È la prima visione diretta sulla formazione dei getti nelle
sorgenti cosmiche. È stata possibile grazie alla misura ottenuta dai due
telescopi per raggi gamma di un’intensa emissione di luce ad altissima
energia, proveniente da un buco nero supermassiccio al centro della
galassia IC 310, che ha mostrato una rapidità nella variazione di flusso
mai registrata prima
Il
nucleo galattico attivo IC 310 osservato nei raggi gamma la notte del
12 novembre 2012 dai telescopi MAGIC. In questa banda di radiazione non è
possibile ottenere una ricostruzione dettagliata della morfologia della
sorgente, che è stata ottenuta dalle osservazioni dei radiotelescopi
della rete europea VLBI (EVN) (nell’inserto) alla lunghezza d’onda di 5
GHz il 29 ottobre 2012
«I raggi gamma di alta energia sono molto importanti perché permettono di esplorare le zone più interne dei nuclei galattici attivi. Con queste osservazioni si può arrivare in prossimità del buco nero centrale, dove si verificano le condizioni fisiche più estreme» dice Angelo Antonelli, responsabile INAF presso la Collaborazione MAGIC. «Da quando è entrato in funzione, ormai 10 anni fa, MAGIC ha potuto ottenere questo e altri risultati altrettanto importanti grazie alle sue ottime prestazioni. Questo grazie all’utilizzo di tecnologie di punta che vengono tenute costantemente aggiornate dal lavoro dei ricercatori e dei tecnici degli Istituti di ricerca coinvolti nell’esperimento» aggiunge Barbara De Lotto, dell’Università di Udine e responsabile INFN presso la collaborazione MAGIC.
L’ammasso
di galassie del Perseo e, indicata dalle frecce, la galassia attiva IC
310. Crediti: Sloan Digital Sky Survey (http://www.sdss3.org/)
Le osservazioni ad alta risoluzione condotte con i radiotelescopi Europei della rete VLBI (VBN) hanno permesso di caratterizzare meglio il cuore di questa galassia, rivelando che quello di IC 310 è un tipo particolare di nucleo galattico attivo (AGN) che gli astronomi chiamano blazar. Questo mostro cosmico emette una coppia di getti di plasma lanciato a velocità relativistiche, di cui uno è puntato verso l’osservatore, alla stregua del fascio di luce di un faro. Nel caso di IC 310, il getto non punta direttamente verso la Terra ma forma un angolo con la congiungente Terra-sorgente inferiore ai 20 gradi. Nei nuclei attivi e in particolare nei blazar, la presenza del getto relativistico generalmente aiuta a spiegare sia la maggiore intensità della radiazione osservata che la sua rapida variabilità.
Tuttavia le osservazioni di MAGIC mostrano che questa spiegazione, nel caso di IC 310, non funziona. Per produrre un’emissione così intensa come quella osservata sarebbe necessaria un’area molto più grande di quella occupata dal buco nero supermassiccio al centro di IC 310, che ha un diametro pari a circa tre volte la distanza tra il Sole e la Terra. La luce, per attraversare una regione di tali dimensioni, impiegherebbe circa 25 minuti: questo è incompatibile con la durata delle variazioni di flusso osservate, che invece sono di soli 5 minuti. Per descrivere questa emissione così intensa e rapida gli scienziati propongono una spiegazione diversa. La massiccia emissione di raggi gamma osservata deve necessariamente iniziare nelle immediate vicinanze del buco nero. Il buco nero deve ruotare alla sua massima velocità possibile e deve essere presente un campo magnetico che lo circonda. Se la densità del plasma che precipita verso il buco nero diminuisce nelle regioni polari, si possono creare proprio in queste zone degli intensi campi elettrici in grado di accelerare le particelle a velocità prossime a quelle della luce. Una situazione analoga, anche se molto più estrema, a quando si verificano le scariche elettriche dei fulmini durante le tempeste. Le particelle così accelerate, interagendo con i fotoni a bassa energia emessi dal disco di accrescimento, producono i raggi gamma captati da MAGIC, che rappresentano la prima osservazione diretta della regione in cui avviene la formazione dei getti nei nuclei galattici attivi, contribuendo a chiarire quello che, a tutt’oggi, è uno dei grandi enigmi dell’astrofisica moderna.
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