L'analisi dei dati delle supernovae distanti ha portato due
fisici dell’Università del Mississippi a concludere che l'Universo non
solo si sta espandendo ma allo stesso tempo oscilla. I risultati,
pubblicati su Astronomical Journal, suggeriscono che lo spazio sia
passato da una fase di espansione rallentata ad una fase di espansione
accelerata non una volta bensì 7 volte nel corso di 13,8 miliardi di
anni
Secondo due fisici dell’University of Southern Mississippi, Lawrence Mead e Harry Ringermacher
il nostro Universo non solo si sta espandendo ma allo stesso tempo
starebbe oscillando. I risultati di questo studio, pubblicati su Astronomical Journal, suggeriscono che l’Universo sia passato da una fase di espansione rallentata ad una fase di espansione accelerata non una volta bensì 7 volte nel corso di 13,8 miliardi di anni.
Naturalmente si tratta di una conclusione che secondo gli stessi autori
dovrà essere provata o smentita raccogliendo ulteriori dati osservativi
in particolare dalle supernovae distanti.Tutti abbiamo sentito parlare della “teoria del Big Bang”. Esiste persino un’importante serie televisiva che ha come titolo questa teoria. Secondo questa “teoria”, la storia dell’Universo inizia circa 13-14 miliardi di anni fa quando un evento singolare, il Big Bang, generò lo spazio, il tempo, la materia e l’energia nella forma di tutto ciò che osserviamo oggi come particelle, pianeti, stelle e galassie, inclusa la vita stessa. Il Big Bang indica quel particolare istante che i cosmologi identificano per descrivere l’evento iniziale da cui ha avuto origine l’Universo, una sorta di gigantesca “esplosione dello spazio”, e non nello spazio, un evento singolare che rimane ancora un mistero e dove le leggi della fisica vengono meno. Anche se il Big Bang viene accettato oggi come il quadro teorico più adeguato per descrivere con buona approssimazione l’evoluzione dell’Universo, tuttavia questo modello non permette di spiegare in maniera definitiva né l’origine dell’Universo né cosa c’era eventualmente prima. Infatti, le leggi della fisica, così come noi le conosciamo, non sono in grado di descrivere esattamente la storia dell’Universo ma ci permettono di avvicinarci al momento iniziale e di comprendere la realtà fisica solo attraverso una serie di eleganti approssimazioni.
Una volta originatosi, l’Universo si espanse fino a raggiungere le dimensioni attuali, nonostante la gravità dovuta a tutta la materia (materia visibile e materia oscura) tenderebbe a rallentare l’espansione, almeno così si pensava qualche tempo fa. Intanto, nel 1978, Arno Allan Penzias e Robert Woodrow Wilson ricevettero il Premio Nobel per la Fisica per la loro importante scoperta della radiazione cosmica di fondo, cioè la radiazione primordiale o la “eco” della grande esplosione iniziale, che essi rivelarono per caso nel 1964 e che rappresenta una chiara evidenza a favore del modello del Big Bang. Nel frattempo, l’acquisizione di una quantità enorme di dati astronomici, grazie soprattutto al progresso tecnologico che ha fornito strumenti sempre più sofisticati, ha permesso di verificare il modello cosmologico con una straordinaria accuratezza. «Poi nel 1998, un’altra fondamentale scoperta dell’espansione accelerata dell’Universo divenne un risultato scioccante quando venne confermata indipendentemente da due gruppi di ricercatori», spiega Mead. «Una nuova forma di energia, detta energia oscura, di natura repulsiva, si ritiene sia responsabile dell’espansione accelerata. Nel 2011, i due gruppi, guidati da Saul Perlmutter, Adam Riess e Brian Schmidt vinsero il Premio Nobel per la Fisica». Si ritiene che il passaggio dalla fase di espansione rallentata alla fase di espansione accelerata, cioè il periodo in cui è avvenuta la transizione, risalga approssimativamente a 6 o 7 miliardi di anni fa.
Nella figura 1 è mostrato un diagramma realizzato dalla NASA che rappresenta l’evoluzione dell’Universo. Sono illustrati gli eventi principali dall’inizio del tempo fino ad oggi, così come viene descritto dall’attuale modello cosmologico “standard” o “ΛCDM” (Lambda Cold Dark Matter) dove la lettera greca Λ sta ad indicare la famosa costante cosmologica di Einstein, responsabile dell’espansione accelerata dello spazio. La forma a “campana” visualizza l’espansione dello spazio. Il momento della transizione è dato dal punto in cui la forma a campana si apre, dall’interno verso l’esterno, proseguendo da sinistra a destra. «Ciò che abbiamo trovato suggerisce che l’Universo sia passato da una fase di espansione rallentata ad una fase di espansione accelerata non una volta bensì 7 volte nel corso di 13,8 miliardi di anni», dice Mead. «Queste oscillazioni sono equivalenti a un ‘suono’ che si sta ormai esaurendo e ora è molto debole, un po’ come quando viene emesso un suono smorzato di un cristallo di vetro quando viene colpito».
Figura
2. L’Universo ‘oscilla’ mentre si espande. I risultati di questo studio
sono sovrapposti al modello ΛCDM della figura 1. Credit: H. I.
Ringermacher e L. R. Mead 2015
Il
grafico illustra il diagramma di Hubble che descrive l’andamento del
fattore scala a(t) in funzione del tempo per le supernovae distanti. In
basso sono mostrate le derivate del fattore scala e il best-fit (linea
blu) che evidenzia le oscillazioni. Si notano tre massimi (a t= 0.87,
0.71 e 0.56) e tre minimi (a t=0.78, 0.63 e 0.47). Credit: H. I.
Ringermacher e L. R. Mead, 2015
Mead e Ringermacher concludono affermando che questi risultati dovranno certamente essere verificati da ulteriori studi indipendenti, meglio se provengono da nuove osservazioni di supernovae distanti, per confermare o meno la loro veridicità.
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