Centinaia di giovani dell’area dei centri sociali lasciano le città per dedicarsi all’agricoltura: «Genuino clandestino» racconta la battaglia in difesa della terra e la nascita di una rete che si batte per coltivare e distribuire prodotti sani al giusto prezzo
di Luca Zanini
Il ritorno dei giovani alla terra?
Scordatevi l’immagine del solito mulino bianco. I nuovi contadini sono
piuttosto simili a quei ragazzi che, sul finire degli Anni Sessanta,
popolavano le comunità hippy della California. E ad animarli c’è un’idea
che coniuga l’impegno dei centri sociali più barricaderi con la
professionalità dei paladini dell’agricoltura pulita, senza chimica.
Sono i nuovi contadini anarchici, i protagonisti del bel libro Genuino clandestino (Terra
Nuova ed., pp. 280, € 18) , di Michela Potito e Roberta Borghesi che
oggi viene presentato nella Biblioteca delle Oblate a Firenze. Sono neo
coloni emuli di quei ragazzi che - in fuga dal caos e dalla violenza
degli Anni di Piombo - divennero «agricoltori custodi» tra le Balze del
Valdarno aretino. Ma non somigliano agli ex milanesi descritti da Andrea
De Carlo in Due di due .
La sorpresa dei bambini: generazione futuro
I giovani contadini del terzo millennio sono più concreti: spesso duri e puri. Hanno scelto di investire con convinzione nella terra, «per difenderla e non per sfruttarla senza criterio». Insieme impastano il pane, zappano, arano coltivi, seminano, curano vite e frutteto, governano gli animali. Ricordano L’Albero degli zoccoli di Olmi certe foto di Michele Lapini e Sara Casna: perché qui, a differenza di quanto la tv ci abitua a vedere, in campagna non abitano solo vecchi contadini; i figli lontani a cercar fortuna. Qui, tra i panni stesi e l’aratro ci sono i bambini, tanti bambini. Un segno di speranza: nuova generazione per un’agricoltura sana.La battaglia del «prezzo sorgente» di Veronelli
Qui
si lotta contro le leggi insensate che stravolgono la cultura della
terra, contro la burocrazia. Conducendo battaglie importanti, come
quella per il «prezzo sorgente» (lo stesso che invocava unidici anni fa
Luigi Veronelli) perché il prodotto non possa essere «rivenduto sul
mercato a 20-30 volte quel che è stato pagato al contadino». Perciò i
«clandestini» si sostengono tra loro: con una rete di 21 siti di
coordinamento locale e gruppi d’acquisto da Torino a Matera, da Vicenza a
Napoli, passando per l’Emilia, le Marche, la Campagna Romana e
l’Aspromonte calabro, fino alle pendici Etnee.
Zappa e computer contro la precarietà
Fra
gli obbiettivi di questa nuova comunità alternativa, che usa con uguale
destrezza il computer e la zappa, che si intende di sementi,
stagionalità, ma anche di marketing e tecniche di mercato, c’è quello
di «costruire un movimento che metta assieme i lavoratori precari della
città con i lavoratori precari della campagna». Anche se la speranza di
chi ha scelto la campagna è che la terra metta fine a questa precarietà.
La crisi economica sta riportando forzatamente molti adulti fra i
trenta e i quarant’anni alla terra: la scorsa estate - rivela
un’indagine di Coldiretti - è fortemente cresciuto i numero di italiani
disoccupati che hanno cercato e trovato un lavoro, ancorché precario,
nei campi e nei frutteti. Alcuni di loro lo avevano fatto da ragazzi,
per mantenersi agli studi (chi ha passato i 40 ricorda ancora la
raccolta delle mele in Trentino Alto Adige o le vendemmie tra Friuli e
Toscana). Per altri era un debutto assoluto. Per tutti, però, la crisi è
stata lo spunto per riscoprire l’agricoltura e l’importanza
dell’ambiente, uscendo dalle città.
La rete sociale e l’etica del cibo
E’
una comunità che - date le radici ben piantate nella cultura dei centri
sociali - non prescinde dall’impegno ambientalista e politico: «la
storia e le realtà del movimento è storia di resistenza contadina in
nome della terra come bene comune». Il libro Genuino clandestino
racconta questa battaglia attraverso le storie di dieci piccoli nuclei
contadini, con un diario di viaggio che non segue soltanto le fasi della
produzione contadina ma analizza anche gli sforzi per la creazione di
mercati di vendita diretta, momenti di «scambio di saperi e
informazione», sfide per «rivendicare il diritto alla sovranità
alimentare, alla difesa della terra e dei territori». Non ci sono
portavoce né strutture gerarchiche, ma c’è un manifesto di principi
condivisi che punta a saldare un’alleanza tra i neo contadini anarchici e
i consumatori, per evitare le trappole «dell’agrobusiness e di una
green economy, verde solo nella facciata». Una rete sociale e
ambientale, dunque, che «produce» il cibo e l’etica del cibo di domani.
Perché mangiare bene, sano e al prezzo giusto è la nuova battaglia da
vincere. In difesa della terra.
27 febbraio 2015 | 12:46
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