Immaginate che Dio (o un suo “aspetto”, per dirla all’indiana, che ai fini del nostro discorso è la stessa cosa) si incarni come essere umano e diventi un vostro amico. Certo, un amico speciale, perché voi sapete che è “Lui”, e lo considerate – come minimo – il vostro Maestro.
Poi, dopo una serie di vicissitudini, un giorno i vostri fratellastri con un raggiro vi rubano tutto (addirittura un regno, mica poco!) e, diventati sovrani, vi cacciano in esilio, costringendovi a lasciare i luoghi che amate.
Voi – pazienti – accettate tutto questo e aspettate i tredici anni della “condanna”, ma alla fine, tornati a casa, decidete di reclamare quanto vi appartiene (anche per una questione di principio e dignità). Tuttavia, nel frattempo, i vostri parenti sono diventati i legittimi sovrani, e quindi – in quanto “potere” – hanno tutti i mezzi per dissuadervi.
Scoppia infatti una guerra e i fratellastri vostri avversari raccolgono un esercito potentissimo, che comprende anche vostri amici d’infanzia e gli stessi maestri – grandi guerrieri – che vi hanno insegnato a combattere fin da bambini. Il popolo è con loro, così come anche il budget (i capitali per gli armamenti) e la tecnologia più sofisticata sul mercato (le armi).
L'epica battaglia
Si profila una sicura sconfitta. Voi cercate alleati, raccogliete a vostra volta un piccolo esercito fidato e – attraverso vecchie amicizie – sapete anche che sarebbe possibile intavolare accordi di compromesso.
Senonché il vostro Amico, quel Dio incarnato che dicevamo all’inizio, vi spinge a lottare e si offre come unico alleato: voi e Lui contro tutti, la luce della Verità incarnata contro le forze preponderanti del potere mondano…
Ecco un riassunto più che parziale (e volutamente fazioso) di quello che è il più grande libro mai scritto nella storia dell’uomo. Si tratta del Mahabharata, poema epico della mitologia indiana e scrittura sacra dell’Induismo: circa 110.000 strofe e varie parti in prosa (corrispondenti a quattro volte La Bibbia, o ad otto volte Iliade e Odissea messe insieme), per un totale di diciotto libri, che ne fanno l’opera più imponente non solo della letteratura indiana, ma dell’intera letteratura mondiale.
Un testo straordinario, che racconta eventi tanto antichi da essere divenuti leggenda per mancanza di evidenze storiche, ma che abbraccia temi di portata universale, attinenti alla storia dell’umanità, alla natura dell’essere umano e al suo percorso spirituale.
Scena dal Mahabharata di Peter Brooks
Non possiamo – e non vogliamo – in questo breve spazio dilungarci su compendi e commenti che non avrebbero senso. Torneremo spesso però sull’argomento, sia per affrontare alcuni spunti di questo testo straordinario, sia per dare un seguito a quello che il protagonista, alla fine sceglierà: combatterà contro i suoi fratelli scegliendo la Verità, o si accontenterà di evitare il conflitto, compiacendo, in questo modo, il potere del falso?
Una piccola bibliografia:
Non ci risulta esistere una versione italiana completa del Mahabharata. Sarebbe un impegno editoriale di grande portata e probabilmente nessun editore nostrano ha mai ritenuto utile (né remunerativo) un tale dispendio di mezzi. Esistono però versioni (molto) ridotte, edizioni per bambini in forma favolistica, nonché traduzioni di singoli episodi dell’epopea. Abbiamo perciò compilato una breve bibliografia a ritroso di questi testi, fermandoci al 1965. Può darsi che qualcosa ci sia sfuggito: segnalaci eventuali traduzioni disponibili. La bibliografia è in questa pagina.
Il film:
La mole del testo è talmente impressionante da scoraggiare chiunque. Eppure un regista di grande valore come Peter Brook ha avuto il coraggio (e l’energia) di trarne uno spettacolo teatrale di nove ore, messo in scena al Festival di Avignone nel 1985. Ne fu tratta una edizione TV di quasi sei ore e una cinematografica che ne dura tre.
«…Con un ritmo largo da saga sfilano avventure eccezionali, violenti conflitti, nascite miracolose, sfide ai dadi, atti di magia, duelli barbari, furibonde battaglie, intermezzi umoristici. Il tema di fondo è tagliare i legami che uniscono gli eroi umani al mondo degli dei, trapiantarli sulla terra, metterli di fronte alle loro responsabilità di individui e poi di cittadini. Di alto decoro formale e talvolta di forte suggestione dinamica e figurativa, la regia di Brook concilia raffinatezza e semplicità. La recitazione di un’affiatata compagnia internazionale di attori è in un inglese che ha una limpidezza da Berlitz School e una densità da dramma shakespeariano». (da Il Morandini, di Laura, Luisa e Morando Morandini, Zanichelli).
Un lavoro splendido, di grande intensità, che ha richiesto un lavoro di preparazione durato dodici anni. L’opera si avvale della partecipazione di attori provenienti da sedici paesi di tutto il mondo, tra cui Vittorio Mezzogiorno nel ruolo di Arjuna, principe della famiglia Pandava.
Qui sotto un brano tratto dal film:
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