI SCARTI DELLE VERDURE -
Sappiamo che spesso gli le bucce e gli scarti di frutta e verdura non sono da buttare via ma possono rappresentare una importante risorsa utilizzata per le pulizie di casa: bucce e scorze di limoni, arance e mandarini sono in grado di lucidare fornelli, posate e stoviglie in maniera del tutto naturale e senza sprecare denaro in prodotti chimici dannosi.LEGGI ANCHE: Bucce e scorze di agrumi per lucidare fornelli e posate
COME RIUTILIZZARE LE BUCCE E GLI SCARTI DELLA FRUTTA E DELLA VERDURA PER LA CURA DEL CORPO -
Ma sapete che le bucce di frutta e verdura, soprattutto se biologiche e meglio ancora se provenienti dal vostro orto in giardino o sul terrazzo, possono essere riutilizzate per tanti altri usi e anche per la cura del nostro corpo?- Per uno scrub del viso efficace e 100 per cento naturale provate a passare sulla pelle dei pezzetti di bucce d’arancia o di melograno.
- Per un massaggio esfoliante scegliete invece le bucce di banana. Vi basterà cospargere con un po’ di zucchero la parte interna delle bucce e poi strofinarle sulla parte del corpo da trattare: il risultato sarà una pelle morbida e levigata.
- Le scorze delle patate sono invece efficaci nel caso di rossori dovuti a scottature.
- Chi ha invece i capelli rossi potrà provare a creare dei riflessi naturali utilizzando l’acqua di cottura delle castagne come ultimo risciacquo.
COME RIUTILIZZARE LE BUCCE E GLI SCARTI DELLA FRUTTA E DELLA VERDURA PER LE PULIZIE DI CASA -
In casa, invece, le bucce e gli scarti di frutta e verdura possono essere utilizzati come segue:- Le bucce dei limoni, per cominciare, sono perfette per eliminare il calcare dal bollitore dell’acqua, dai tappi dei lavandini e dagli erogatori della doccia. Vi basterà immergerli per un’ora in un contenitore con acqua bollente e scorze di limone tritate.
- Per pulire invece il fondo della caffettiera, sarà sufficiente versarvi al suo interno le bucce del limone unite a acqua e sale grosso: lasciate riposare per qualche ora e poi risciacquate il tutto e vedrete che effetto brillante.
- Le scorze delle patate sono invece utili per rimuovere le macchie scure dalle posate: è sufficiente passarle sugli utensili.
- Le bucce delle mele sono invece ottime per ridare splendore alle stoviglie: fate bollire le bucce e poi utilizzate il composto ottenuto per ripristinare la brillantezza delle posate.
RICETTE CON LE BUCCE DELLA FRUTTA E GLI SCARTI DELLE VERDURE - E in cucina?
- Sono tanti i frutti e i tipi di verdura dei quali non si butta via nulla a partire dai ravanelli le cui foglie sono perfette per preparare un pesto alternativo a quello classico ma altrettanto gustoso (ricetta). Con i ciuffi delle carote potete invece preparare un ottimo patè da spalmare sui crostini (ricetta) e con le bucce delle mele una deliziosa salsa da accompagnare alle verdure grigliate (ricetta).
- Riutilizzate inoltre le bucce tritate di carote, cipolle e patate per insaporire il brodo vegetale. Senza contare che le bucce delle patate, se biologiche, possono essere tagliate a listarelle e poi fritte o cotte al forno come se fossero patatine fritte.
- Ma non solo cibo: con le bucce dei limoni non trattati potreste provare a preparare in casa il limoncello (ricetta).
- E ancora: dopo aver fatto essiccare al sole o in forno le scorze di agrumi e mandarini, tritatele e riutilizzatele per dare un tocco di sapore in più alle vostre pietanze.
COME RIUTILIZZARE LE BUCCE DELLA FRUTTA PER PROFUMARE CASA -
Infine, riutilizzate le bucce e le scorze di agrumi per profumare casa in maniera naturale e low cost:- Le bucce di mandarini e limoni unite a fiori come ad esempio la lavanda o a spezie come ad esempio la cannella o i chiodi di garofano, possono essere riutilizzate per la preparazione di colorati pout-pourri con cui profumare casa.
- Per profumare invece i cassetti e tenere le tarme alla larga dai vestiti, vi basterà invece inserire le bucce in tanti piccoli sacchettini di cotone.
- Infine, chi di voi possiede un caminetto può riutilizzare le bucce degli agrumi essiccate per accendere il fuoco: un metodo antico ma anche ecologico e di sicuro effetto.
Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università
Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della
via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione
ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di
Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto,
innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi
dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad
affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più
chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di
diplomazia globale. - See more at:
http://www.altrainformazione.it/wp/2015/02/23/la-cina-si-sta-preparando-alla-guerra/#sthash.TjDde75u.dpuf
La
modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare
cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero
della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano
dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
Fonte: fr.sputniknews.com
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Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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La
modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare
cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero
della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano
dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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La
modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare
cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero
della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano
dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare
cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero
della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano
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Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
Fonte: fr.sputniknews.com
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DI
EUGENE ZAGEBNOV
La modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
Fonte: fr.sputniknews.com
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Tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di IKATE
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EUGENE ZAGEBNOV
La modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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EUGENE ZAGEBNOV
La modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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La modernizzazione su larga scala dell’armata della Repubblica popolare cinese deriva dalla crescita economica del paese, questo è il pensiero della comunità degli esperti. Questo punto di vista è però lontano dall’essere unanime.
Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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Secondo i media americani, Pechino si preparerebbe ad un conflitto militare in Asia. All’inizio di febbraio, in un’intervista rilasciata al sito d’inchiesta conservatore The Washington Free Beacon, il capo delle informazioni della flotta del Pacifico degli Stati Uniti, il capitano della Marina americana James E. Farnell indicava che il partito comunista cinese ha iniziato un ringiovanimento dei suoi effettivi non solamente per assicurare la stabilità all’interno del paese ma anche per poter utilizzare la sua forza militare.
“Non bisogna prendersi in giro” ha messo in guardia Farnell nel suo ultimo discorso prima della pensione. “Abbiamo potuto rilevare, nel corso di questi ultimi quindici anni, delle prove del fatto che Pechino si sta preparando ad utilizzare le sue forze armate”.
Il funzionario militare si è detto inoltre convinto che la Cina stia valutando la possibilità di infrangere la stabilità nella regione, specialmente in seguito alle tensioni attorno alle isole Diaoyu (Senkaku) nel mare della Cina orientale. Farnell ha chiamato i servizi d’informazione a fornire delle notizie “oggettive” sulla crescita della potenza militare della Cina affinché i paesi della regione possano prepararsi al meglio.
Le sue dichiarazioni, secondo un grande numero di esperti, hanno suscitato un certo scetticismo.
“La dottrina militare della Cina risponde alle minacce ma non incita all’attacco” , ricorda in un’intervista rilasciata a Sputnik Andreï Ostrovski, il vice direttore dell’Istituto dell’Estremo Oriente sotto l’egida dell’accademia russa delle Scienze.“Questa cosa è contraria alla politica della RPC che è riaffermata ogni anno durante il Congresso del Partito Comunista cinese. La Cina modernizza il suo armamento per meglio rispondere alle minacce potenziali”.
Triplo obbiettivo di di modernizzazione per l’armata cinese
In un discorso pronunciato lo scorso dicembre alla conferenza dell’Armata popolare di liberazione, il capo di stato cinese Xi Jinping ha sottolineato che una modernizzazione dell’esercito è necessaria affinché le forze militare siano in grado di fronteggiare le minacce esterne.
Per questo motivo, nel 2014, il capo di stato ha ordinato un aumento delle spese per gli armamenti del 12,2% fino a 808,2 miliardi di yuan ( all’incirca 131,3 miliardi di dollari).
Quest’ammodernamento persegue un triplice obiettivo. In primo luogo la Cina vuole preservare così la sua integrità territoriale. A tal fine è necessario sviluppare delle forme di protezione in grado d’intervenire in caso di dichiarazione d’indipendenza delle regioni periferiche (Tibet, Xinjiang o Taiwan considerata da Pechino “una provincia dell’RPC”) e permetterebbero di contenere l’“accerchiamento” americano. Secondariamente un esercito più moderno permetterebbe alla Cina di assicurare la stabilità regionale, preservare i suoi confini e mettere in sicurezza gli approvvigionamenti energetici. Infine, un esercito moderno potrebbe permettere alla Cina di garantire la sua sicurezza economica.
Questo è il parere di Pierre Picquart, esperto della Cina ed autore del libro “La Cina: una minaccia militare ?”, pubblicato nel 2013. Secondo l’esperto, assumendo il suo ruolo di grande potenza, La RPC non ha più paura d’imporsi. “La Cina difende i suoi interessi ricordando che non ha mai né fatto guerra né stretto alleanze con l’Occidente”, spiegava l’anno scorso Picquart in occasione di una conferenza sulla potenza militare cinese.
In un articolo pubblicato alla fine di gennaio dal magazine giapponese The Diplomat, Wang Zheng, direttore del centro di ricerca sui conflitti all’Università Seiton Hall, spiega che il nuovo concetto della “cintura economica della via della seta”, sviluppato dalla Cina, è in effetti una reazione ufficiale di Pechino al riorientamento delle forze militari di Washington sulla regione asiatico-pacifica. Questo concetto, innanzitutto economico, basato sul partenariato della Cina con i paesi dell’Asia centrale e della regione asiatico-pacifica, l’aiuta ad affrontare meglio l’influenza degli Stati Uniti e ad esprimere più chiaramente il suo punto di vista sulle questioni geopolitiche e di diplomazia globale.
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