In Italia il grosso dei concerti è organizzato dal colosso Live Nation, che ha messo mani nell’intera filiera dell’entertainment
I numeri hanno tutti segno più. Mentre le vendite dei dischi sono in picchiata, gli ultimi dati di Assomusica dicono che nel 2014 gli ingressi nei concerti dal vivo di tutta Italia sono aumentati del 5% e gli incassi del 6 per cento.
A trainare sono i grandi nomi del rock, del pop e del metal. Eventi
live che riempiono stadi, anfiteatri, palazzetti e luoghi storici, come
il Circo Massimo di Roma, di centinaia di migliaia di persone. E che
dietro hanno un mondo fatto di società di promoter e organizzatori
sempre più schiacciati dalla presenza ingombrante delle grandi
multinazionali. Una torta da 400 milioni di euro l’anno, occupata in
gran parte dal ramo italiano del colosso americano Live Nation,
che in media organizza nel nostro Paese due concerti al giorno (come ha
dichiarato il presidente Roberto De Luca in una intervista a Rolling Stone). Nel mondo, recita uno slogan sul sito della multinazionale, ogni 20 minuti comincia un concerto organizzato da Live Nation.
«L’arrivo delle multinazionali ha cambiato molto il settore», racconta Claudio Trotta, da 36 anni alla guida della sua BarleyArts, che in Italia si occupa dell’organizzazione dei concerti di grandi artisti come Bruce Springsteen e Ac/Dc. «Hanno comprato agenzie, fanclub, database, società di rivendita dei biglietti, penetrando in tutta la filiera dei live. Una sorta di Big Brother dell’entertainment». Di cui Live Nation è al comando, vendendo oltre 30 milioni di biglietti in giro per il mondo. La BarleyArts, pur mantenendo grandi nomi come Bruce Springsteen e Ac/Dc, ha diversificato gli affari nell’organizzazione di grandi mostre internazionali, edutainment e festival legati al cibo. «Negli anni ho perso pezzi della mia attività», dice Trotta. «Le grandi multinazionali fanno accordi a monte e comprano le agenzie che rappresentano in Europa gli artisti».
Se prima l’industria della musica dal vivo era suddivisa in diverse parti - artisti, promoter, location dei concerti, biglietti, pubblicità e sponsor - , Live Nation ha unito tutto in un’unica piattaforma. La Live Nation Entertainment, presente in 33 Paesi, ha messo le mani sui diversi livelli della produzione di musica live. La società madre, quotata a Wall Street, è una matriosca composta a sua volta da quattro diverse società: Ticketmaster, leader mondiale nella vendita dei biglietti per gli eventi con oltre 26 milioni di visitatori unici al mese; Live Nation Concerts, che produce più di 20mila spettacoli all’anno per oltre 2mila artisti; Front Line, che gestisce direttamente il management di oltre 250 artisti; Live Nation Network, che si occupa invece del marketing e della pubblicità.
Era l’inizio degli anni Duemila quando il colosso americano arrivò in Italia. Si chiamava ancora Clear Channel. E cercò di comprare le agenzie allora esistenti sulla piazza italiana. «Sono venuti anche da me», racconta Trotta, «ma non ho accettato». Colui che invece cedette agli americani la sua Milano Concerti fu Roberto De Luca, oggi a capo di Live Nation Italia, con un fatturato da 100 milioni di euro. Da allora, la multinazionale ha assorbito altre agenzie, come la Live in Italy di Andrea Pieroni, finendo così per radunare il numero più elevato di artisti italiani e internazionali sotto lo stesso cappello. Alcuni di questi sottratti ai competitor. Come Sting, “rubato” alla Barley Arts.
Un’operazione simile è quella che ha fatto Warner Music Italia, che da etichetta discografica si è espansa negli anni anche nel mondo degli spettacoli dal vivo. Prima entrando con una quota di maggioranza nell’agenzia F&P Group di Ferdinando Salzano, leader di mercato nell’organizzazione dei concerti di artisti italiani, e poi, nel 2011, acquisendo la Vivo Concerti (prima conosciuta con il nome Indipendente) di Corrado e Sandro Rizzotto. I due nomi dietro al famoso concerto dei Nirvana al Bloom e all’avvento dei Ramones in Italia, ricordano dalla società. La stessa cosa fece la Sony guidata da Rudi Zerbi, quando nel 2008 acquisì la International Music and Arts di Francesco Cattini.
Negli Stati Uniti Live Nation è stata più volte accusata dai piccoli promoter di posizione dominante e comportamenti anticoncorrenziali. Attirando anche l’attenzione dell’Antitrust inglese per la battaglia ingaggiata con l’altro colosso dei live, la AEG di Philip Anschutz, per i contratti di gestione delle principali location londinesi, come Hyde Park e la Wembley Arena.
Il cachet di solito è quello che fa propendere l’artista per un promoter o per un altro. I grandi colossi, come Live Nation, in questo sono forti, riuscendo ad assicurare agli artisti grosse parti del cachet prima della performance live. In alcuni casi ci sono rapporti consolidati che durano da anni, in altri casi invece è la location che conta per l’artista. Se il promoter riesce ad aggiudicarsi un posto particolare, come l’autodromo di Imola o il Circo Massimo, ha un valore aggiunto. «Ci troviamo a competere con soggetti che hanno una disponibilità economica che li mette in condizione di superare largamente ogni nostra offerta», spiegano dalla D’Alessandro & Galli. «Quindi ancora più di prima prendono valore le idee che uno è in grado di proporre sia agli artisti che al pubblico. Siamo sicuri che la nostra non era l’offerta più alta che i Rolling Stones hanno ricevuto dall’Italia, ma siamo comunque riusciti a conquistarli con l’idea di farli suonare in un luogo di assoluto fascino come il Circo Massimo».
Uno degli effetti dell’ingresso delle multinazionali nel settore è stato l’innalzamento dei prezzi dei biglietti con percentuali a due cifre anno dopo anno, a cui tutti gli attori del mercato si sono adeguati. Alcune volte i prezzi dei biglietti sono giustificati dalle spese di gestione, dicono gli addetti del settore, altre volte no. Forse è anche per questo che gli incassi continuano a crescere, nonostante la crisi, portandosi a quota 221,3 milioni, trainati da un “popolo” di 6,1 milioni di spettatori (+5,1%). Il grosso del mercato, va detto, è concentrato in pochi grandi nomi nazionali e internazionali, e soprattutto nel Nordovest del Paese, dove si registrano incassi da 95,6 milioni. In cima ai guadagni, spiegano da Assomusica, ci sono i tour negli stadi. E indovinate chi è il promoter che ne organizza di più?
«L’arrivo delle multinazionali ha cambiato molto il settore», racconta Claudio Trotta, da 36 anni alla guida della sua BarleyArts, che in Italia si occupa dell’organizzazione dei concerti di grandi artisti come Bruce Springsteen e Ac/Dc. «Hanno comprato agenzie, fanclub, database, società di rivendita dei biglietti, penetrando in tutta la filiera dei live. Una sorta di Big Brother dell’entertainment». Di cui Live Nation è al comando, vendendo oltre 30 milioni di biglietti in giro per il mondo. La BarleyArts, pur mantenendo grandi nomi come Bruce Springsteen e Ac/Dc, ha diversificato gli affari nell’organizzazione di grandi mostre internazionali, edutainment e festival legati al cibo. «Negli anni ho perso pezzi della mia attività», dice Trotta. «Le grandi multinazionali fanno accordi a monte e comprano le agenzie che rappresentano in Europa gli artisti».
Se prima l’industria della musica dal vivo era suddivisa in diverse parti - artisti, promoter, location dei concerti, biglietti, pubblicità e sponsor - , Live Nation ha unito tutto in un’unica piattaforma. La Live Nation Entertainment, presente in 33 Paesi, ha messo le mani sui diversi livelli della produzione di musica live. La società madre, quotata a Wall Street, è una matriosca composta a sua volta da quattro diverse società: Ticketmaster, leader mondiale nella vendita dei biglietti per gli eventi con oltre 26 milioni di visitatori unici al mese; Live Nation Concerts, che produce più di 20mila spettacoli all’anno per oltre 2mila artisti; Front Line, che gestisce direttamente il management di oltre 250 artisti; Live Nation Network, che si occupa invece del marketing e della pubblicità.
Le multinazionali hanno comprato agenzie, fanclub, database, società di rivendita dei biglietti, penetrando in tutta la filiera dei live. Una sorta di Big Brother dell’entertainmentUna sola piattaforma agisce quindi sia come un promoter, sia come rivenditore di biglietti, sia come gestore degli sponsor degli eventi live, sia come manager diretto degli artisti, ma anche come gestore delle location dei concerti. Un segmento, quest’ultimo, che assicura guadagni anche sulla vendita del merchandising durante i live. Con una struttura del genere, controllando l’intera filiera, il colosso americano si occupa dell’organizzazione dei concerti da Vasco Rossi a Lady Gaga. Nella campagna acquisti del 2014 si sono aggiunti nomi del calibro di Madonna, U2, Miley Cyrus, Britney Spears, Alicia Keys. Con questi artisti, la casa madre di Live Nation stringe gli accordi esclusivi a monte, assicurandosi poi l’organizzazione dei concerti nei diversi Paesi in cui è presente. Per fare un esempio, se Madonna fa un concerto in Italia, lo organizza Live Nation.
Era l’inizio degli anni Duemila quando il colosso americano arrivò in Italia. Si chiamava ancora Clear Channel. E cercò di comprare le agenzie allora esistenti sulla piazza italiana. «Sono venuti anche da me», racconta Trotta, «ma non ho accettato». Colui che invece cedette agli americani la sua Milano Concerti fu Roberto De Luca, oggi a capo di Live Nation Italia, con un fatturato da 100 milioni di euro. Da allora, la multinazionale ha assorbito altre agenzie, come la Live in Italy di Andrea Pieroni, finendo così per radunare il numero più elevato di artisti italiani e internazionali sotto lo stesso cappello. Alcuni di questi sottratti ai competitor. Come Sting, “rubato” alla Barley Arts.
Un’operazione simile è quella che ha fatto Warner Music Italia, che da etichetta discografica si è espansa negli anni anche nel mondo degli spettacoli dal vivo. Prima entrando con una quota di maggioranza nell’agenzia F&P Group di Ferdinando Salzano, leader di mercato nell’organizzazione dei concerti di artisti italiani, e poi, nel 2011, acquisendo la Vivo Concerti (prima conosciuta con il nome Indipendente) di Corrado e Sandro Rizzotto. I due nomi dietro al famoso concerto dei Nirvana al Bloom e all’avvento dei Ramones in Italia, ricordano dalla società. La stessa cosa fece la Sony guidata da Rudi Zerbi, quando nel 2008 acquisì la International Music and Arts di Francesco Cattini.
Anche le etichette discografiche, davanti al calo delle vendite, hanno puntato sulla promozione dei live, in una strategia di gestione degli artisti a 360 gradi, dallo studio ai liveMentre i ricavi dalle vendite dei dischi continuavano a scendere, il settore del live ha mantenuto il segno più, attirando l’attenzione delle grandi etichette internazionali. Il concerto live è diventato il tassello di una strategia di gestione degli artisti a 360 gradi, dallo studio di registrazione al live. Molti promoter hanno accettato di entrare in questa nuova organizzazione di mercato, facendosi assorbire dalle major; altri ne sono rimasti fuori, vedendosi sottrarre sempre più fette di mercato. Alla fine, in Italia sono in pochi, se non pochissimi, a spartirsi i grandi eventi di musica live. Con due grandi nomi come Live Nation e Vivo Concerti a dominare il mercato. Altro grosso nome del mercato è la D’Alessandro & Galli, fondata nel 1987 da Mimmo D’Alessandro e Adolfo Galli, che oggi fatturano 32 milioni di euro. Ci sono loro dietro il concertone dei Rolling Stones al Circo Massimo a Roma nel giugno 2014. Altri nomi, come la Trident, si concentrano su pochi nomi (Jovanotti in primis). E poi c’è la galassia dei promoter che seguono i nomi della musica non mainstream e del mondo cantautorale.
Negli Stati Uniti Live Nation è stata più volte accusata dai piccoli promoter di posizione dominante e comportamenti anticoncorrenziali. Attirando anche l’attenzione dell’Antitrust inglese per la battaglia ingaggiata con l’altro colosso dei live, la AEG di Philip Anschutz, per i contratti di gestione delle principali location londinesi, come Hyde Park e la Wembley Arena.
Il cachet di solito è quello che fa propendere l’artista per un promoter o per un altro. I grandi colossi, come Live Nation, in questo sono forti, riuscendo ad assicurare agli artisti grosse parti del cachet prima della performance live. In alcuni casi ci sono rapporti consolidati che durano da anni, in altri casi invece è la location che conta per l’artista. Se il promoter riesce ad aggiudicarsi un posto particolare, come l’autodromo di Imola o il Circo Massimo, ha un valore aggiunto. «Ci troviamo a competere con soggetti che hanno una disponibilità economica che li mette in condizione di superare largamente ogni nostra offerta», spiegano dalla D’Alessandro & Galli. «Quindi ancora più di prima prendono valore le idee che uno è in grado di proporre sia agli artisti che al pubblico. Siamo sicuri che la nostra non era l’offerta più alta che i Rolling Stones hanno ricevuto dall’Italia, ma siamo comunque riusciti a conquistarli con l’idea di farli suonare in un luogo di assoluto fascino come il Circo Massimo».
Uno degli effetti dell’ingresso delle multinazionali nel settore è stato l’innalzamento dei prezzi dei biglietti con percentuali a due cifre anno dopo anno, a cui tutti gli attori del mercato si sono adeguati. Alcune volte i prezzi dei biglietti sono giustificati dalle spese di gestione, dicono gli addetti del settore, altre volte no. Forse è anche per questo che gli incassi continuano a crescere, nonostante la crisi, portandosi a quota 221,3 milioni, trainati da un “popolo” di 6,1 milioni di spettatori (+5,1%). Il grosso del mercato, va detto, è concentrato in pochi grandi nomi nazionali e internazionali, e soprattutto nel Nordovest del Paese, dove si registrano incassi da 95,6 milioni. In cima ai guadagni, spiegano da Assomusica, ci sono i tour negli stadi. E indovinate chi è il promoter che ne organizza di più?
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