giovedì 14 agosto 2014

Altro che “esercitazioni”, la Sardegna sarà bombardata dall’autunno. E intanto anche i caccia israeliani…

Altro che “esercitazioni”, la Sardegna sarà bombardata
Sull’isola è in programma una pioggia di bombe e missili nel prossimo autunno. Nella regione che ospita il 61 per cento delle servitù militari italiane e i tre più grandi poligoni d’Europa si addestreranno persino i mezzi dell’aeronautica militare israeliana. E il territorio ne paga tutte le conseguenze



Altro che “esercitazioni”, la Sardegna sarà bombardata

Nel silenzio generale nulla cambia e tutto va avanti come sempre. La Sardegna è un’isola militarizzata, non solo mare e spiagge da sogno come pensano tanti turisti mordi e fuggi. Il 61 per cento delle servitù militari italiane sono in Sardegna, i tre più grandi poligoni d’Europa sono in Sardegna.
Sull’isola è in programma una vera e pioggia di bombe e missili, anche israeliani, per il prossimo autunno. I dettagli già si sanno, ma il tema fa fatica a “passare” sui media nazionali. Solo i quotidiani locali seguono con più o meno attenzione questa vicenda che tanto incide sul presente e sul futuro dei sardi e della Sardegna.
Le attività sono già pianificate e riportate nel “Programma per il secondo semestre 2014″ stilato dal ministero della Difesa. Saranno “esercitazioni”, termine che nasconde la realtà di un intero territorio che sarà letteralmente bombardato con le più moderne e tecnologiche armi.  Da Quirra a Perdasdefogu, da Teulada a Capo Frasca fino a Macomer: poligoni e basi militari sia all’interno che sulle coste saranno teatro dal 21 settembre di esercitazioni e sperimentazioni a cui governo regionale e nazionale hanno dato l’ok.
Persino gli aerei dell’Iaf, l’aeronautica militare israeliana, voleranno su quella che per tanti italiani è solo l’isola delle vacanze. Come aveva raccontato qualche mese fa a Today.it il deputato Michele Piras l’occupazione militare ha causato problemi evidenti alle economie locali: da una parte ha causato una economia pressoché dipendente dalla presenza del poligono (si veda il caso di Perdasdefogu), dall’altra gli indicatori socioeconomici e demografici mostrano chiaramente una correlazione con lo spopolamento (comunque dovuto anche ad altri fattori) e con un livello di reddito pro capite nella maggior parte dei centro interessati decisamente inferiore alla media sarda. Se la questione della correlazione fra impatto ambientale ed alcune forme tumorali è ancora questione dibattuta, in un contesto peraltro nel quale le omissioni e gli insabbiamenti sono all’ordine del giorno, quella della contaminazione del territorio è chiara ed evidente”
Ad esempio - dice Piras – le indagini ambientali condotte nel PISQ hanno portato a dichiarare contaminati 800 ettari di territorio (quelli a più alta attività). Una operazione di bonifica costerebbe decine di milioni di euro. E se molti escludono la presenza di uranio impoverito, i medesimi confermano la presenza oltre norma di una sostanza radioattiva (e pericolosissima) come il Torio 232 e di metalli pesanti in abbondanza. Del resto è difficile pensare che una attività come quella possa considerarsi eco-compatibile. In altri casi (come quello di Capo Frasca) in quasi 60 anni (tutti e tre i poligoni vennero istituiti nel 1956) non sono mai state condotte analisi ambientali né bonifiche di alcun tipo. E la coscienza ambientale del Paese negli anni ’60 non era certo quella attuale”.
Michela Murgia, scrittrice ed ex candidata alla presidenza della Regione, su Facebook non risparmia critiche a Francesco Pigliaru, l’attuale presidente della Regione, eletto con il partito democratico: “La giunta Pigliaru, accettando quest’assurdità criminale, conferma che il futuro che hanno in mente per la Sardegna è quello di restare teatro di prova degli armamenti che devastano le zone di guerra, con tanto di riproduzioni holliwoodiane di villaggi da bombardare nei test. Nessun’altra economia è possibile dove si testano armi”.
today.it

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