22.07.2014
Nella foto Lucio, Anna e la piccola Gaia mentre si avventurano per il mondo con il wwoofing. (Gentile concessione di Lucio Basadonne)
Ne è un esempio la storia di Lucio, Anna e Gaia, intraprendente famiglia genovese che nella primavera di quest'anno ha deciso di lasciare la propria casa con una valigia, una videocamera e tanto coraggio.
Nasce così l'idea del documentario UNLEARNING e la storia del pollo a quattro zampe. Un giorno, la piccola Gaia disegna un pollo con quattro zampe invece che due. Ideato, probabilmente, da una visione dell'unica forma di pollo che conosce: quella nelle vaschette confezionate del supermercato.
«È stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso – dice il papà, Lucio Basadonne, 35 anni – Il fatto che la bambina non sapesse com'era fatto un pollo perché la sua percezione degli animali è: il latte nel cartone, il pollo nella confezione... la percezione di un bimbo che cresce in città, e a questo punto abbiamo detto: qual' è il modello che stiamo proponendo alla nostra bimba? Vediamo se ci sono famiglie che si muovono in maniera diversa... Così è partito il viaggio». Un documentario per raccontare un’avventura fatta di baratto, di wwofing, banca del tempo e couchsurfing.
Il wwoofing è uno dei modi usati dalla simpatica famigliola per trovare riposo e ristoro viaggiando da un paese all'altro. WWOOF, che sta per World-Wide Opportunities on Organic Farms, è l’opportunità di offrire il proprio lavoro nelle fattorie biologiche di tutto il mondo, in cambio di vitto e alloggio.
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E per la casa? «Abbiamo usato airbnb e homelink, che ti permettono di affittare o scambiare la tua casa con la gente di tutto il globo. Quindi, giornalmente quando non c'eravamo, la gente ci pagava per il tempo che pernottava nella nostra casa. In parte, così, ci paghiamo le spese del mutuo e con quello che avanza ci paghiamo i passaggi».
Trovano riposo in accoglienti famiglie in tutte le città. Fanno couchsurfing, letteralmente ‘navigazione sul divano’. Persone di tutto il modo mettono a disposizione il loro divano di casa, che talvolta può essere anche una camera con bagno. Per una o due notti, e solo in cambio di qualche ricordo, qualche dono o anche solo una cena insieme.
Secondo Lucio, questi metodi di viaggiare vanno bene per tutti, non solo per i giovani. «In realtà sono tutte nuove forme per viaggiare. Un modo per arricchire la tua famiglia. Tutti questi, non sono mezzi di second'ordine ma nuovi modi di vivere e di sopperire ai problemi del nostro vivere quotidiano».
Ma è proprio allontanandosi da casa, dagli affetti e dalle abitudini, che ci si accorge delle cose di cui non si può fare a meno, confessa la famiglia coraggiosa: «Come quando devi lavare i panni nel fiume e ti accorgi di quanto sia indispensabile la lavatrice! Ma la cosa più dura – dicono – è il doversi riadattare ogni volta, nuovi spazi, nuove relazioni e specialmente per la bambina, il dover ogni volta lasciare i nuovi amichetti. È una cosa che fa stringere il cuore. D'altronde noi sappiamo quello che stiamo facendo, ma lei no...» Per lei è un mondo nuovo tutto da scoprire, dove ogni giorno può essere maestro, spiega la famiglia.
IL WWOOFING COME NECESSITÀ
Ma il wwoofing e il baratto per alcuni può essere una necessità più che una scelta. Lo sa bene Giordano Cellai, agricoltore di Reggello, piccola cittadina nelle valli fiorentine. Giordano ospita nella sua azienda agricola numerosi wwofer da tutto il mondo ogni anno. In questi ultimi anni, gli italiani sono aumentati: «vengono non solo per provare l'indimenticabile esperienza contadina ma anche per motivi socioeconomici. Come il caso di Giorgio, ultra cinquantenne che ha perso il lavoro e ha trovato casa qui. Ci dà una mano con i lavori nella fattoria e lo aiutiamo a ricominciare».
«È bello come possiamo far incrociare queste due realtà – afferma Giordano – Di chi viaggia per sua volontà e di chi invece è costretto a viaggiare, come i rifugiati di guerra». Trovano asilo e aria fresca a casa del giovane contadino, che offre loro un tetto, un piatto caldo e una toccante ospitalità.
«Chi viene da me non lavora e basta, fa parte della mia famiglia e condivide tutti i momenti insieme a noi».
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